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Giornata mondiale dell’acqua: l’arsenico nei nostri rubinetti

20/03/2023

La Giornata mondiale dell’acqua nasce con l’obbiettivo di cercare soluzioni ottimali per la riduzione del rischio di contaminazione, soprattutto dovuto al cambiamento climatico, l’Italia è a rischio di sanzioni per la presenza di arsenico in alcune zone. Il 21 marzo entra in vigore una nuova legge.

Giornata mondiale dell’acqua: l’arsenico nei nostri rubinetti

L’assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione A/RES/47/193 del 93° meeting plenario, tenutosi il 22 dicembre 1992, ha dichiarato il 22 marzo di ogni anno World Day for Water, a partire dal 1993.

 

Durante questa giornata, gli Stati sono invitati a mettere in atto iniziative concrete, quali ad esempio la promozione della sensibilizzazione delle persone attraverso la pubblicazione e la diffusione di documentari, l’organizzazione di conferenze, tavole rotonde, seminari ed esposizioni relative alla conservazione e allo sviluppo delle risorse idriche, in applicazione della raccomandazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite.

 

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Nel 2023 ricorre il trentesimo anno di celebrazione del World Day of Water: il tema sarà l’accelerazione del cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria.

 

Gli abitanti dei paesi del Sud del Mondo, purtroppo, sanno benissimo cosa vuol dire crisi idrica, non avendo possibilità di accedere ad acqua potabile né per bere né per irrigare le terre coltivabili, con donne e bambine costrette ad affrontare cammini di oltre cinque ore per raccogliere un secchio d’acqua.

 

Il problema dell’acqua inquinata, tuttavia, è più vicino di quanto sembri. In molti territori italiani, infatti, l’acqua che esce dal rubinetto, pur essendo chiara e trasparente, può essere letale. Il problema principale è rappresentato dall’arsenico.

 

L’arsenico, l’acqua e l’impatto sulla salute

 

L’arsenico (As) è un elemento chimico (numero atomico 33), che normalmente troviamo sulla crosta terrestre quale componente naturale. Esso può presentarsi in forma organica o inorganica, quest’ultima tossica. In medicina, in passato (anni ’30-’40), l’arsenico inorganico si usava come terapia per la psoriasi, l’asma bronchiale cronica, la leucemia.

 

Purtroppo, l’arsenico in forma inorganica può essere presente nell’acqua potabile, e se assunto dall’uomo in dose elevata (10-50 milligrammi) provoca avvelenamento acuto, con sintomi quali vomito, dolori addominali, diarrea, insensibilità agli arti, crampi e contrazioni muscolari dovuti a polinevrite, sino al blocco dei muscoli cardiaci e respiratori, e conseguentemente alla morte.

 

L’International Agency for Research on Cancer (IARC) classifica l’arsenico nel gruppo 1 (cancerogeni umani), cioè quelle sostanze che hanno un alto grado di probabilità di causare patologie tumorali nell’essere umano.

 

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consumare acque potabili contenenti arsenico in quantità compresa tra 0,05 e 0,1 milligrammi per litro di acqua potabile (corrispondenti a 50-100 microgrammi per litro) aumenta il rischio di sviluppare un tumore della pelle, al polmone o alla vescica.

 

Per questi motivi, l’Unione Europea, sin dal 1998 è corsa ai ripari con apposite direttive che fissano i valori massimi di alcuni componenti nell’acqua, superati i quali la stessa non è utilizzabile dall’uomo perché non potabile.

 

La direttiva 98/83/CE e il d.lgs. 31/2001

 

La Direttiva 98/83/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 31/2001, riguarda la qualità delle acque destinate al consumo umano, e si pone come obiettivo quello di proteggere la salute dell’uomo dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone salubrità e pulizia.

 

La normativa non si applica alle acque minerali naturali, né a quelle medicinali riconosciute, ma solo a quella che volgarmente chiamiamo “acqua del rubinetto”.

 

La direttiva 98/83/CE raccomanda la salubrità e pulizia dell’acqua, fissando, per l’arsenico un valore di parametro restrittivo rispetto a quello precedentemente consentito, scendendo dai 50 μg/L della vecchia normativa (direttiva 80/778/CE) a 10 μg/L.

 

Il Ministero della Salute, ogni tre anni, deve elaborare e pubblicare una relazione sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, al fine di informare i consumatori sul rispetto o meno dei parametri fissati per la tutela della salute.

 

L’Unione Europea, nel fissare il valore guida di arsenico a 10 μg/L, ha recepito quanto proposto per la prima volta dall’OMS nelle Guidelines for Drinking Water Quality.

 

Il valore è stato calcolato attribuendo al consumo di acqua potabile il 20% della dose settimanale ammissibile (c.d. Provisional Tolerable Weekly Intake) di 15 μg/kg p.c., come precedentemente indicata dal Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives.

 

Questo parametro è stato però contestato dall’Autorità Europea di Sicurezza Alimentare (EFSA), che ha rilevato quanto esigua sia la distanza tra il valore limite e le concentrazioni di arsenico nell’acqua per cui è documentato un effetto cancerogeno nell’uomo, rilevando come il valore di 10 μg/L sia solo un punto di partenza, non di arrivo, e sollecitando come obiettivo quello della riduzione della concentrazione di arsenico nell’acqua ai livelli più bassi ottenibili.

 

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La deroga chiesta dall’Italia alla Commissione Europea per l’arsenico

 

In virtù dell’art. 9 della direttiva 98/83/CE e dell’art. 13 del d.lgs. 31/2001, è possibile ottenere delle deroghe ai valori limite indicati per gli inquinanti nell’acqua destinata al consumo umano, sulla base di richiesta motivata che preveda un piano relativo all’azione correttiva da attuare per riportare i valori a quelli indicati dalla normativa, con un calendario dei lavori, una stima dei costi e l’indicazione della copertura finanziaria.

 

Il Ministero della Salute italiano, negli anni, ha più volte chiesto deroghe per alcuni territori, concentrati soprattutto nelle regioni Lombardia, Toscana, Lazio e Umbria, oltre che nelle province autonome di Trento e Bolzano.

 

I valori richiesti in deroga variano da 15 a 50 μg/L di arsenico nell’acqua, e in alcune zone si è addirittura palesata l’eventualità di riassettare l’intera rete idrica territoriale con ricerca di nuove falde da destinare al consumo umano.

 

In particolare, sono state redatte delle tabelle con indicazione degli usi consentiti e vietati in questi territori, in base alla concentrazione di arsenico per litro d’acqua:

 

  • Arsenico in concentrazione compresa tra 10 e 20 μg/L: acqua utilizzabile per consumo umano, inclusi utilizzi potabili, impieghi domestici e uso alimentare; non consentita la reidratazione e ricostituzione di alimenti da destinare al consumo di bambini di età inferiore a tre anni né a imprese alimentari;
  • Arsenico in concentrazione compresa tra 20 e 50 μg/L: acqua utilizzabile solo per igiene personale (incluso lavaggio denti), operazioni di igiene domestica, preparazione di alimenti in cui l’acqua non sia ingrediente significativo, utilizzo per il lavaggio di frutta e verdura; non consentito l’uso potabile dell’acqua, la cottura e ricostituzione di alimenti, l’utilizzo in imprese alimentari.

 

Negli anni la situazione, nei territori oggetto di deroga per la concentrazione di arsenico nell’acqua, non è migliorata, tant’è che è stata aperta una procedura di infrazione alla Corte di Giustizia Europea nei confronti dell’Italia (Ricorso Commissione europea/Repubblica italiana C-197/22), per la situazione di alcuni comuni della provincia di Viterbo, dove i livelli di arsenico sono addirittura di 75 mg al litro (comune di Fabrica di Roma).

 

La nuova normativa sull’acqua potabile in vigore dal 21 marzo 2023

 

Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua, il 21 marzo 2023, in Italia entrerà in vigore la nuova normativa sull’acqua potabile, introdotta dal d.lgs. 23 febbraio 2023 n. 18, che recepisce la direttiva 2020/2184/UE.

 

Il valore massimo di arsenico consentito nell’acqua rimane sempre quello di 10 μg/L.

 

L’acqua destinata al consumo umano, per essere salubre e pulita secondo la nuova normativa:

 

  1. Non deve contenere microrganismi, virus, parassiti né altre sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute dell’uomo;
  2. Deve rispettare, per quanto riguarda le sostanze contenute al suo interno (come l’arsenico), i parametri minimi previsti dalla legge,
  3. Deve essere oggetto di applicazione degli obblighi previsti dalla normativa per l’approccio alla sicurezza dell’acqua basato sul rischio.

 

L’approccio basato sul rischio, in particolare, ha la finalità di garantire che le acque destinate al consumo umano siano sicure e che tutti, in maniera equa, possano accedere all’acqua; ciò avverrà, dal 21 marzo 2023, implementando un controllo olistico di eventi pericolosi e di pericoli di diversa origine e natura, compresi i rischi connessi al cambiamento climatico, alla protezione dei sistemi idrici e alla continuità della fornitura.

 

La priorità, a livello temporale e di risorse, sarà conferita ai rischi significativi e alle misure più efficaci sotto il profilo dei costi.

 

Con la nuova normativa migliora l’informazione al pubblico da parte del gestore idro-potabile.

 

Le informazioni dovranno essere accessibili online ai consumatori, in modalità di facile consultazione e personalizzate; inoltre, su richiesta, i consumatori dovranno avere accesso a tutte le informazioni anche in altro modo, ad esempio cartaceo.

 

Tra le informazioni che il gestore dovrà fornire obbligatoriamente, rientrano:

 

  1. Individuazione del gestore, della zona e del numero di utenti, del metodo di produzione dell’acqua, comprese informazioni sui procedimenti di trattamento e disinfezione dell’acqua applicati;
  2. I più recenti risultati dei controlli relativi al rispetto dei parametri di legge;
  3. Informazioni e valori relativi alla durezza e ai minerali, anioni/cationi disciolti in acqua (calcio, magnesio, potassio);
  4. Informazioni sulla valutazione del rischio del sistema di fornitura,
  5. Consigli ai consumatori su come ridurre il consumo dell’acqua e su come utilizzarla responsabilmente evitando rischi per la salute causati dall’acqua stagnante.

 

Il mancato rispetto della normativa sull’acqua, salvo che il fatto costituisca reato, comporta l’applicazione di pesantissime sanzioni amministrative pecuniarie, fino a un massimo di 92.000 euro.

 

Celebriamo la Giornata mondiale dell’acqua cercando insieme soluzioni ottimali per la riduzione del rischio di contaminazione, soprattutto dovuto al cambiamento climatico, in modo che sanzioni come queste non debbano mai essere applicate, e che la salute pubblica dei cittadini diventi il faro dei governanti in Italia e nel mondo.

 

Manuela Calautti, avvocato