L'impianto di videosorveglianza nello studio medico privato. E la privacy?

L’impianto di videosorveglianza può essere fondamentale per la sicurezza in uno studio medico, ma quali sono le regole per la sua gestione? È importante attenersi alle normative soprattutto in materia di tutela della riservatezza dei dati per non incorrere in sanzioni.

Sommario
  1. Cosa dice la legge sulla videosorveglianza privata?
  2. L’informativa dell’area videosorvegliata
  3. La verifica preliminare dell’Autorità Garante per la Privacy
  4. Misure di sicurezza per la raccolta dei dati
  5. Durata dell’eventuale conservazione delle immagini
  6. La videosorveglianza sui luoghi di lavoro
  7. Ci sono casi in cui la videosorveglianza non è soggetta alla normativa privacy?
  8. Telecamere nello studio medico: 7 cose da sapere prima di installarle

Oggi viviamo in un mondo costantemente controllato: impianti di videosorveglianza pubblici e privati sono oramai all’ordine del giorno e, spesso, sono utilissimi alle Forze dell’Ordine per rintracciare nell’immediatezza i responsabili di un reato, ma anche ai privati per garantire una maggiore sicurezza nelle abitazioni e sui luoghi di lavoro.

I sistemi di videosorveglianza sono in grado di generare analisi video intelligenti, spesso intrusive, attraverso tecnologie biometriche complesse o algoritmi di conteggio, andando ad incidere sulla legittima necessità dei singoli di preservare la propria privacy e rimanere anonimi.

Se l’impianto di videosorveglianza è installato all’interno di un luogo di lavoro, inoltre, è indispensabile rispettare i diritti dei lavoratori. Quando si installa un impianto di videosorveglianza all’interno di uno studio medico privato, perciò, bisogna fare attenzione alle regole da seguire, per non violare i diritti degli altri e non incorrere in spiacevoli conseguenze penali, civili, risarcitorie.

Cosa dice la legge sulla videosorveglianza privata?

Non esiste un’unica normativa che disciplini in maniera completa ed esaustiva le varie ipotesi di videosorveglianza.

I testi giuridici da tenere come riferimento sono, in linea generale, il GDPR, le Linee Guida dello European Data Protection Board n. 3/2019, il provvedimento del 29 aprile 2004 e il provvedimento del 8 aprile 2010 del Garante Privacy, lo Statuto dei Lavoratori (se si tratta di videosorveglianza su un luogo di lavoro).


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Un impianto di videosorveglianza, normalmente, raccoglie, registra, conserva e utilizza immagini di soggetti terzi, per cui configura un vero e proprio trattamento dei dati personali ai sensi dell’art. 4 del G.D.P.R., che considera dato personale qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione.

Solitamente la videosorveglianza viene usata per una molteplicità di scopi:

  • supportare la protezione della proprietà privata e dei beni che vi sono contenuti
  • proteggere la vita e l’integrità fisica delle persone
  • per i soggetti pubblici (Comuni, Forze di polizia, ecc.) rilevare, prevenire e controllare le infrazioni
  • raccogliere elementi di prova per un eventuale procedimento giudiziario

L’installazione di un impianto di videosorveglianza deve armonizzarsi con il rispetto dei diritti di chi può essere ripreso dalle telecamere, evitando interferenze illecite nella vita privata (che possono avere spiacevoli conseguenze civili e penali) e rispettando le rigide regole previste dallo Statuto dei Lavoratori per quanto concerne la videosorveglianza sui luoghi di lavoro.

Deve perciò realizzarsi un vero e proprio bilanciamento tra l’interesse del soggetto che installa l’impianto di sorveglianza e i soggetti che possono essere potenzialmente ripresi. L’installazione di un impianto di videosorveglianza deve avere una finalità lecita e specifica per ogni telecamera in uso, e tale finalità deve essere esplicitata sia sull’informativa che sul cartello che segnala la presenza dell’impianto: se tutte le telecamere installate sono utilizzate per lo stesso scopo da un unico titolare del trattamento dei dati, è sufficiente un solo documento che indichi le finalità specifiche per cui si sta effettuando la videosorveglianza.

Scrivere sul cartello che segnala l’impianto di videosorveglianza che lo stesso esiste “per la vostra sicurezza” non è sufficiente!

Lo studio medico dovrà dettagliare lo scopo per cui vi è un impianto di videosorveglianza, precisando, ad esempio, che le telecamere sono installate per scongiurare il concreto rischio di commissione di furti o altri crimini, per proteggere la vita e l’integrità fisica dei pazienti e degli utenti dello studio, per controllare che all’interno dei locali sia evitato l’accesso a malintenzionati.

L’installazione di un impianto di videosorveglianza, inoltre, deve essere effettivamente necessario e proporzionale al grado di rischio che si vuole scongiurare (ad esempio un furto), il rischio deve essere presente in concreto e gli utenti devono essere informati dell’esistenza di un impianto di videosorveglianza.

Il legittimo interesse dello studio medico ad installare l’impianto di videosorveglianza (per tutela del patrimonio o della sicurezza di chi lo frequenta) deve essere bilanciato con quello dei soggetti che lo frequentano, in modo da non ledere i loro diritti e le loro libertà: questa valutazione, secondo le indicazioni dello European Data Protection Board, deve essere effettuata caso per caso.

La proporzionalità al grado di rischio concreto implica che le telecamere possono essere installate solo in aree o attività soggette a concreti pericoli: ad esempio, nel caso di uno studio medico, la presenza di farmaci e siringhe rende concreto il rischio di un’aggressione da parte di tossicodipendenti, ma anche i furti delle apparecchiature elettroniche collocate all’interno dei locali.

Il titolare dello studio medico dovrà premurarsi di valutare il rispetto del principio di proporzionalità già prima dell’installazione dell’impianto, al momento della scelta del sistema da installare, valutando in concreto:

  • se è sufficiente, ai fini della sicurezza, rilevare immagini che rendano non identificabili i soggetti ripresi, anche tramite ingrandimenti
  • se è realmente essenziale, ai fini della sorveglianza, raccogliere immagini dettagliate
  • valutare la dislocazione, l’angolo visuale, l’uso di zoom automatici e le tipologie di apparecchiatura da installare (se fissa o mobile)
  • individuare i dati da rilevare, la necessità o meno di registrarli, di avvalersi o meno di una rete di comunicazione o della creazione di una banca dati anche interconnessa con terzi
  • valutare la durata dell’eventuale conservazione delle immagini, che deve comunque essere sempre temporanea

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L’informativa dell’area videosorvegliata

I soggetti che accedono ad un’area videosorvegliata hanno il diritto ad essere informati della presenza delle telecamere. Il principio è quello della doppia informativa:

  1. uno o più cartelli grafici con le informazioni testuali basilari, da distribuire all’interno dei luoghi in cui si effettua la videosorveglianza
  2. informativa scritta

Secondo il Garante Privacy, il cartello di segnalazione del sistema di videosorveglianza deve riportare:

  • l’identità del titolare del trattamento o del suo rappresentante
  • i dati di contatto dell’eventuale D.P.O.
  • le finalità e le basi giuridiche del trattamento
  • il periodo di conservazione delle immagini
  • i dati del soggetto a cui rivolgersi per esercitare il diritto di accesso alle immagini

L’informativa grafica sull’esistenza dell’impianto di videosorveglianza:

  • deve essere collocata prima del raggio di azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze, non necessariamente a contatto con l’impianto
  • deve essere chiaramente visibile in ogni condizione di illuminazione, anche quando il sistema di videosorveglianza sia attivo in orario notturno
  • può contenere uno o più simboli, anche diversificate, per far capire anche graficamente all’utente se le immagini sono solo visionate o anche registrate

Unitamente all’informativa grafica è auspicabile (ma non obbligatoria) l’esistenza di un’informativa testuale in cui vengano indicati i dati essenziali relativi al titolare del trattamento, il periodo di conservazione e le finalità. Se il sistema di videosorveglianza è collegato con le forze di polizia (circostanza molto comune), l’esistenza di tale collegamento deve essere noto in entrambe le informative.

La verifica preliminare dell’Autorità Garante per la Privacy

Nel caso in cui l’impianto di videosorveglianza raccolga immagini associate a dati biometrici, è necessario chiedere all’Autorità Garante per la Privacy una verifica preliminare sui rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare.

Un esempio può essere un sistema di videosorveglianza dotato di software che consenta di riconoscere la persona ripresa tramite collegamento/incrocio/confronto della morfologia del volto con altri dati personali, con dati biometrici, oppure sulla base del confronto tra l’immagine e un campione di soggetti precostituito alla rilevazione.

È richiesta la verifica preliminare del Garante Privacy anche nell’ipotesi di conservazione delle immagini oltre i tempi prescritti.

È invece esclusa la verifica preliminare nei seguenti casi:

  • quando il Garante si sia già espresso con un provvedimento di verifica preliminare in relazione a determinate categorie di titolari o trattamenti;
  • quando la fattispecie concreta, le finalità del trattamento, la tipologia e le modalità di impiego del sistema di videosorveglianza, nonché le categorie dei soggetti che possono trattare le immagini, corrispondano a quelle del trattamento dati personali approvato;
  • quando siano rispettate integralmente la normativa e le prescrizioni dettate dal Garante Privacy.

Non è richiesta la notifica al Garante Privacy dell’installazione e attivazione di un impianto di videosorveglianza nel caso di finalità di sicurezza, tutela delle persone o del patrimonio, quando le immagini o i suoni raccolti siano conservati temporaneamente e in generale non è necessaria l’autorizzazione del Garante Privacy per installare e/o attivare un impianto di videosorveglianza.

Misure di sicurezza per la raccolta dei dati

I dati raccolti tramite sistema di videosorveglianza devono essere protetti con idonee misure di sicurezza, in modo da ridurre al minimo i rischi di distruzione, perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato o trattamento non consentito o non conforme alle finalità per cui è stato predisposto l’impianto.

Le immagini, perciò, devono essere accessibili solo al titolare del trattamento o a suo delegato autorizzato. Se l’impianto è collegato con dei monitor, questi devono essere posizionati in modo tale da essere visibili solo dal titolare del trattamento e non da terzi (ad esempio il paziente che entra per fare la visita o l’infermiere che sta lavorando in uno dei locali dello studio medico).

È preferibile che l’accesso alle immagini di videosorveglianza da parte dei soggetti autorizzati avvenga tramite credenziali di autenticazione (nome utente e password) personalizzate. È opportuno che la cancellazione delle immagini avvenga con l’ausilio di misure tecniche e organizzative, anche automatiche, che eliminino i file allo scadere del termine previsto dalla legge.

Nell’ipotesi in cui il sistema di videosorveglianza sia connesso a rete informatica, bisogna adottare tutte le misure idonee per evitare l’accesso abusivo al sistema da parte di terzi: vpn, antivirus, anti-hacker, crittografia delle reti, utilizzo di password forti.

Durata dell’eventuale conservazione delle immagini

Solitamente il sistema di videosorveglianza è collegato a un registratore che consenta la conservazione delle immagini. Questo è utile nel caso in cui l’impianto sia stato installato per tutelare la proprietà privata.

Se ad esempio all’interno dello studio medico si verifica un piccolo furto, e il titolare se ne accorge dopo alcune ore, la conservazione delle immagini è indispensabile per riuscire a identificare chi ha avuto accesso ai locali e magari cogliere sul fatto il malintenzionato.

La conservazione, in generale, deve essere commisurata al tempo necessario a raggiungere la finalità perseguita. Il Garante, quale indicazione di massima, indica quale tempo di conservazione massimo le ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione, in relazione a festività o chiusura degli uffici, ovvero nel caso in cui si deve aderire a una specifica richiesta investigativa dell’Autorità Giudiziaria.

Lo European Data Protection Board, invece, estende sino a due giorni il tempo minimo di conservazione delle immagini di videosorveglianza.

La particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del sistema di videosorveglianza (tra cui rientra anche lo studio medico, che può essere ad esempio obiettivo di malintenzionati che vogliano rubare farmaci, siringhe o macchinari sanitari di particolare valore economico) può giustificare un tempo superiore di conservazione delle immagini, che comunque non deve superare la settimana dalla data in cui è stata effettuata la rilevazione.

Se si vuole ulteriormente allungare il tempo di conservazione delle immagini per un periodo superiore alla settimana, il titolare può effettuare una richiesta specifica al Garante Privacy, motivando le sue ragioni in relazione alle concrete situazioni di rischio esistenti nel caso concreto. Sul punto, lo European Data Protection Board suggerisce, nell’ipotesi in cui le immagini vengano conservate per un periodo superiore alle settantadue ore, di dettagliare nelle informative i motivi dell’allungamento dei tempi di conservazione.

Il sistema di videosorveglianza deve essere programmato in modo da operare al momento prefissato l’integrale cancellazione automatica delle informazioni allo scadere del termine previsto da ogni supporto, anche mediante sovra-registrazione, con modalità tali da rendere non riutilizzabili i dati cancellati.

La videosorveglianza sui luoghi di lavoro

Nell’ipotesi in cui lo studio medico impieghi al suo interno del personale dipendente (ad esempio infermieri, segretari, ecc.), è necessario osservare le garanzie previste in materia di lavoro da parte dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970).

Il principio generale è quello del divieto di installare un impianto di videosorveglianza con la esclusiva finalità di effettuare un controllo a distanza dell’attività svolta dai lavoratori.

Se la videosorveglianza è resa necessaria da esigenze organizzative o produttive oppure è richiesta per la sicurezza del lavoro, e da essa può derivare anche la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, prima dell’installazione è necessario un raggiungere e stipulare un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di tale accordo, su istanza del datore di lavoro, sarà l’Ispettorato del lavoro a dettare le modalità di uso dell’impianto di videosorveglianza.

Qualora le immagini registrate per tutelare il patrimonio aziendale rilevino una condotta negligente del lavoratore, queste potrebbero essere utilizzate per contestare la condotta non corretta, a condizione che il lavoratore sia stato previamente informato dell’esistenza dell’impianto di videosorveglianza e delle modalità di uso e di effettuazione dei controlli tramite detto impianto.

È consigliato, quindi, predisporre un’adeguata informativa anche nei confronti del personale dipendente, magari da consegnare al personale facendola sottoscrivere per ricevuta, oppure mediante affissione all’interno dei locali ove sia visibile dai lavoratori.

Ci sono casi in cui la videosorveglianza non è soggetta alla normativa privacy?

Ovviamente sì, e sono molto singolari:

  • installazione di telecamere finte, per scoraggiare i malintenzionati; questo tipo di dispositivo, infatti, non raccoglie i dati personali
  • registrazioni fatte da altitudini elevate (per esempio con un drone) se i dati non sono collegati a una singola persona
  • videocamere integrate in un’auto per l’assistenza al parcheggio dei veicoli (dispositivo diffuso nei mezzi di ultima generazione), se non raccolgono informazioni relative a una singola persona
  • attività personale o domestica, quando la videosorveglianza è relativa solo alle attività svolte nell’ambito della vita privata o familiare delle persone. Sotto quest’ultimo profilo, è bene precisare che la videosorveglianza domestica potrebbe avere delle conseguenze sotto il profilo penale (violenza privata) quando un soggetto decida di “controllare” l’altro a sua insaputa.

Telecamere nello studio medico: 7 cose da sapere prima di installarle

In conclusione, riassumendo, cerchiamo quindi di dettare una breve lista di aspetti da tenere a mente qualora si decida di installare delle telecamere di videosorveglianza all’interno di uno studio medico.

  1. Predisporre l’informativa “breve” tramite il modello di cartello personalizzabile disponibile sul sito del Garante Privacy e installarla in prossimità di ogni telecamera
  2. Predisporre l’informativa “estesa” cartacea e renderla disponibile mediante affissione all’interno dei locali dello studio
  3. Determinare la direzione delle telecamere in modo da riprendere esclusivamente le zone necessarie al controllo
  4. Programmare il limite di conservazione delle immagini registrate dall’impianto in massimo 48 ore o – se ci sono particolari ragioni di sicurezza in base, ad esempio, al valore della strumentazione che si trova all’interno dello studio medico – 7 giorni, predisponendo con il tecnico la cancellazione automatica mediante sovrascrittura delle vecchie riprese
  5. Individuare, all’interno dello studio, i soggetti abilitati alla visualizzazione delle riprese nei casi necessari
  6. Nominare i soggetti coinvolti nel servizio di videosorveglianza e specificarne i dati nelle informative
  7. Rispettare gli obblighi derivanti dallo Statuto dei Lavoratori, qualora lo studio abbia dei dipendenti

Cristina Saja, Avvocato e Giornalista

Di: Redazione Consulcesi Club

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