Come tutelarsi contro mobbing e straining. L’esperto risponde

Dopo il webinar di Club “Mobbing e Straining: gli strumenti di tutela per i Professionisti Sanitari”, sono arrivate numerose domande dai professionisti sanitari. Di seguito riportiamo le domande più interessanti, a cui hanno risposto gli avvocati giuslavoristi Valentina Mariani e Andrea Marziale di Consulcesi & Partners.

Sommario

  1. Come agire in caso di mobbing e straining
  2. Mobbing, straining e non solo

In seguito al webinar di Club “Mobbing e Straining: gli strumenti di tutela per i Professionisti Sanitari”, svoltosi lo scorso 4 novembre 2025, sono arrivate numerose domande da parte di utenti e partecipanti. L’incontro, dedicato ad alcune delle problematiche più pressanti in ambito lavorativo, ovvero mobbing e straining, ha infatti suscitato grande interesse tra i professionisti sanitari, che hanno posto diversi quesiti agli esperti collegati per approfondire gli argomenti (spesso vissuti in prima persona).

Di seguito riportiamo le domande più interessanti, a cui hanno risposto gli avvocati giuslavoristi Valentina Mariani e Andrea Marziale di Consulcesi & Partners.

Come agire in caso di mobbing e straining

Le condotte omissive, come il mancato riscontro sistematico alle e-mail, possono essere considerate forme di mobbing?

Certo, anche condotte omissive che mirano ad escludere e/o emarginare e/o non considerare il dipendente sono considerate mobbizzanti.

Quali azioni si possono intraprendere quando la direzione strategica, nominata dalla politica, è la stessa che attua comportamenti mobbizzanti?

Questo tipo di situazioni non dovrebbe accadere, ma se vengono messe in atto azioni mobbizzanti (tanto commissive quanto omissive) occorre intervenire, rivolgendosi ad un legale.  

In una società con tre soci a quote paritarie, se uno di loro subisce insulti, esclusioni e aggressioni da parte degli altri due, si tratta di burnout, mobbing o straining?

Da queste poche informazioni sembrano esserci gli estremi del mobbing, in quanto si configurerebbero situazioni reiterate e sistematiche di prevaricazioni, suprusi, aggressioni etc.

Dopo aver subito straining e mobbing (valutazioni ingiuste durante la maternità, numerosi trasferimenti, ecc.), e aver avuto rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. e il reclamo ex art. 669, cosa posso fare ora?

Se è già intervenuta una pronuncia che non è stata oggetto di impugnazione non è più possibile portare avanti l’azione di urgenza, ma se le condotte continuano si deve incardinare un giudizio ordinario ove i continui trasferimenti saranno indicati quale espressione dell’attività di mobbing posta in essere a suo danno.

Come si applicano le tutele normative in materia di mobbing e straining agli specializzandi, che non sono considerati formalmente lavoratori?

Anche in caso di soli specializzandi è prevista la tutela ai sensi dell’art. 2087 cc sia che si tratti di mobbing che di straining atteso che l’ordinamento tutela il diritto alla integrità psicofica.

Lo specializzando infatti ha un contratto di formazione specialistica che è a tutti gli effetti un rapporto di lavoro pubblico “speciale” di tipo formativo. La giurisprudenza ha più volte riconosciuto che lo specializzando ha diritto alle tutele fondamentali del lavoratore, comprese: -  della dignità; - sicurezza e salute sul lavoro; - protezione contro discriminazioni e comportamenti vessatori.

Quindi, anche se formalmente non sei un “dipendente” del SSN o dell’Università si ha comunque diritto a un ambiente formativo e di lavoro sano e non ostile.

Come comportarsi con una collega che si dichiara vittima di mobbing ma, di fatto, denigra e umilia gli altri davanti a terzi violando anche la privacy?

Qui sembra ben integrata la condotta di mobbing di questo soggetto a danno degli altri: nel caso in cui un collega si trovi, suo malgrado, oggetto di questa condotta potrà stigmatizzare il comportamento tramite diffida e/o contestazioni direttamente al datore di lavoro.

Se è un collega, e non un superiore, a mettere in atto comportamenti vessatori, si può comunque parlare di mobbing?

Il mobbing può essere tanto verticale (dal diretto superiore) quanto orizzontale (tra colleghi di pari livello). Pertanto, nel caso in cui siano integrati gli elementi descritti (episodi sistematici con protrazione nel tempo, condotta lesiva del mobber, ed danni alla salute del soggetto subente) si può rientrare comunque nella fattispecie di mobbing.

Sono un’infermiera in pensione da tre anni. Dal 2014 ho subito mobbing, demansionamento e continue umiliazioni professionali, venendo spostata di servizio in servizio senza motivo. Ho incaricato un avvocato pro bono, ma la pratica è ferma da tempo. Cosa posso fare per sbloccare la situazione e tutelarmi?

Suggeriamo di sollecitare in quanto, nei casi di richiesta economica per risarcimento danni, vige la prescrizione di 5 anni: pertanto, è importante inviare una diffida al datore di lavoro per contestare la condotta (anche riferita a fatti lontani nel tempo) in modo tale da poter successivamente incardinare un giudizio.

Un lavoratore in pensione da un anno, che ha subito mobbing per vent’anni, può ancora intraprendere un’azione legale? Con quali tempi?

Le richieste di risarcimento danni (quali il mobbing) soggiacciono – di norma – al termine di prescrizione di 5 anni: ovvero, entro 5 anni dalla conclusione delle condotte sarà necessario quantomeno inviare una diffida e messa in mora al datore di lavoro in modo tale da sospendere i termini e di seguito incardinare un giudizio ordinario innanzi al Tribunale competente.

Un singolo episodio di critica o insulto pubblico, anche se documentato ma isolato, può essere considerato straining?

Come detto, lo straining può integrarsi anche con una sola singola condotta che comporti nei confronti del lavoratore un danno da stress prolungato che dovrà essere debitamente provato in giudizio (anche con perizie medico legali)

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Mobbing, straining e non solo

Perché occorrono anni per vedersi riconosciuto un diritto?

Il tempo necessario per vedersi riconosciuto un diritto dipende solo dai Tribunali e dai vari Giudici che si occupano delle questioni. Da un punto di vista procedurale, invece, consigliamo dopo poco tempo dal verificarsi delle situazioni negative, di inviare una richiesta economica per risarcimento danni, su cui vige la prescrizione di 5 anni dal momento in cui è sorto il diritto.

In un contesto sanitario caratterizzato da carenza di personale, i turni massacranti possono essere giustificati?

Il ricorso ai turni dovrebbe sempre seguire una logica di alternanza tra i diversi Colleghi, altrimenti diventano “massacranti” e sono forieri di vari danni.

Come è possibile che, dopo essermi rivolta a un punto di ascolto per ricevere aiuto, la mia situazione sia peggiorata?

Purtroppo questo non dovrebbe accadere, in quanto i punti di ascolto dovrebbero fungere da filtro, e farsi portatori di iniziative volte a risolvere i problemi. Se però la situazione peggiora vuol dire che l’Azienda sta facendo mobbing e occorre intervenire, rivolgendosi ad un legale per valutare la situazione e scrivere una lettera di intervento.  

Nel caso del 2025, l’ASP, venuta a conoscenza della condanna del dirigente prevaricatore, non avrebbe dovuto deferirlo al Collegio disciplinare?

Sì avrebbe dovuto deferirlo, fermo restando che in alcuni casi specifici la Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità per mobbing anche solo del Dirigente, e non anche dell’Azienda.

Di: Redazione Club

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