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Minaccia e interruzione di pubblico servizio: ecco cosa rischia chi aggredisce i medici

06/07/2021

Minaccia e interruzione di pubblico servizio: ecco cosa rischia chi aggredisce i medici

La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha emesso una interessante sentenza (n. 9853/21) in relazione alle aggressioni nei confronti dei medici.

I reati ascritti all’imputato

Nel caso specifico l’imputato era stato condannato in primo grado (con conferma in Corte d’appello) per il reato di minaccia (art. 612 c.p.) con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di una persona incaricata di un pubblico servizio (art. 61 n.10 c.p.), nonché per aver cagionato l’interruzione di un servizio di pubblica utilità (art. 340 c.p.). In particolar modo, le minacce di violenza fisica e le aggressioni verbali nei confronti degli operatori sanitari del pronto soccorso avevano causato un blocco nell’erogazione dei servizi agli altri utenti per un rilevante periodo di tempo.

Le motivazioni del ricorso in Cassazione

L’imputato aveva fatto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce, che aveva confermato integralmente la condanna della sentenza di primo grado, sostenendo che non si era verificata alcuna interruzione di servizio pubblico, poiché la condotta del reo era stata circoscritta e non aveva cagionato l’interruzione di tutte le funzionalità del servizio pubblico.

La condanna della Corte di Cassazione

Riprendendo la sentenza di primo grado la Corte di Cassazione ha rilevato che la condotta aggressiva dell’imputato era durata per quasi un’ora, come rilevato anche dai filmati delle telecamere di video sorveglianza, provocando un turbamento di tutte le attività dell’ospedale.

Inoltre, con riguardo ai reati contro la pubblica amministrazione, un consolidato orientamento giurisprudenziale configura il reato di cui all’art. 340 c.p. anche nelle ipotesi in cui non si verifichi l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, ma anche solo la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso. Ciò significa che poco importa se la sospensione del servizio ha riguardato o meno un’area circoscritta della struttura pubblica (come potrebbe essere un singolo reparto), perché ciò che rileva è che a causa del comportamento violento di un utente si sia generata l’interruzione anche di una fase del servizio pubblico reso dall’operatore sanitario coinvolto che, dovendo fronteggiare l’aggressione e le sue conseguenze, non ha potuto fornire la propria prestazione, provocando il disservizio.

Il rischio aggressioni sul luogo di lavoro per gli operatori sanitari è un tema molto sentito, visti anche i continui episodi in una vera escalation di violenza che ha portato, finalmente, il legislatore a prendere provvedimenti con il cosiddetto “DDL Antiviolenza” su cui ci siamo soffermati ampiamente e che resta sempre al centro delle nostre prerogative a difesa e tutela di tutti gli operatori sanitari, pronti a cogliere le vostre segnalazioni che puntualmente arrivano, purtroppo, dai reparti di tutta Italia.