I disturbi psicosomatici rappresentano una delle aree più complesse della clinica contemporanea, dove mente e corpo si incontrano nell’espressione fisica del disagio emotivo. Comprendere come le emozioni possano tradursi in sintomi corporei richiede uno sguardo integrato, capace di cogliere le connessioni profonde tra dimensione psicologica e biologica.
In questa intervista, la psicoterapeuta Daniela Chieffo, Direttrice della Psicologia Clinica del Policlinico Gemelli e docente all’Università Cattolica di Roma, condivide la sua esperienza su come riconoscere e trattare i disturbi psicosomatici, mettendo in luce come l’ascolto del corpo possa diventare una via d’accesso privilegiata alla comprensione del mondo emotivo del paziente e offrendo spunti di riflessione per la pratica clinica.
Come distinguere una malattia organica da un disturbo psicosomatico
Nei pazienti con sintomi fisici, come si può distinguere una malattia organica da un disturbo psicosomatico, cioè da una condizione in cui il corpo manifesta un disagio che ha origine nella mente o nelle emozioni?
“Distinguere una malattia organica da un disturbo psicosomatico è spesso complesso, perché i sintomi fisici sono reali, e possono essere molto intensi, in entrambi i casi. Spesso, la chiave è una stretta collaborazione tra il medico e il professionista della salute mentale, soprattutto quando i sintomi fisici persistono, nonostante gli esami clinici negativi, poiché il corpo esprime un disagio di natura psicologica. Mentre nelle malattie organiche gli esami confermano la presenza di alterazioni biologiche congrue con i sintomi che porta il paziente, nei disturbi psicosomatici non si riesce a trovare una causa organica sufficiente a spiegare quei sintomi, che sono tuttavia assolutamente reali. Spesso l’origine che attiva la manifestazione sintomatologica è un forte stress emotivo, o la presenza di conflitti interiori, perlopiù inaccessibili sul piano cognitivo, che si esprimono nel corpo attraverso un “linguaggio sintomatologico” che vuole portare quel disagio alla nostra attenzione. L’asse intestino-cervello, l’integrazione mente-corpo, è di fatto un fenomeno bidirezionale; dunque, non possiamo dire con certezza assoluta se i sintomi psicologici possano influenzare quelli organici o viceversa. Tuttavia, spesso parliamo di persone che presentano una focalizzazione attentiva sul corpo e faticano a mentalizzare le proprie emozioni; quindi, il corpo funge da filtro di ciò che la mente non riesce a digerire. Una delle caratteristiche dei disturbi psicosomatici è l’alessitimia, che descrive proprio la mancanza di parole a livello mentale. Una malattia organica si manifesta nel corpo e nasce dal corpo; un disturbo psicosomatico si manifesta nel corpo ma nasce nella mente – anche se il corpo ne soffre realmente”.
Strategie e tecniche terapeutiche più efficaci
Quali sono le strategie e tecniche terapeutiche più efficaci nella gestione dei disturbi psicosomatici, per favorire l’integrazione tra mente e corpo?
“Nel trattamento dei disturbi psicosomatici, l’obiettivo principale è quello di aiutare la persona a riconnettere l’asse mente-corpo, trasformando il sintomo in un messaggio da decifrare. L’approccio più efficace è quello integrato: la psicoterapia è certamente lo strumento di elezione (soprattutto quella corporea, cognitivo-comportamentale o psicodinamica) poiché aiuta a dare un significato ai sintomi, a comprenderne la funzione, e a riconoscere e gestire le emozioni che li attivano e li alimentano. Il lavoro psicoterapico può aiutare a elaborare quelle emozioni non accessibili a livello mentale, disinnescando il meccanismo di focalizzazione sul corpo che si innesca nel tempo come un automatismo. Ci si può poi avvalere di tecniche come la mindfulness, il training autogeno, la respirazione consapevole o altre pratiche di regolazione corporea che favoriscono l’ascolto di sé e la riduzione dello stress, che può innescare o peggiorare il sintomo. In alcuni casi, si può pensare a una collaborazione con altri specialisti, per offrire un modello di cura integrata che rimetta insieme dimensione fisica, emotiva e relazionale. Curare un disturbo psicosomatico significa imparare ad ascoltare il corpo come una parte di noi che ci sta comunicando qualcosa, portando all’esterno ciò che si trova all’interno”.
Aiutare i pazienti a comprendere il legame mente-corpo
Molti pazienti con disturbi psicosomatici fanno fatica a riconoscere che i loro sintomi fisici possono avere un’origine psicologica. Come si può lavorare in terapia per aiutarli a comprendere e accettare questo legame mente-corpo?
“È vero, molti pazienti con disturbi psicosomatici cercano innanzitutto una causa organica, e faticano ad accettare che il corpo possa esprimere un disagio emotivo. Frequentemente correlano l’assenza di un riscontro organico al concetto di “malato immaginario”, e questo retropensiero può rappresentare una barriera nell’accesso alle cure. Per questo, in terapia è opportuno partire proprio dal sintomo, accogliendolo come reale, legittimandone l’esistenza e la complessità, ed evitando di focalizzarsi inizialmente sulla distinzione tra “organico” e “psicologico”. Solo con il tempo, una volta costruita la relazione terapeutica, si potrà iniziare a indagare il mondo emotivo del paziente, aiutandolo a comprendere come i vissuti interiori si esprimano attraverso il corpo, favorendo un processo di reintegrazione. L’obiettivo non è negare il dolore, ma aiutare la persona ad acquisire un vocabolario adeguato a leggerlo”.
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Prevenzione e autoregolazione nella vita quotidiana
In un contesto sociale sempre più stressante, quali strategie preventive o di autoregolazione suggerirebbe per ridurre l’insorgenza di sintomi psicosomatici nella vita quotidiana?
“Nella nostra società, sempre più orientata alla performance e al risultato, il corpo diventa il luogo in cui lo stress si manifesta, soprattutto negli adolescenti e giovani adulti che faticano a entrare in contatto con le proprie emozioni. Si è discusso a lungo dell’acne adolescenziale come espressione somatica di un disagio non solo organico ma anche psicologico. Il disturbo psicosomatico avviene in funzione di una disregolazione, un’iperattenzione verso l’interno di sé, che riduce la capacità di esprimere all’esterno le emozioni. Questo meccanismo dis-regolato genera la comparsa del sintomo, che ha la funzione di portare fuori ciò che non siamo in grado di riconoscere e nominare. Il lavoro psicoterapico serve proprio a esplorare le emozioni e trovare modalità funzionali di espressione. È fondamentale riconnettersi con il proprio corpo, leggerne i segnali di tensione e stress, e dare spazio al riposo per mantenere l’equilibrio mente-corpo. Anche le forme di autoregolazione emotiva – come la cura delle relazioni interpersonali o attività che generano piacere – sono fattori di protezione per la salute psicofisica. Il corpo dà voce a ciò che le parole non riescono a esprimere: imparare ad ascoltarlo significa imparare a comunicare con sé stessi”.