È risarcibile il danno da interruzione di fisiokinesiterapia

Lo ha deciso il Tribunale di Caltagirone lo scorso 11 maggio. A supporto diverse pronunce della Corte di Cassazione

Sommario

  1. Il caso
  2. I principi richiamati alla base della richiesta di risarcimento
  3. La decisione

La scelta di interrompere le sedute di fisiokinesiterapia, di cui aveva per un certo beneficiato una paziente che con la prosecuzione delle cure avrebbe evitato un ulteriore irrigidimento del ginocchio, può comportare la responsabilità della struttura sanitaria che ha deciso in tal senso: è su questo che si è soffermato il Tribunale di Caltagirone lo scorso 11 maggio 2023, circostanziando la decisione a situazioni che hanno richiesto l’applicazione di principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità contrattuale in ambito medico.

Il caso

Una giovane donna è coinvolta in un sinistro stradale e riporta una grave frattura del bacino con una correlata lesione nervosa, da cui deriva un’ipotrofia dei muscoli di una gamba.

Un quadro clinico che, oltre a diversi tipi di interventi chirurgici, fa nascere l’esigenza di sottoporre la paziente a sedute di fisiochinesiterapia. I trattamenti riabilitativi, effettuati in day hospital presso una struttura sanitaria pubblica a distanza di quasi tre anni dall’incidente e dopo un’esperienza negativa in un centro privato, apportano indubbi benefici.

Concluso il ciclo di cure programmato, la paziente, proprio in ragione dei miglioramenti riscontrati, fa istanza alla struttura affinché la terapia continuasse. Richiesta che, però, non trova accoglimento e così i trattamenti riabilitativi si interrompono per circa otto mesi, riprendendo solo in virtù di un provvedimento del giudice del lavoro cui nel frattempo la donna si era rivolta.

Da qui, la controversia per l’azione risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria.

I principi richiamati alla base della richiesta di risarcimento

Prima di ogni cosa, il Giudice di prime cure si è basato sul nesso di causalità e sui principi al servizio, tra i quali la responsabilità dell’amministrazione sanitaria.

In secondo luogo, anche per l’omessa sottoposizione a cure dalle quali il paziente avrebbe tratto vantaggio valgono i criteri di riparto dell’onere della prova. Perciò, il paziente che lamenti una lesione della salute con aggravamento della situazione patologica o insorgenza di una nuova malattia, non può limitarsi ad allegare l’inadempimento dei soggetti tenuti a curarlo, ma deve provare il nesso di causalità materiale tra condotta attiva od omissiva ed evento dannoso. D’altra parte, la struttura dovrà dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, imprevedibile e inevitabile con l'ordinaria diligenza.

La decisione

Sulla base dei principi appena annoverati, il Tribunale di Caltagirone ha riconosciuto – ovviamente, dopo l’analisi peritale del CTU (consulente tecnico d’ufficio) - il nesso causale tra l’interruzione del trattamento di fisiochinesiterapia e i danni lamentati da parte attrice.

Ne ha dedotto, così, che tale interruzione - pur non avendo spiegato alcuna incidenza sull’ipotrofia muscolare (diretta conseguenza della lesione nervosa cagionata dall’incidente) - ha incrementato la complessiva situazione di invalidità della paziente, accentuando la rigidità del ginocchio, con ripercussioni negative sull’atteggiamento dell’arto in posizione seduta.

A tal proposito, inoltre, è stato sottolineato che in un altro caso si sia ritenuto che l’omessa prescrizione di fisioterapia post-operatoria avesse comportato postumi di entità maggiore rispetto a quelli normalmente conseguenti alla patologia adeguatamente trattata.

Il meccanismo in questione, come è stato puntualizzato dalla Cassazione, trova applicazione anche nelle controversie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente all’entrata in vigore del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, nonché ai giudizi pendenti a tale data.

Tra l’altro, urge premettere che mentre il criterio del “più probabile che non” costituisce il modello di ricostruzione del nesso di causalità, con riferimento a ogni altra indagine sulla valutazione dell'idoneità rappresentativa di un determinato compendio probatorio, deve ritenersi legittimamente utilizzabile la più elastica categoria dell’attendibilità, basandosi sul principio enunciato in tema di responsabilità medica dalla Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2021, n. 26304.

Bisogna poi sapere che riguardo al caso di specie analizzato, nient’altro è stato liquidato a causa delle riscontrate carenze di allegazione, né a titolo di danno morale aggiuntivo rispetto all’ammontare ricavato dall’applicazione del predetto meccanismo, né a titolo di personalizzazione (per eventuali – in tal caso insussistenti - circostanze straordinarie che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi identici (Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2022, n. 15924).

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