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La complicanza non esclude la responsabilità del medico

13/12/2019

La complicanza non esclude la responsabilità del medico

In materia di complicanze non prevedibili di una terapia, la sentenza n. 28985/19 dell’11 novembre scorso ha espresso principi davvero rilevanti per la categoria medica, che ampliano ancora di più (semmai ce ne fosse stato bisogno) le casistiche in cui può essere rilevata una responsabilità colposa da parte dei medici.

Nel caso specifico, risultava provata la colpa professionale dei sanitari a titolo di mancata prudenza perché, nel praticare un trattamento invasivo, avrebbero dovuto prestare massima attenzione alla proporzione fra il mezzo impiegato e l’effetto da raggiungere.

Gli effetti collaterali, seppur non specificatamente previsti per la patologia poi concretamente insorta, erano comunque noti rispetto ad altre situazioni indesiderate, per cui già di per sé un sovradosaggio, usato per la terapia, non poteva considerarsi comunque giustificato.
La Corte espressamente ha precisato:

“il peggioramento delle condizioni del paziente può solo ricondursi ad un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile o non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile”.

Nell’incertezza scientifica occorre, infatti, mantenere un atteggiamento ancora più cauto poiché la non conoscenza dell’effettiva rilevanza statistica di quella particolare “complicanza” risulta del tutto ininfluente.

Questa interpretazione è sicuramente interessante poiché depotenzia completamente quel principio, su cui peraltro si fondavano molte difese legali, secondo il quale il verificarsi di un evento lesivo non indicato nei protocolli costituiva, di per sé, la dimostrazione dell’imprevedibilità dello stesso. Qui si afferma, al contrario, che l’accertamento della colpa discende dal fatto di aver praticato, in modo imprudente, un trattamento ritenuto rischioso, anche se da questo ne scaturisce un evento mai avvenuto prima.
La Corte di Cassazione di fatto mette definitivamente al bando, perché priva di qualsiasi rilievo giuridico, il concetto di “complicanza” tanto caro al mondo medico perché indicativo dell’evento astrattamente prevedibile ma non evitabile, che ne limitava la responsabilità.

Qual è la strada giusta? L’estrema prudenza, che può determinare un possibile esito infausto per il paziente, ma garantisce una certa tranquillità dalle ripercussioni legali per il medico? Oppure la rischiosa forzatura della terapia, ancorché in assenza di evidenti certezze delle sue complicanze, per sperare di ottenere la guarigione?
La medicina è veramente bianco o nero? Noi crediamo di no.

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