Il reato di truffa per il medico è un caso atipico e la configurazione di questo avviene solo con l’avverarsi di determinate circostanze previste e punite dall’art. 640 c.p. e seguenti.
Indaghiamo quindi qual è l’ultimo caso che ha condotto la Corte di Cassazione alla pronuncia n. 19129 del 2023.
Il caso: la condanna di un professionista sanitario
Tutto nasce da una condanna in appello nei confronti di un professionista sanitario ritenuto responsabile per il reato di truffa aggravata, per aver effettuato prestazioni mediche a pagamento in regime privatistico presso l'ospedale in ambulatori privati, nonostante, quale dirigente medico dello stesso ospedale, avesse un rapporto di esclusiva percependo così la relativa indennità.
Ritenendo ingiusta la condanna, il medico si è dunque rivolto alla Cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per erronea applicazione della legge penale (art. 640, secondo comma, cod. pen.), mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità.
Alla base delle sue richieste l’omissione di valutazione dei documenti dimostrativi della insussistenza del reato di truffa, in particolare l'autorizzazione all'esercizio dell'attività professionale extra moenia presso le strutture indicate nel capo d'imputazione, rilasciata all'imputato dal direttore sanitario di presidio; il documento con ad oggetto la restituzione delle fatture non utilizzate, relative all'attività extra moenia, dimostrativa della conoscenza da parte della direzione sanitaria che i medici ivi indicati, fra cui l'imputato, esercitavano detta attività professionale con bollettari forniti dall'amministrazione. Tra l’altro, l'imputato ribadiva di aver sempre versato le somme derivanti dall'attività professionale extra moenia, non essendovi quindi stato alcun indebito arricchimento, con relativo danno per la pubblica amministrazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha, però, ritenuto il ricorso inammissibile, affermando "con motivazione logica e incensurabile, che quella evocata dalla difesa, rilasciata dal direttore sanitario senza alcuna delega del direttore generale, non era una efficace autorizzazione, tant'è che, prima del 2011, il medico era stato autorizzato a svolgere attività libero professionale ma solo intra moenia e per visite domiciliari, con provvedimento del direttore generale". Inoltre, "il pagamento della indennità mensile per le prestazioni (teoricamente) effettuate in regime di esclusività conforta ulteriormente la convinzione che non fosse a conoscenza del rilascio di una rituale autorizzazione che avrebbe automaticamente comportato una decurtazione stipendiale".
Motivi per i quali la sentenza impugnata è stata ritenuta del tutto legittima ed è stata quindi confermata.
Cosa bisogna imparare da questa pronuncia?
Innanzitutto, è bene tenere a mente che non è l’unica e sola pronuncia relativa al reato di truffa e che i casi che si sono verificati sono i più disparati, relativi a numerose sentenze che per completezza annoveriamo di seguito:
- Cassazione penale sent. n. 5053/2021;
- Cassazione penale sez. II, 28/05/2019, n.29628;
- Cassazione penale sez. VI, 05/03/2019, n.13411;
- Cassazione penale sez. II, 13/07/2018, n.38997;
- Cassazione penale sez. II, 18/01/2018, n.19707;
- Cassazione penale sez. II, 23/11/2016, n.6280;
- Cassazione penale sez. II, 17/06/2016, n.34773.
Quello che accomuna tutte le pronunce e che fa ricondurre il reato di truffa in capo ai medici riguarda elementi precisi. Prima di ogni cosa la volontarietà del fatto e la consapevolezza di usare artifici e raggiri e nella intenzione di indurre taluno in errore per procurarsi un ingiusto profitto con una verifica in concreto che deve rapportarsi all’azione delittuosa posta in essere. Tutte le condotte anche le più innocenti per cui Ignorantia legis non excusat, si traducono in un ingiusto profitto.
Nonostante l’ipotesi di buona fede del medico operante, considerato che la legge non ammette ignoranza, tutte le volte che si ha il dubbio è necessario consultarsi con un legale specializzato per fugare ogni dubbio e interrompere sul nascere qualche condotta illegittima che potrebbe portare ad una futura condanna.
In secondo luogo, è bene riuscire a non fare più del necessario per una serie di ordine di motivi che vanno dall’ingiusto arricchimento al bisogno di riposo che i medici debbono soddisfare per poter mantenere sempre alte le prestazioni.
In terzo luogo, la legge è uguale per tutti è un monito che dovrebbe indurre i medici ad essere curiosi, avere dubbi, informarsi costantemente anche sulle pronunce giurisprudenziali che riguardano il mondo sanità.