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Contenzioso medici specialisti: sentenze in meno di 2 anni

Contenzioso medici specialisti: sentenze in meno di 2 anni

Esclusiva.

Un anno e mezzo, massimo due, per ottenere una sentenza di primo grado“. Sono questi i tempi attuali nelle cause dei medici contro lo Stato per i rimborsi dovuti per gli anni di specializzazione. Un tempo ristretto se si pensa alla media dell’ affaticata giustizia italiana. Lo conferma l’avvocato Marco Tortorella, specialista per Consulcesi del contenzioso derivato dalla mancata applicazione delle direttive comunitarie (75/632/CEE e 82/72/CEE) da parte dello Stato italiano nei confronti dei medici che hanno frequentato la scuola post-laurea tra il 1978 e il 2006.

Processo lampo

Tendenzialmente – spiega l’avvocato Tortorella – i tempi si sono ridotti, soprattutto in primo grado perché si tratta di una causa di carattere documentale. Si tratta di risolvere una questione di diritto con pochissima attività istruttoria da svolgere. I Tribunali, nel tempo, si sono notevolmente velocizzati e così, nell’arco di tre o quattro udienze si arriva a una sentenza. Chiaramente i tempi si dilatano in Corte d’Appello, ma solo per una carenza strutturale di organico“. Questo è il nuovo corso della “giustizia lampo” per gli ex specializzandi ma, naturalmente, le cose non stanno così per i “pionieri” dei ricorsi che si sono trovati a fronteggiare negli anni passati cause molto più lunghe. “La disparità di durata – puntualizza l’avvocato Tortorella – dipende solo dalla calendarizzazione che varia di tribunale in tribunale a seconda del ruolo di giudizio, in alcuni più corposo e in altri meno“.

I rimborsi

L’avvocato Marco Tortorella cura da anni i ricorsi dei medici tutelati dal gruppo Consulcesi, in favore dei quali è riuscito a far ottenere, ad oggi, oltre 450 milioni di euro sui 500 complessivi riconosciuti dai tribunali di tutta Italia. Insieme alla giustizia si sono velocizzati anche i pagamenti da parte della Presidenza del Consiglio, che solo nell’ultimo triennio ha liquidato oltre 6mila medici Consulcesi con una cifra superiore ai 240 milioni. Complessivamente, lo Stato rischia un esborso superiore ai 5 miliardi di euro, evitabile solo con l’accordo transattivo proposto dal recente Ddl Atto Senato n. 2400 e, con un intervento del Governo, si potrebbe chiudere il caso in pochi mesi attraverso un decreto che assegnerebbe un rimborso forfettario solo per i medici che avranno presentato ricorso.

Le cifre 

Ma quanto riesce ad ottenere un medico che oggi si rivolge al Tribunale? “In media – spiega ancora l’avvocato Tortorella – l’indennizzo è di oltre 6.700 euro per ogni annualità più gli interessi da quando ha intentato la causa al momento della sentenza. Si tratta di un parametro che tiene conto di indicazioni della Cassazione, ma ci sono casi in cui la somma è più alta e supera gli 11mila euro per ogni anno di corso. Sempre a seconda di autonome interpretazioni dei giudici, attraverso la rivalutazione degli interessi e il cosiddetto debito di valuta, la cifra può anche triplicare“.

La perdita di chance

La violazione della direttive Ue in materia comporta anche la richiesta di indennizzi ulteriori oltre la mancata retribuzione per chi si è specializzato prima del 1991. “Si tratta della cosiddetta “perdita di chance” riconosciuta in alcune sentenze e i profili di danno sono due: il mancato riconoscimento del titolo a livello comunitario ed il minor punteggio ai concorsi – spiega ancora il legale -. La Cassazione ha inoltre già chiarito due aspetti molto importanti: il primo è che possono accedere ai rimborsi anche i medici che lavoravano durante il periodo di specializzazione perché non può essere imputato a loro, ma allo Stato inadempiente, il fatto di aver frequentato la specializzazione senza ottemperare i parametri Ue; l’altro riguarda l’onere della prova, a carico dello Stato che deve dimostrare che l’ex specializzando non ha diritto al rimborso”.

Chi può fare ricorso

Sostanzialmente ci sono due fattispecie: i medici che si sono specializzati prima del 1991 senza ricevere alcun compenso e quelli che lo hanno fatto tra il 1993 e il 2006, anno in cui l’Italia si è allineata al resto dell’Ue dopo i due decreti attuativi (il Dlgs 257 del 1991 e il Dlsg 368 del 1999) che avevano segnato solo dei parziali  adeguamenti alle normative comunitarie. “Nel primo caso (’83-’91) – afferma ancora l’avvocato Marco Tortorella – si chiede l’intera borsa non ricevuta. Nel secondo (’94-2006), invece, il medico chiede gli stessi diritti di chi si è specializzato dopo il 2006 visto che il contratto di formazione prevede gli stessi obblighi senza riconoscere oneri contributivi, assicurativi, previdenziali e l’anzianità di carriera. Va ricordato che la Cassazione ha esteso il diritto al rimborso anche a chi si è iscritto prima del 1983, mentre per quella che è definita una “zona d’ombra”, relativamente agli iscritti tra il ’91 ed il ’93, la giurisprudenza è orientata a collocarli nell’applicazione dei diritti post ’93”.

Le azioni collettive

Per tutti i medici che ancora non avessero rivendicato i loro diritti sono in partenza le ultime azioni collettive. La prossima è stata già fissata per il 15 luglio con numerosi OMCeO, enti, associazioni, sindacati e società scientifiche che hanno convenzionato tutti i loro iscritti. Per qualsiasi informazione sono a disposizione i nostri 1000 consulenti legali che rispondono gratuitamente al numero verde e sul sito.

 

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Con la recentissima sentenza della Cassazione, via libera ai rimborsi anche per i medici che hanno iniziato la specializzazione dal 1978

 

Fonte: Sole 24 Ore