Nonostante il clamore politico e giuridico che circonda la vicenda, il nomenclatore delle prestazioni specialistiche è ancora quello fissato dal decreto ministeriale del 25 novembre 2024, e non si registrano cambiamenti immediati nelle tariffe applicate. Lo ha ribadito il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, rispondendo in Aula a un’interrogazione dell’onorevole Ida Carmina (M5S) il 28 ottobre, chiarendo che le determinazioni conseguenti alla sentenza del Tar Lazio sono ancora in corso. Il Ministero, ha assicurato, sta procedendo alle necessarie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni del giudice amministrativo, ma senza creare incertezze applicative per cittadini e operatori sanitari.
La sentenza del Tar: un annullamento con effetti differiti
La vicenda parte dalla decisione del Tar Lazio dello scorso settembre, che ha giudicato illegittimo il nuovo tariffario nazionale per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica. Il decreto del 25 novembre 2024 (nato con l’obiettivo di uniformare le tariffe su scala nazionale) presentava, secondo i giudici, gravi vizi procedurali e sostanziali.
Il Ministero, infatti, avrebbe omesso una rilevazione reale e aggiornata dei costi sostenuti dalle strutture accreditate, preferendo basarsi sui tariffari regionali già esistenti, ritenuti in molti casi privi di fondamento tecnico-economico. A questo si aggiunge l’assenza di adeguato confronto con le parti sociali, come denunciato dal sindacato Sbv, e la mancata considerazione dei rilievi di Agenas, che aveva espressamente suggerito un cambio di metodo.
Malgrado tali criticità, il Tar ha scelto di non annullare subito il decreto per evitare un vuoto normativo e gravi ricadute organizzative, rinviando gli effetti della sentenza di 365 giorni. Il Ministero ha così un anno di tempo per riscrivere un provvedimento che rispetti trasparenza, sostenibilità dei costi e reale consultazione dei soggetti coinvolti.
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Scontro politico e prospettive future
La replica dell’onorevole Carmina al sottosegretario Gemmato ha trasformato l’interrogazione in un banco di prova politico. La parlamentare del Movimento 5 Stelle ha accusato il Governo di privilegiare logiche di contenimento della spesa sanitaria, arrivando a un parallelismo provocatorio tra fondi destinati alla difesa – pari, secondo la sua ricostruzione, al 5% del PIL – e risorse per la sanità, giudicate insufficienti persino a coprire i costi vivi delle prestazioni. Carmina ha definito il caso del tariffario “emblematico” di una metodologia sbagliata, ricordando che milioni di italiani rinunciano alle cure e denunciando disparità territoriali drammatiche, come la mancanza di un acceleratore lineare ad Agrigento e i ritardi nei referti oncologici in Sicilia.
Nel frattempo, il Ministero promette un percorso più trasparente, con il coinvolgimento dei portatori d’interesse nella riscrittura del tariffario. Il vero banco di prova, però, saranno i prossimi mesi: tra vincoli di finanza pubblica, criticità tecniche e tensioni politiche, la partita sulla remunerazione delle prestazioni specialistiche è appena iniziata. Se davvero si riuscirà a superare i vizi del passato e restituire certezze a cittadini e operatori, lo dirà solo il nuovo decreto atteso entro il prossimo anno.