Obesità grave in età pediatrica: 5 segnali da riconoscere e strategie terapeutiche efficaci

Oltre 100.000 bambini in Italia soffrono di obesità grave. Secondo il documento condiviso da SIP, SIEDP e SICP, intervenire tra i 6 e i 9 anni può modificare il decorso della malattia. Presta attenzione a segnali come un aumento di peso prima dei 5 anni, iperfagia, dismorfismi, difficoltà cognitive e familiarità per forme genetiche.

Sommario

  1. I rischi dell’obesità grave: un pericolo per la salute generale
  2. Cinque segnali da non ignorare
  3. Quando si parla di obesità grave: i criteri diagnostici
  4. Perché intervenire tra i 6 e i 9 anni fa la differenza
  5. Le nuove opzioni terapeutiche e il ruolo della famiglia

Secondo i dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia oltre 100.000 bambini e adolescenti sotto i 17 anni convivono con una forma di obesità particolarmente precoce, persistente e rischiosa: l’obesità grave. Questa condizione riguarda almeno il 2,6% dei bambini di 8-9 anni.

I rischi dell’obesità grave: un pericolo per la salute generale

L’obesità grave è associata a gravi complicanze metaboliche e psicologiche. Tra le principali si segnalano ipertensione arteriosa, diabete di tipo 2, dislipidemia, steatosi epatica (fegato grasso), ma anche disturbi psicologici come ansia, isolamento sociale e bassa autostima. Secondo gli esperti, nei casi non trattati, la riduzione dell’aspettativa di vita può superare i 15 anni rispetto ai coetanei normopeso.

Cinque segnali da non ignorare

Secondo il documento condiviso dalle società scientifiche SIP, SIEDP e SICP, è fondamentale agire tempestivamente se si osservano alcuni segnali clinici, tra cui:

  • Esordio precoce con un aumento di peso significativo prima dei 5 anni
  • Presenza di disturbi cognitivi associati alla condizione
  • Disarmonie fisiche o dismorfismi, come tratti particolari del volto o del corpo
  • Iperfagia, ovvero fame intensa e continua non regolata dal senso di sazietà
  • Familiarità per patologie genetiche, malattie endocrine o uso cronico di farmaci

Questi elementi possono suggerire la presenza di forme secondarie o genetiche di obesità, che richiedono un approfondimento specialistico.

Quando si parla di obesità grave: i criteri diagnostici

L’obesità grave si definisce quando l’indice di massa corporea (BMI) supera il 99° percentile per età e sesso, secondo i parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Un segnale facilmente osservabile anche in famiglia è il rapporto vita/statura: se la circonferenza vita supera il 50% dell’altezza è un campanello d’allarme, mentre se supera il 60%, il rischio è molto elevato.

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Perché intervenire tra i 6 e i 9 anni fa la differenza

Numerosi studi dimostrano che programmi intensivi di modifica dello stile di vita riescono a ridurre il BMI in oltre la metà dei bambini tra i 6 e i 9 anni. Tuttavia, dopo i 14 anni, soltanto il 2% degli adolescenti risponde efficacemente agli interventi. L’intervento precoce è quindi cruciale per cambiare il decorso clinico di questi giovani pazienti.

Terapie e percorsi: cosa funziona davvero

Il trattamento dell’obesità grave deve essere multidisciplinare, personalizzato e prevedere un monitoraggio continuo nel tempo. È importante evitare diete fai-da-te o farmaci non prescritti, e privilegiare un approccio che coinvolga nutrizionisti, psicologi, medici di medicina generale e pediatri. La terapia cognitivo-comportamentale, soprattutto se rivolta all’intera famiglia, si è dimostrata più efficace della sola dieta, aiutando a modificare comportamenti disfunzionali legati al cibo e a rafforzare la motivazione.

Le nuove opzioni terapeutiche e il ruolo della famiglia

Tra le novità validate, anche per gli adolescenti, ci sono gli agonisti del recettore GLP1, già usati negli adulti e ora prescrivibili dai 12 anni in presenza di complicanze. Infine, è bene ricordare che i bambini apprendono per imitazione, perciò promuovere stili di vita sani in famiglia, con un’alimentazione equilibrata e attività fisica regolare, è la base imprescindibile della prevenzione. 

Di: Viviana Franzellitti, giornalista

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