Menu

Responsabilità medica e onere della prova del paziente

21/08/2018

Responsabilità medica e onere della prova del paziente

In tema di responsabilità medica la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19204 del 19 luglio del 2018, ha circoscritto ulteriormente, in coerenza con la giurisprudenza prevalente in materia, il concetto di onere della prova del danno, con particolare riferimento al paziente.

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni effettuata dagli eredi di un paziente, che sostenevano che il decesso del medesimo fosse avvenuto a causa di un’errata e tardiva diagnosi da parte dei medici curanti e, soprattutto, lamentavano in sede di ricorso in Cassazione la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. in relazione al contenuto dell’onere della prova a carico di chi agisce.

«Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile»

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’applicazione dell’art. 1218 c.c. sopra citato sia stata corretta poiché la norma esonera il creditore, in questo caso gli eredi che richiedevano il risarcimento, dall’onere di provare la colpa del debitore, in questo caso il medico e la struttura sanitaria, ma non da quella di dimostrare il nesso causale tra la condotta del debitore e il danno per il quale si chiede il risarcimento. Tale ultima valutazione è stata oggetto di numerose sentenze della Suprema Corte che hanno ormai consolidato il principio in virtù del quale il paziente deve dimostrare che la condotta del medico abbia determinato il danno da lui lamentato e «se al termine dell’istruttoria, non risulti provato il nesso tra condotta ed evento per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta incerta, la domanda deve essere rigettata (Cass. 14/11/2017, n. 26824; Cass. 07/12/2017, n. 29315; Cass. 13/01/2016, n. 344; Cass. 20/10/2015, n.21177; Cass. 31/07/2013, n. 18341)».

Ciò nonostante, ovviamente, rimane sempre a carico del medico l’onere di provare la correttezza della propria condotta e soprattutto il fatto che questa non sia stata determinante ai fini delle conseguenze negative a carico del paziente. Ma un altro importante tassello giurisprudenziale è stato posto nell’ambito della responsabilità medica: perché se da un lato il professionista dovrà sempre dimostrare la diligenza della propria condotta, dall’altro il sistema giudiziario offre una tutela da richieste pretestuose dettate talvolta, in caso di danni gravi e permanenti, più dall’emotività dei pazienti o degli eredi di questi, che da una reale convinzione che il medico non abbia svolto correttamente la propria attività.