Menu

No della Cassazione alla riduzione del trattamento retributivo per medici di base e pediatri di libera scelta

27/08/2021

No della Cassazione alla riduzione del trattamento retributivo per medici di base e pediatri di libera scelta

La Corte di Cassazione con la sentenza 20388/21 16 luglio 2021 ha accolto il ricorso di un medico di base a cui l’Azienda Sanitaria Locale di Pescara aveva negato alcuni compensi maturati per i nuclei di cure primarie in rete, per l’assistenza in zone disagiate, visite per appuntamento, ambulatoriali e domiciliari, previste da un accordo integrativo regionale.

Le motivazioni della ASL
L’azienda sanitaria aveva motivato la sua scelta sulla base di ragioni economiche. In sostanza, per salvaguardare il proprio equilibrio finanziario, l’Ente aveva dovuto effettuare una considerevole riduzione delle spese in diversi ambiti, compreso quello delle retribuzioni concordate a livello regionale con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.
Di fatto, però, tali riduzioni erano avvenute in maniera unilaterale e dunque erano in contrasto con le procedure di negoziazione collettiva, tramite le quali peraltro erano state definite le retribuzioni in origine.
Al termine di un tortuoso iter processuale, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del medico di base abruzzese, il quale aveva contestato all’Azienda unità sanitaria locale di Pescara che la riduzione avrebbe dovuto essere preceduta da una nuova contrattazione collettiva e che comunque non poteva certo avvenire in maniera unilaterale in spregio ai vincoli contrattuali.

La decisione della Corte di Cassazione
In una lunga e articolata sentenza, la Corte di Cassazione ha sottolineato l’evoluzione normativa del Servizio sanitario nazionale, e in particolare della disciplina del rapporto convenzionale con i medici di base e pediatri di libera scelta che, anche dopo il riordino avvenuto con il Dlgs n. 502/1992 e con il D.lgs. 165/2001, prevede un ruolo centrale dell’accordo collettivo.
Data la natura convenzionale del rapporto di lavoro, l’ente pubblico non può intervenire sulla gestione del rapporto di lavoro in modo unilaterale, in quanto la normativa speciale dettata dal legislatore per il rientro da disavanzi del sistema sanitario, a partire dalla legge n. 347/2001, non ha attribuito alle Regione e alle Aziende sanitarie locali «il potere di sottrarsi unilateralmente al rispetto delle obbligazioni contrattuali assunte quanto al trattamento economico spettante al personale del comparto sanità ed a quello in regime convenzionale», tali esigenze semmai «devono essere fatte valere nel rispetto delle procedure di negoziazione collettiva e degli ambiti di competenza dei diversi livelli di contrattazione».