Il problema delle aggressioni sul luogo di lavoro, soprattutto a carico di medici e infermieri, è di recente stato al centro di numerosi fatti di cronaca e più volte le associazioni di categoria hanno reclamato una maggiore tutela, soprattutto nelle zone di maggiore rischio, chiedendo alle aziende sanitarie di proteggere i propri dipendenti mettendoli in condizioni di lavorare in sicurezza.
Gli elementi che sono emersi in talune sentenze sin dallo scorso anno hanno iniziato a delineare una responsabilità concreta proprio a carico del datore di lavoro pubblico o privato che non tuteli adeguatamente i propri dipendenti. In tal senso, giova sicuramente menzionare la sentenza 14556/17 della Corte di Cassazione che ha chiarito il perimetro delle responsabilità del datore di lavoro.
Cosa ha stabilito il Tribunale
Il Tribunale e in seguito la Corte d’appello non avevano accolto la domanda di un lavoratore che aveva chiesto la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico, morale, professionale e patrimoniale derivante da un’aggressione subita mentre prestava servizio come infermiere presso il Pronto soccorso dell'Azienda. La Corte di Cassazione ha però precisato che, "ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (Cass. n. 3788 del 2009, n. 2209 del 2016)".
La responsabilità dell’Azienda Sanitaria quindi è una conseguenza della mancata protezione del lavoratore che non si riscontra solo nella pedissequa applicazione delle norme di sicurezza previste dalla Legge, ma anche nella prevenzione legata alla specificità e peculiarità di talune mansioni lavorative. Ovviamente anche il lavoratore dovrà avere un atteggiamento di massima attenzione nei confronti di potenziali pericoli e dovrà farsi parte diligente nella segnalazione di tali circostanze al datore di lavoro che a sua volta dovrà sanare i deficit organizzativi al fine di tutelare concretamente i propri dipendenti (vedi anche Cass. Civ. Sez. Lav. 3977/2018 par. 5.6 in tema di danno da straining).
Ciò posto, dunque, sentenze come questa iniziano a far intravedere scenari interessanti per la tutela dei lavoratori a rischio. Infatti, se le Aziende non si doteranno delle misure di sicurezza necessarie potranno essere ritenute responsabili e risarcire i dipendenti vittime di aggressioni, ma dato l’aumento esponenziale degli episodi i costi potrebbero iniziare ad essere considerevoli e magari spingere il SSN finalmente a prendere misure di prevenzione. Per l’ennesima volta la tutela effettiva dei cittadini si realizza concretamente solo nelle aule dei Tribunali.