Medico assolto dall’accusa di danno erariale: e le spese legali chi le paga?

Cosa succede quando il medico, vincitore contro un'accusa di danno erariale, deve avere risarcite le spese legali? Esaminiamo questo caso di esempio.

Sommario

  1. Il rimborso delle spese legali per il dipendente pubblico vittorioso
  2. La decisione delle Sezioni Unite
  3. Richiedere il rimborso è legittimo

La questione della responsabilità contabile del professionista sanitario vincolato da un contratto di pubblico impiego viene, spesso, trattata esclusivamente sotto il profilo delle conseguenze economiche e professionali, potenzialmente molto rilevanti, che l’accusato si trova a subire a seguito di condanna resa dalla Corte dei Conti.

È indubbio come tale aspetto sia estremamente importante, ma non di rado si manifestano altre problematiche che, perlomeno sotto un profilo strettamente pecuniario, possono incidere in modo significativo sul malcapitato dipendente.

Qualora si giunga ad una pronuncia di assoluzione definitiva, le spese legali, spesso davvero ingenti, sostenute per la difesa in questi processi vengono integralmente rimborsate oppure, come accade molto più spesso, si corre il rischio che parte di queste rimangano comunque a carico del sanitario innocente?

Il rimborso delle spese legali per il dipendente pubblico vittorioso

La possibilità per il dipendente pubblico, prosciolto nel merito in un giudizio per danno erariale, di ottenere dall'amministrazione di appartenenza il rimborso della differenza tra le spese legali effettivamente pagate al proprio difensore ed il minor importo liquidato nella pronuncia di assoluzione resa dalla Corte dei Conti, è una questione giuridica piuttosto complessa, che è stata peraltro oggetto di un vero e proprio contrasto giurisprudenziale, risoltosi soltanto negli ultimi tempi.

L'interpretazione prevalente riteneva, sulla scorta di alcuni principi affermati nella sentenza n. 19195/2013, che la liquidazione delle spese effettuata dal magistrato contabile all’esito del processo, conclusosi con l’assoluzione, dovesse intendersi omnicomprensiva di qualsiasi ulteriore pretesa economica avanzata a tale titolo dal dipendente prosciolto, con conseguente impossibilità per lo stesso di richiedere i maggiori costi eventualmente sostenuti per la difesa tecnica in giudizio.

L'unico rimedio a disposizione del dipendente, che avesse riscontrato l’insufficienza della liquidazione delle spese legali rispetto a quelle effettivamente pagate al suo difensore, era quello di procedere, secondo questo orientamento, all'impugnazione della sentenza della Corte dei Conti proprio su tale capo della decisione, dinanzi alla Sezione di appello del medesimo organo giudiziario.

Nel tempo, si è venuto formando un altro orientamento (ex multis, Cass. 18046/2022), da cui il rilevato contrasto con conseguente rimessione della questione alle Sezioni Unite, che avvertiva l’esigenza di distinguere il rapporto processuale da quello sostanziale fra dipendente ed amministrazione di appartenenza, volendo consentire al primo, che avesse ottenuto un provvedimento di assoluzione rispetto all’iniziativa giudiziale promossa nei suoi riguardi, di poter attivare un giudizio autonomo avverso la stessa amministrazione per richiedere il pagamento di somme integrative rispetto a quelle liquidate dal giudice contabile.

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La decisione delle Sezioni Unite

Con l'ordinanza interlocutoria n. 1321/2024, la questione è stata quindi rimessa alle Sezioni Unite, rimarcando nel quesito la necessità di ottenere una soluzione definitiva alla rilevata problematica, ovverossia: ”se il dipendente pubblico, che sia stato prosciolto all’esito di un giudizio contabile, abbia diritto... ad ottenere, dalla P.A. di appartenenza, il rimborso di tutte le spese legali da lui sostenute per la difesa, eventualmente anche in eccesso rispetto a quelle liquidate a carico della stessa P.A. dalla Corte dei conti o qualora dette spese siano state integralmente o in parte compensate, e, in caso affermativo, se vi siano dei limiti a tale diritto e se questo sussista ancora dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 2, d.lgs. n. 174 del 2016".

Con la sentenza n. 31137/2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto rilevato, affermando che “l’art. 31, comma 2, del Codice di giustizia contabile deve essere interpretato nel senso per cui, nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti, conclusi con il proscioglimento nel merito del pubblico dipendente, il giudice contabile deve provvedere alla liquidazione delle spese legali, da porre a carico dell'amministrazione di appartenenza, mediante una statuizione di condanna, ma il dipendente prosciolto ha diritto di chiedere a tale amministrazione il rimborso dell’eventuale maggior importo delle spese defensionali sostenute”.

Richiedere il rimborso è legittimo

Ciò significa, in estrema sintesi, che è sempre possibile per il dipendente assolto in sede contabile, ma rimasto insoddisfatto per la liquidazione delle spese legali ottenuta in quella sede, di attivarsi promovendo motivata istanza diretta a richiedere, fermo restando il giudizio di congruità dell’Avvocatura di Stato, l’integrazione della insoddisfacente liquidazione del giudice erariale.

Laddove, infatti, dovesse residuare una differenza in avere rispetto alla parcella liquidata al proprio difensore per il procedimento contabile, il dipendente potrà quindi formalizzare, già inoltrando una semplice diffida corredata da conferente documentazione (parcella, pagamento, atti processuali ecc..), il rimborso della maggior somma corrisposta, intavolando con l’amministrazione di competenza una trattativa alla ricerca di una soluzione bonaria.

In caso negativo, sarà poi attivabile, innanzi al Tribunale del Lavoro territorialmente competente, l’azione diretta ad ottenere il pagamento del differenziale rispetto agli onorari effettivamente sostenuti, ferma restando la possibilità per il magistrato ordinario di valutarne la congruità.

In tal caso, vale ricordare come il rimborso non sarà automatico, dovendo il dipendente dimostrare l’effettivo pagamento della parcella richiesta dal proprio difensore per l’attività svolta nel processo contabile, ben potendo il giudice del lavoro, nell’ambito del suo libero apprezzamento, valutare altresì la congruità delle spese richieste dal legale, ovvero l'esistenza di limiti previsti da regolamenti interni o dalla contrattazione collettiva. 

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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