Testamento biologico tra legge, etica e autodeterminazione

Sommario
  1. Eutanasia e suicidio assistito in Italia
  2. Scrivere il proprio Testamento Biologico
  3. L’importanza del consenso informato
Quanti di noi hanno pensato “se mi trovassi nelle condizioni di Piergiorgio Welby o DJ Fabo vorrei poter scegliere di morire?”. Quando si parla di morte, e quindi inevitabilmente di vita, la discussione non è mai semplice e lineare. I due opposti hanno tra i comuni denominatori un concetto altrettanto controverso: la libertà. Chi può dire quando una vita non è più degna di essere vissuta? Quando una malattia diviene tanto grave e dolorosa da minare la qualità della vita stessa tanto da poter permettere alla persona di decidere di porvi fine anticipatamente? Ma ancor prima, quale diritto e libertà ha l’uomo sulla sua stessa esistenza? E ancora, quali sono le responsabilità e i diritti dei medici in relazione alle scelte del paziente sul fine vita? In quali situazione emergenziali il medico e i componenti dell'équipe sanitaria devono assicurare l’assistenza di base? Quando invece il medico può rinunciare a rispettare le volontà espresse nelle DAT? E con quali conseguenze legali? Queste sono solo alcune delle domande alle quali il corso ECM “Testamento biologico e fine vita. La Legge 219/2017 per l’umanizzazione delle cure”, parte del catalogo di formazione a distanza per medici e operatori sanitari offerto da Consulcesi Club, prova a dare risposta.

Eutanasia e suicidio assistito in Italia

Con la recente bocciatura da parte della Corte costituzionale della proposta di referendum per l’abrogazione parziale dell'articolo 579 del Codice Penale volto a eliminare il reato di omicidio del consenziente, introducendo così l’eutanasia legale in Italia, l’opinione pubblica è tornata ad interessarsi su cosa si può e non si può fare nel Belpaese in caso di gravi malattie degenerative e irreversibili. Eutanasia, suicidio assistito, sedazione palliativa, sospensione dei trattamenti sono concetti, soluzioni, diritti molto diversi tra loro. Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza. Diversamente da altri Paesi tra cui Svizzera, Belgio, Olanda, Spagna e Canada, l’eutanasia e il suicidio assistito non sono perseguibili in Italia (anche se quest’ultimo è legittimato a determinate condizioni rigorosamente accertate), ma grazie alle battaglie portate avanti da singoli cittadini così come da associazioni, nel 2017 c’è stato il riconoscimento di quello che è noto come Testamento Biologico o biotestamento, più correttamente definito come “disposizione anticipata di trattamento” (DAT). Questo documento segna una tappa fondamentale dal punto di vista legislativo ma anche sociale ed etico in materia di autodeterminazione, permettendo a tutti i maggiorenni in grado di intendere e di volere di lasciare disposizioni sui trattamenti sanitari da intraprendere in caso di un’eventuale impossibilità a comunicare a seguito di una malattia. Inoltre, per quanto riguarda la responsabilità medica, se il Codice deontologico medico prevedeva che il professionista “tenesse conto” delle disposizioni (dall’art. 38, Dichiarazioni anticipate di trattamento, del CDM), con la Legge 2019/2017 questo è ora “tenuto al rispetto” delle DAT (art. 4, quinto comma, l. n. 219/2017). Tra i sette punti regolamentati dalla norma, quello inerente all’accanimento terapeutico. Questa infatti, riconosce il diritto di abbandono delle cure da parte del paziente e il diritto alla terapia del dolore fino alle sedazione palliativa continuata nel caso in cui la patologia in questione sia refrattaria ai trattamenti e provochi sofferenze intollerabili. Al paziente in grado di intendere e di agire viene inoltre riconosciuta l’autodeterminazione su nutrizione e idratazione artificiali, riservando a questo il diritto di accettare o meno singoli trattamenti proposti dal medico curante e di rettificare le proprie scelte in qualsiasi momento. La Legge sancisce altresì la possibilità di nominare un fiduciario - persona maggiorenne e in grado di intendere e di volere che può fare le veci e rappresentare il paziente nella relazione con il medico, garantendo il rispetto delle sue volontà - e regola il diritto al consenso e il rifiuto di trattamenti sanitari anche per quanto riguarda i minori e gli incapaci, nonché le circostanze in cui il medico curante può rifiutarsi di rispettare le disposizioni.

Scrivere il proprio Testamento Biologico

Al momento la Legge non prevede moduli per esprimere le DAT, anche se alcuni Comuni hanno predisposto dei modelli facsimili. Queste possono essere registrate di proprio pugno ma anche per mezzo di videoregistrazione o altri dispositivi che permettano alla persona con eventuali disabilità di comunicare. La redazione può avvenire per atto pubblico (quindi presso un notaio o un funzionario pubblico designato) o per scrittura privata autenticata. Le DAT devono essere poi presentate presso l'Ufficio di stato civile del Comune di residenza o presso strutture sanitarie regionali che abbiano regolamentato la loro raccolta e presso gli Uffici consolari italiani per i cittadini italiani all’estero, che da questi verranno poi comunicate al Ministero della salute per essere inserite nella Banca dati nazionale alla quale disponenti, fiduciari e medici possono accedere.

L’importanza del consenso informato

Presupposto fondamentale per le DAT, ma più in generale per tutti i processi di cura, è il consenso informato: strumento cruciale per far sì che il paziente possa partecipare attivamente alle decisioni riguardanti la propria salute. È proprio su questa relazione medico-paziente, fondata sulle competenze del primo e sul rispetto delle volontà del secondo, che la Legge pone ulteriormente l’accento ribadendo l’importanza della sua promozione e valorizzazione e riservando un ruolo cruciale al professionista della salute nella redazione del Testamento Biologico. Sono i medici infatti, le persone a cui rivolgersi prima di esprimere le proprie volontà e che devono essere in grado di informare i pazienti su conseguenze e alternative riguardanti i trattamenti sanitari ai quali si sta considerando di rinunciare o di non intraprendere. “Come sottolinea la Legge, ‘il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura’”, dichiara Paola Frati, titolare di numerosi insegnamenti di medicina legale, bioetica e deontologia e componente del Comitato nazionale di bioetica e del comitato etico del Policlinico Umberto I che insieme a Vincenzo Fineschi approfondisce la problematica dell’autodeterminazione del paziente e la relazione di cura in un corso dedicato ai professionisti della salute. La nuova formazione ECM promossa da Consulcesi Club “Testamento biologico e fine vita. La Legge 219/2017 per l’umanizzazione delle cure” informa e forma i partecipanti oltre che sulle disposizioni anticipate di trattamento e quindi sulle relative tematiche quali il rifiuto delle cure, le terapie di sostegno vitale, le cure palliative, e la pianificazione condivisa delle cure, anche la non meno controversa questione del suicidio assistito e l’attuale legislazione italiana in materia. “È importante che i medici di base in primis e gli specialisti poi, informino i propri pazienti su quelli che sono i loro diritti. Il testamento biologico non deve rimanere rilegato al fine vita ma deve entrare a far parte della cultura e della cura della salute di tutti”, aggiunge Fineschi, professore ordinario di Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza e Direttore presso lo stesso Ateneo della Scuola di Specializzazione di Medicina legale. Per restare aggiornato su tutte le nuove tematiche affrontate nei corsi FAD per i professionisti sanitari, scopri le novità del catalogo di aprile.
Di: Redazione Consulcesi Club

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