Fobia e burnout scolare: la guida di sopravvivenza per i pediatri

Il rientro a scuola per i più piccoli può essere traumatico, ma può esserlo anche per i professionisti sanitari che si prendono cura di loro. In questa guida analizziamo come aiutare genitori e pazienti a gestire la sindrome da rientro e le fobie che ne derivano. Nella parte finale i consigli dello psicologo al pediatra per gestire questo periodo intenso sostenendo i propri pazienti.

Si ringraziano per il contributo Carlo Alfaro, pediatra e Cristian Pagliariccio, psicologo dell’educazione

Sta per suonare la campanella che sancirà l’inizio del nuovo anno scolastico per milioni di bambini e ragazzi. Un momento delicato non solo per gli studenti e per loro famiglie, ma anche per i pediatri di libera scelta che dovranno sostenerli durante questo nuovo inizio e per l’intero anno scolastico.

Per i bambini e gli adolescenti, indubbiamente, è difficile accettare, dopo il prolungato e piacevole stacco estivo, il ritorno alla routine della scuola. Ma ci sono dei piccoli accorgimenti che possono far loro affrontare con la massima serenità possibile questo cruciale passaggio. 

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Il rientro a scuola per i più piccoli può essere traumatico, ma può esserlo anche per i professionisti sanitari che si prendono cura di loro. In questa guida analizziamo come aiutare genitori e pazienti a gestire la sindrome da rientro e le fobie che ne derivano. Nella parte finale i consigli dello psicologo al pediatra per gestire questo periodo intenso sostenendo i propri pazienti.

Il decalogo di suggerimenti che i pediatri possono fornire ai genitori

  • Parlare della scuola: gli studenti vanno abituati all’idea che le vacanze non siano eterne, bisogna parlare abitualmente e con tranquillità già durante la pausa estiva del fatto che prima o poi dovranno tornare tra i banchi, rievocando con positività gli eventi e i ricordi scolastici
  • Coinvolgimento nei preparativi al nuovo anno scolastico: è utile far partecipare il più possibile i bambini e i ragazzi ai preparativi per la scuola, dall’acquisto dei libri alla scelta del materiale scolastico
  • Condividere le nostre esperienze: nell’ottica di creare entusiasmo rispetto alla scuola, raccontate ai bambini di vostre esperienze e ricordi di scuola, in cui possano immedesimarsi
  • Mantenere un corretto regime alimentare anche in vacanza: non saltare la colazione, mantenere orari regolari, evitare stravizi, in modo da non creare squilibri col ritorno alla normalità 
  • Ripristinare il corretto ciclo “sonno-veglia” in maniera graduale: anticipare l’ora di andare a letto e la sveglia mattutina gradualmente, man mano che si avvicina la fine delle ferie. Si può cominciare 2-3 settimane prima ad anticipare gli orari di una mezz’ora circa ogni tre-quattro giorni. Anche a questo fine un orario regolare dei pasti è importante, in quanto si è visto che orario e durata dei pasti “resettano” il nostro orologio interno, condizionando il ritmo circadiano
  • Mantenere l’allenamento mentale: è utile non far perdere ai bambini l’abitudine all’attività intellettuale anche durante le vacanze, in forma di gioco, allenamento alla conoscenza, applicazione alla pratica quotidiana delle cose lette ed apprese
  • Valorizzare le cose positive del rientro: bisogna creare entusiasmo intorno al ritorno a scuola e affrontarlo con un’attitudine positiva e un senso di curiosità e sfida, anche organizzando incontri con gli amici di scuola per riprendere a socializzare prima dell’inizio delle lezioni
  • Dare il buon esempio: se i bambini ascoltano le nostre lamentele per la fine delle vacanze e l’insoddisfazione per l’inizio del lavoro, proietteranno lo stesso malumore sulla scuola. È importante, invece, creare un’aspettativa tutta improntata sulla positività e l’ottimismo, facendo vivere la fine delle ferie come una nuova opportunità per tutta la famiglia. 
  • Affrontare le emozioni nascoste: il ragazzo può avere timore del rientro a scuola perché cova paura di non essere all’altezza delle aspettative, fobia dei risultati scolastici, dubbi sulle sue capacità relazionali e sull’essere accettato. I pediatri devono aiutare i genitori ad instaurare un dialogo aperto con i figli, in cui favorire l’espressione di eventuali timori e insicurezze (spesso inespressi perché vissuti con vergogna, colpa, o semplicemente non compresi ed elaborati a livello cosciente dal giovane), offrire ascolto empatico e accoglienza senza mai minimizzare, spiegare loro che queste emozioni sono assolutamente normali e condivisibili. 
  • La fobia scolare

    Cos’è

    Si definisce fobia scolare un disturbo in cui paura e ansia irrazionali e immotivate di andare e restare a scuola raggiungono un livello tale da diventare pervasive, invalidanti, non controllabili e impedire una regolare frequenza scolastica, con sequele a breve e lungo termine sul benessere del bambino. La paura o il rifiuto della scuola non vanno confusi col capriccio per non andare a scuola e trascorrere del tempo con la mamma a casa, ma configurano un disturbo vero e proprio. 

    Manifestazioni cliniche

    Il bambino può manifestare i sintomi di rifiuto scolare in modo graduale, a seguito di un periodo più o meno lungo di difficoltà a frequentare la scuola, con assenze frequenti e prolungate. Al contrario, l’inizio del disturbo può essere brusco, presentandosi da un giorno all’altro, magari dopo un periodo di vacanza, una malattia prolungata, il fine settimana, eventi stressanti. Può manifestarsi con rifiuto ostinato e aggressivo, anche se in precedenza il piccolo aveva mostrato interesse verso la scuola, ottimi risultati e buon rapporto con compagni e docenti. 

    La sintomatologia esordisce di solito all’inizio dell’anno scolastico, ma è possibile anche che si presenti durante l’arco dell’anno. Inoltre, il ragazzo può proprio rifiutare di andare a scuola, o può recarsi in classe e poi, dopo poche ore, chiedere di tornare a casa insistentemente, sostenendo di non stare bene o manifestando pianto inconsolabile o comportamento aggressivo. Il bambino che soffre di fobia scolare può riuscire a mantenere gli impegni extra-scolastici (es. sportivi) e non manifestare difficoltà a stare con gli amici, o al contrario può tendere a isolarsi, chiudersi in casa e non voler vedere nessuno. 

    Il comportamento-tipo è: la mattina il piccolo tende ad alzarsi tardi, si muove lentamente in ogni attività come vestirsi, lavarsi e fare colazione, cercando in tutti i modi di ritardare il momento di lasciare la casa e la famiglia. Poi, ha forti reazioni di ansia nel momento in cui esce da casa o giunge davanti alla scuola o entra in classe, con crisi di panico, pianti, collera, disperazione, proteste, suppliche ai genitori con la promessa di recarsi a scuola l’indomani. Durante la permanenza a scuola si isola e nei casi più gravi può persino tentare la fuga per tornare a casa. 

    Si possono associare: 

    • ritiro sociale
    • comportamenti aggressivi, violenti, iperattivi in classe
    • tristezza
    • sintomi psicosomatici: vertigini, cefalea, tachicardia e palpitazioni, dolori al torace e alle spalle, dolori addominali, dolori agli arti superiori e inferiori, nausea e vomito, diarrea, balbuzie, fatica ad addormentarsi, insonnia e incubi, tremori, sudorazione, persino febbre o asma, enuresi, encopresi, anoressia, astenia
    • sintomi neuro-psichici: regressione infantile, sintomi da conversione isterica (sordità, paralisi diffuse, tic), attività immaginativa fatta di fantasmi, mostri e persone cattive. Il livello di angoscia può essere elevato fin dalla sera prima e il bambino può riposare male, il sonno può essere disturbato da incubi o risvegli nel pieno della notte (talvolta con enuresi)

    Nella maggior parte dei casi, se il bambino rimane a casa assentandosi da scuola, i sintomi scompaiono o si attenuano, per poi ricomparire la mattina successiva. I sintomi tendono parimenti a scomparire nel fine settimana e nelle vacanze. 

    Le conseguenze della fobia scolare sul benessere del bambino

    Le conseguenze della fobia scolare possono essere, nel breve termine: 

    • forte stress, alterazione dello sviluppo emotivo, con danneggiamento dell’autostima e dell’autoefficacia e interruzione del processo di crescita personale e di differenziazione- emancipazione dalla famiglia
    •  compromissione del rendimento scolastico, con riduzione delle acquisizioni e degli apprendimenti
    • conflitti nell’ambito della famiglia
    • difficoltà nelle relazioni con i coetanei, fino all’alienazione sociale. 

    Nel lungo termine, si possono verificare: 

    • abbandono scolastico e problemi connessi alla mancanza di occupazione lavorativa
    • condotte a rischio quali abuso di sostanze e comportamenti delinquenziali
    • isolamento in casa (fobia sociale)
    • disturbi d’ansia e isterie di angoscia
    •  stati depressivi
    •  psicosi con dissociazioni e deliri persecutori. 

    L’incidenza del disturbo è stimata intorno all’1-5% dei ragazzi in età scolare. Non ci sono differenze di appartenenza socio-economica. A maggior rischio alcune delicate fasi di passaggio, quali l’inserimento nella scuola elementare (5-6 anni), il passaggio alle scuole medie (10-11 anni) o l’entrata alle superiori (13-14 anni). Ogni cambiamento di fascia scolare comporta infatti nuove aspettative e responsabilità (nuovi insegnanti, nuovi compagni, nuovo metro di giudizio, nuovi edifici, ecc.). In questi passaggi gli studenti possono provare insicurezza, senso di inadeguatezza, sfiducia nelle proprie capacità di inserimento sociale e di riuscita nello studio che appare più difficile e impegnativo rispetto agli anni precedenti. Maggiore è l’età nella quale si presenta la fobia scolare, più gravi sono le problematiche psicologiche che sottende: se la paura di andare a scuola può essere solo un segno di immaturità nel bambino di 3-4 anni, la stessa può essere segnale di un’importante sofferenza psicologica in un adolescente. Secondo le statistiche, la fobia della scuola colpisce soprattutto i maschi e più spesso figli unici, figli primogeniti o figli prediletti. Può coinvolgere tutti gli scolari, anche quelli con buoni risultati di profitto. La fobia scolare sembra infatti spesso immotivata in quanto si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi intelligenti e studiosi con buona resa scolastica, ed è spesso accompagnata da attività di studio elevati a casa: ulteriore dimostrazione di quanto il problema non sia da attribuire allo scarso interesse o allo scarso impegno. 

    Le cause vanno ricercate nell’intersecarsi di fattori biologici. Alcuni studi sulle famiglie e sui gemelli ipotizzano una vulnerabilità biologica di base per lo sviluppo di problemi emotivi, probabilmente connessa a labilità di sistemi neurotrasmettitoriali implicati nell’elaborazione di paura e ansia, come l’area dell’amigdala, e ambientali

    Ecco alcuni fattori predisponenti o scatenanti:

    • nascita di fratellino o sorellina (per un bambino che soffre di intensa gelosia può essere molto penoso lasciare in casa con i genitori i fratellini più piccoli)
    • ingresso in un nuovo ciclo scolastico
    • rientro a scuola dopo una lunga interruzione (per esempio vacanza prolungata, come la pausa estiva o natalizia, malattie, cause familiari)
    • trasloco
    • cambiamento di lavoro di un genitore
    • problemi di lavoro o economici in casa
    • vissuto di malattia (a ciò si collega il timore di non essere soccorso: molti bambini hanno paura delle malattie e/o della morte, e questa paura viene accentuata dalla assenza dei genitori che, ai loro occhi, sono i soli che possono soccorrerli e salvarli in caso di importante malessere)
    • morte di una persona cara o dell’animale di casa
    • separazione dei genitori
    • allontanamento o malattia di un genitore (il bambino può avere fantasie che un genitore possa partire e non tornare più o morire mentre lui è a scuola)
    • relazioni conflittuali in casa, esempio crisi coniugale, violenza domestica, ambivalenza e messaggi contraddittori nel comportamento dei genitori (da cui il bisogno di restare a casa per controllare la situazione)
    • problemi o difficoltà nell’integrazione, nella socializzazione e nella comunicazione e relazione con i coetanei e gli insegnanti, a seguito di eventi negativi realmente vissuti (episodi di bullismo, litigi con un insegnante) o immaginati (convinzione di non piacere, di non essere all’altezza, di essere preso di mira)
    • rimproveri e giudizi negativi da parte degli insegnanti (che creano una forte ansia da prestazione e paura del fallimento scolastico nel momento in cui assumono agli occhi degli allievi il ruolo di giudici severi del loro operato). 

    Fobia scolare: un fenomeno che si autosostiene

    Il meccanismo vizioso della fobia scolare consiste nel fatto che attraverso i comportamenti di evitamento e fuga si ottiene una riduzione dell’ansia, ma il rinforzo positivo che il bambino riceve nello stare a casa rende sempre più difficile affrontare la scuola. Il meccanismo si instaura in quanto l’ingresso nella scuola costringe il bambino a confrontarsi con ambienti, persone e situazioni notevolmente diversi e molto più complessi di quelli presenti in casa e famiglia. L’adattamento a questi cambiamenti richiede la messa in atto di specifiche abilità: bisogna ascoltare quanto spiegato, bisogna disegnare, scrivere, leggere, imparare e poi riferire quanto studiato, esercitare un notevole autocontrollo (es. non si esce dalla classe e non si va in bagno quando si vuole, non ci si alza dal banco senza l’autorizzazione dell’insegnante, non si gioca quando bisogna studiare, non si parla con gli altri compagni quando è in atto la lezione). Inoltre, il contesto scolastico giudica e valuta ogni comportamento e prestazione. Questa realtà, per sua natura difficile, può diventare angosciosa quando il bambino presenta delle sue proprie criticità che gli rendono insopportabile il carico dell’adattamento. 

    Sono quattro le principali ragioni per cui i bambini possono rifiutare la scuola, che identificano altrettanti profili funzionali, che è importante identificare ai fini dell’intervento:

    1)Bambini che evitano oggetti o situazioni che provocano ansia

    Una review britannica degli otto studi che hanno indagato le assenze scolastiche degli studenti, per un totale di 26mila giovani di età compresa tra i 5 e i 21 anni provenienti da quasi tutto il mondo, pubblicata su Child and AdolescentMental Health 2019, ha concluso che la scarsa frequenza scolastica o le assenze frequenti possono essere spia di una condizione ansiosa dello studente.

    Un tipo di ansia comune è legata alla paura di separazione dai genitori. Questa tipologia di ansia si manifesta soprattutto in tenera età, nei primi anni di scuola materna o elementare, quando la scuola può spaventare perché è un ambiente nuovo e ancora sconosciuto; tuttavia non è escluso che si manifesti anche in momenti successivi della crescita. La fobia scolastica associata all’ansia di separazione è una delle forme più comuni: l’entrata a scuola rappresenta il primo vero e proprio distacco dalla famiglia. Il 75% dei bambini che rifiutano la scuola avevano madri che a loro volta, nel periodo infantile, avevano rifiutato la scuola. E’ probabile che la madre trasmetta ansia al bambino rafforzando in lui il comportamento evitante e dipendente, per cui il rifiuto di andare a scuola rientrerebbe nel Disturbo d’ansia di separazione determinato dal distacco dalla madre. L’ansia e l’iperprotettività materna tendono a favorire nel bambino uno schema di sé fragile, insicuro e bisognoso di protezione, che mina il processo di separazione-individuazione del figlio legandolo ad una forma di rapporto dipendente che non stimola lo sviluppo di un’autostima adeguata. La reazione iperemotiva del bambino al distacco può essere in questi casi un riflesso del disagio della madre che teme l’allontanamento dal figlio, per la possibilità che gli succeda qualcosa di male e per l’angoscia di perdita che sente nel separarsi da lui. Spesso il padre in questi casi è poco presente e scarsamente rassicurante, lasciando il bambino privo di un modello di riferimento stabile. L’angoscia di separazione di per sé non è da considerarsi patologica: il distacco è un’esperienza fondamentale per lo sviluppo, e il raggiungimento dell’autonomia non può realizzarsi senza l’abbandono che è pertanto una condizione necessaria, ma diventa fobia se rappresenta un ostacolo nel riuscire a frequentare la scuola e persiste nel tempo. A volte i bambini di questa categoria di fobia scolare manifestano un’ansia generalizzata che va oltre la scuola e permea tutta la loro quotidianità.

    2)Bambini che non vanno a scuola per fuggire da situazioni sociali avverse o situazioni di valutazione cui non vogliono sottoporsi. In questa categoria di bambini la paura nasce da due tipi di condizioni:

    A)Situazioni scolastiche dove possa avvenire di riscuotere insuccesso ed essere derisi, avere un rendimento scolastico al di sotto delle attese, ricevere un giudizio negativo, non sentirsi capaci di un compito richiesto, esempio i timori legati alle interrogazioni e alle prestazioni scolastiche che in qualche modo comportino una condizione di giudizio (anche gare sportive scolastiche e le recite). In questa categoria rientrano a sua volta due categorie di bambini:

    • quelli che genitori spingono a primeggiare esigendo risultati elevati, il che comporta lo sviluppo di un “perfezionismo indotto”, con una rigidità verso se stessi che impedisce loro di perdonarsi anche piccoli insuccessi, favorendo la strutturazione di una personalità focalizzata su risultati, per cui il meccanismo scolastico, basato su regole, verifiche e confronti, li espone a una costante frustrazione delle proprie aspettative, una ripetuta ferita narcisistica che li porta a una costante svalutazione del Sé; 
    • quelli abituati a casa a uno stile educativo lassista, tollerante e poco autorevole, senza norme e limiti, regole e rimproveri, che inevitabilmente invece vengono dettati nell’ambito scolastico, dove degli adulti che rappresentano l’autorità si aspettano determinati comportamenti (fare i compiti, stare attenti, rimanere seduti, rispetto degli orari), e dai quali, non accettando il loro ruolo, si sentono ingiustamente presi di mira o malvoluti.

    B)Situazioni relative alle difficoltà di relazionarsi con i compagni, che includono la paura di essere rifiutato, escluso dal gruppo, preso in giro, maltrattato.

    Questa tipologia di fobia scolare interessa di solito bambini più grandi di quella precedente. Può trattarsi di esperienze negative vissute realmente, o interpretate come tali, oppure immaginate. 

    3)Bambini che rifiutano la scuola per ottenere attenzione dalle figure significative.

    In questo caso, i bambini utilizzano il rifiuto della frequentazione della scuola, di fare i compiti, di andare a letto presto, ecc. per attirare l’attenzione dei genitori. Le proteste, i comportamenti problematici e le somatizzazioni hanno lo scopo di tenere vicino le figure di attaccamento e ricevere protezione.

    4)Bambini che cercano di ottenere rinforzi e ricompense positive fuori dalla scuola.

    In tali casi, il rifiuto della scuola è mirato alla ricerca di altre gratificazioni extrascolastiche, attraverso attività alternative per loro più stimolanti e divertenti, come stare su internet, praticare sport, dormire, fare shopping, incontrare gli amici, fare abuso di sostanze o gioco d’azzardo, videogames. È frequente negli adolescenti o dopo pause in cui probabilmente il bambino ha avuto modo di sperimentare attività extrascolastiche più gratificanti. La fobia scolare, tuttavia, si discosta e si differenzia dal fenomeno dell’assenza ingiustificata, comportamento in cui nel bambino/ragazzo è assente la paura di frequentare la scuola e inoltre sono spesso associati comportamenti antisociali e mancanza di rispetto per regole, autorità e disciplina.

    Cosa devono consigliare i pediatri agli adulti di riferimento

    Genitori, insegnanti ed educatori devono cogliere i primi segnali di difficoltà scolastica del ragazzo e non confonderli con scarsa volontà e impegno. Può essere necessario il consulto di uno psicologo-psicoterapeuta. La terapia cognitiva-comportamentale si è dimostrata molto efficace come per tutti i disturbi di ansia. E’ necessario un lavoro di rete tra insegnanti- famiglia e psicoterapeuta con la messa in campo di una strategia comune con obiettivi condivisi. Il processo terapeutico è finalizzato a ridurre la sintomatologia ansiosa, contrastare l’evitamento scolastico, consolidare l’autostima, la spinta alla separazione e l’aumento delle capacità metacognitive, incentivare nel paziente la capacità di problem solving trovando alternative migliori del semplice non andare a scuola, migliorare la gestione della conflittualità familiare.

    Burnout, i consigli dello psicologo al pediatra

    Anche se in Italia il termine burnout è utilizzato quasi esclusivamente in ambito lavorativo, indicando una condizione di “logorio da affaticamento”, non né scorretto parlare di burnout scolastico

    Cosa possono fare i pediatri per prevenire o intercettare precocemente condizioni di burnout:

    • Fare attenzione all’eventuale presenza di disturbi della percezione, controllando che il bambino senta e veda bene. Problemi di vista e di udito emergono, di solito, nel corso dell’anno scolastico: intercettarli in anticipo serve a limitare disagi legati alle difficoltà di apprendimento.
    • Chiedere ai genitori l’eventuale comparsa di episodi di irritabilità, accompagnati da pianti e ira improvvisi. 
    • Monitorare anche il riposo notturno: difficoltà di addormentamento e/o continui risvegli possono essere indice di un eccessivo affaticamento diurno
    • Valutare, al contrario, se durante le vacanze estive il bambino non sia stato “abbandonato” ad un eccessivo riposo. Anche un’interruzione brusca delle attività per un periodo prolungato può contribuire ad un senso di eccessivo affaticamento alla ripresa delle attività scolastiche
    • Verificare se genitori e figli sono soliti litigare perché il bambino non vuole dedicarsi ai compiti scolastici assegnati per le vacanze. È bene che il pediatra spieghi ai genitori che la una regressione nelle competenze scolastiche può essere fisiologica dopo un prolungato periodo di vacanza. Poco dopo l’inizio della scuola il bambino riprenderà il ritmo e le capacità acquisite durante il precedente anno scolastico
    • Valutare l’insorgenza di disagi anche a ridosso del primo giorno di scuola o immediatamente dopo: segnalare l’eventuale comparsa di incubi o pavor notturni, che potrebbero indicare un’eccessiva preoccupazione per il nuovo anno scolastico
    • Invitare i genitori ad analizzare anche il proprio comportamento: stati eccessivi di ansia vengono inevitabilmente trasmessi ai propri figli. In letteratura è evidenziato come i genitori di figli con disabilità siano maggiormente esposti all’ansia. Per questo, è bene che i pediatri, durante le visite dei propri piccoli pazienti valutino anche lo stato d’animo delle mamme e dei papà
    • Specifici esercizi di rilassamento, come la mindfulness, possono efficacemente moderare l’affaticamento
    • Percorsi i psico-educazione possono aumentare e migliorare le competenze dei bambini, spesso stressati dal “non saper fare”. Seguendo tali percorsi possono imparare ad organizzarsi, a comunicare i propri bisogni, a relazionarsi meglio con il prossimo, ad elaborare un proprio metodo di studio efficace.
    • Anche la terapia razionale-emotiva risulta molto utile ed efficace in situazi
    Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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