Guida allo smaltimento dei rifiuti medici negli studi di medicina

Come devono essere smaltiti i rifiuti medici negli studi di Medicina? Scoprilo con la guida di Consulcesi Club.

Non esiste un vero e proprio Testo Unico che disciplini lo smaltimento dei rifiuti all’interno di uno studio medico.

Quando viene avviato uno studio professionale avente ad oggetto attività sanitaria, perciò, il medico dovrà barcamenarsi tra le seguenti leggi:

  • Decreto legislativo n. 22/1997;
  • D.P.R. n. 254/2003;
  • Il d.lgs. n. 152/06.

Il Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 reca l’attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.

Il D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 contiene il regolamento recante la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari.

Il decreto legislativo n. 152/2006 contiene il Codice dell’Ambiente.

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Come devono essere smaltiti i rifiuti medici negli studi di Medicina? Scoprilo con la guida di Consulcesi Club.

I rifiuti sanitari: definizione

I rifiuti derivanti da attività sanitarie sono inquadrati tra i rifiuti speciali (art. 184 Codice dell’Ambiente), vengono considerati pericolosi e devono essere smaltiti tramite conferimento a ditte autorizzate ovvero al servizio pubblico, tramite apposita convenzione.

Nello specifico, i rifiuti si distinguono in:

  1. Rifiuti sanitari, 
  2. Rifiuti sanitari non pericolosi,
  3. Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo,
  4. Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo,
  5. Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani,
  6. Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione,
  7. Rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo.

I rifiuti sanitari sono quelli che derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e ricerca ed erogano le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (ad esempio gli ospedali).

La normativa, per quanto concerne i rifiuti sanitari pericolosi e no, reca un elenco esemplificativo che li distingue in base al rischio infettivo e alla pericolosità.

Sono considerati rifiuti sanitari pericolosi, a titolo esemplificativo:

  • Assorbenti igienici, pannolini pediatrici e pannoloni,
  • Bastoncini cotonati per colposcopia e pap-test,
  • Bastoncini oculari non sterili,
  • Bastoncini oftalmici di TNT,
  • Cannule e drenaggi,
  • Cateteri, raccordi, sonde,
  • Circuiti per circolazione extracorporea,
  • Cuvette monouso per prelievo bioptico endometriale,
  • Deflussori,
  • Fleboclisi contaminate,
  • Filtri di dialisi e filtri esausti provenienti da cappe,
  • Guanti monouso,
  • Materiale monouso (vials, pipette, provette, indumenti protettivi, mascherine, occhiali, telini, lenzuola, calzari, seridrape, soprascarpe, camici),
  • Materiale per medicazione (garze, tamponi, bende, cerotti, lunghette, maglie tubolari),
  • Sacche (per trasfusioni, urina stomia, nutrizione parenterale),
  • Set di infusione,
  • Sonde rettali e gastriche,
  • Sondini,
  • Spazzole e cateteri per prelievo citologico,
  • Speculum auricolare monouso,
  • Speculum vaginale,
  • Suturatrici automatiche monouso,
  • Gessi o bendaggi,
  • Denti e piccole parti anatomiche non riconoscibili,
  • Lettiere per animali da esperimento,
  • Contenitori vuoti di vaccini ad antigene vivo,
  • Rifiuti di gabinetti dentistici,
  • Rifiuti di ristorazione ospedaliera,
  • Spazzatura ospedaliera
  • Piastre, terreni di colture e altri presidi utilizzati in microbiologia e contaminati da agenti patogeni,
  • Aghi, siringhe, lame, vetri, pungidito, venflon, testine, rasoi e bisturi monouso usati.

Gli aghi, le siringhe, le lame e i rasoi non utilizzati, nonché le sostanze chimiche di scarto dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate, e i farmaci scaduti o di scarto (esclusi i medicinali citotossici e citostatici) sono dei rifiuti non pericolosi.

In generale, sono rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo:

  • I medicinali citotossici e citostatici dal settore sanitario, veterinario o da attività di ricerca collegate,
  • Le sostanze chimiche di scarto dal settore sanitario, veterinario o da attività di ricerca colelgate, pericolose o contenenti sostanze pericolose,
  • I rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici,
  • Gli oli per circuiti idraulici contenenti PCB,
  • Gli oli minerali per circuiti idraulici, clorurati o non clorurati,
  • Gli oli sintetici per circuiti idraulici,
  • Gli oli per circuiti idraulici facilmente biodegradabili,
  • Gli altri oli per circuiti idraulici,
  • Le soluzioni fissative,
  • Le soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa,
  • I materiali isolanti contenenti amianto,
  • Le lampade fluorescenti,
  • Le batterie al piombo, al nichel-cadmio e quelle contenenti mercurio.

In linea di principio, sono rifiuti pericolosi a rischio infettivo:

  1. Tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4;
  2. I rifiuti sanitari che provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati, ovvero siano contaminati da sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile, feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti, liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico;
  3. I rifiuti provenienti da attività veterinaria che siano stati contaminati da agenti patogeni per l’uomo o gli animali oppure siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per il quale sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.

Anche i tessuti, gli organi e le parti anatomiche non riconoscibili, nonché le sezioni di animali da esperimento, in quanto rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione, vengono considerati a rischio infettivo.

Sono rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani, quindi assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione degli ordinari rifiuti urbani:

  1. i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie;
  2. i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui;
  3. vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e per quantità siano assimilati agli urbani;
  4. la spazzatura;
  5. indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi;
  6. i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'ambito delle strutture sanitarie;
  7. i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine;
  8. i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani. 

I contenitori vuoti di farmaci umani e veterinari, dei prodotti ad azione disinfettante, di medicinali veterinari prefabbricati, di premiscele per alimenti medicamentosi, di vaccini ad antigene spento, di alimenti e bevande, di soluzioni per infusione, sono anch’essi assimilati ai rifiuti urbani.

Sono rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione, invece, le seguenti categorie di rifiuti sanitari:

  • farmaci scaduti o inutilizzabili;
  • medicinali citotossici e citostatici per uso umano o veterinario ed i materiali visibilmente contaminati che si generano dalla manipolazione ed uso degli stessi;
  • organi e parti anatomiche non riconoscibili;
  • piccoli animali da esperimento;
  • sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.

Sono rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo quelli prodotti presso laboratori di analisi microbiologiche di alimenti, di acque, o di cosmetici, presso industrie di emoderivati, istituti estetici e similari.

La gestione e smaltimento dei rifiuti sanitari non pericolosi e di quelli non a rischio infettivo

Per questa tipologia di rifiuto è bene distinguere l’ipotesi dello studio medico del singolo libero professionista da quello dello studio medico il cui esercizio sia assimilabile ad attività di impresa (ad esempio poliambulatorio).

Nel caso di singolo professionista, non sussiste alcun obbligo di tenuta del registro di carico e scarico né di redazione del M.U.D. per la comunicazione annuale al catasto rifiuti. Il registro di carico e scarico è sostituito dalla conservazione, in ordine cronologico e per 5 anni, delle copie dei formulari di identificazione dei rifiuti speciali che competono al produttore del rifiuto.

Il formulario deve essere compilato in quadruplice copia e deve contenere i seguenti dati:

  1. Produttore/Detentore: dati identificativi del produttore o detentore che effettua la spedizione dei rifiuti,
  2. Destinatario: dati dell’impresa che effettua le operazioni di recupero o smaltimento,
  3. Trasportatore del rifiuto: dati relativi all’impresa che effettua il trasporto del rifiuto,
  4. Caratteristiche del rifiuto: dati relativi ai rifiuti trasportati, con indicazione della corretta nomenclatura del rifiuto, del codice identificativo CER e delle caratteristiche fisiche del rifiuto,
  5. Rifiuto destinato a: indicare se il rifiuto è destinato a operazioni di recupero di smaltimento,
  6. Quantità: riportare la quantità di rifiuti espressa in Kg (chilogrammi) o in l (litri); nel caso in cui non si possa pesare preventivamente il rifiuto, apporre un peso presunto in Kg e barrare la casella “peso da verificarsi a destino”,
  7. Percorso: da compilarsi solo nel caso in cui il percorso sia diverso da quello più breve,
  8. Trasporto sottoposto a normativa ADR/RID: indicare se il rifiuto è soggetto o meno a norme su trasporto ADR/RID,
  9. Firme: va apposta la firma del produttore/detentore per l’assunzione di responsabilità del contenuto del formulario,
  10. Nome e cognome del conducente: compilare (possibilmente in stampatello leggibile) con nome e cognome del conducente, identificativo del mezzo di trasporto, data e ora di partenza,
  11. Riservato al destinatario: il destinatario dei rifiuti avrà cura di compilare questa parte indicando se il carico è stato accettato o respinto; se il carico è stato accettato, saranno inserite data, ora, firma e quantità di rifiuti ricevuta; se il carico è stato invece respinto, verranno indicate le motivazioni.

Diversa è, invece, l’ipotesi di studio professionale assimilabile ad attività di impresa.

In quest’ultimo caso, dovrà essere garantita, oltre alla tracciabilità del rifiuto mediante F.I.R., la tenuta del registro di carico e scarico e l’invio annuale al catasto rifiuti del M.U.D.

Il registro cronologico di carico e scarico

Il registro cronologico di carico e scarico, da compilare entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto, deve essere conservato per cinque anni, e reca l’annotazione delle tipologie, caratteristiche e quantità di rifiuti.

Tali dati sono molto importanti, perché saranno poi utilizzati per l’annuale comunicazione al catasto.

Il registro si compone di cinque colonne:

PRIMA COLONNA: vengono indicate le operazioni di carico e scarico cui si riferisce la registrazione con l’indicazione del numero progressivo e della data della registrazione;

SECONDA COLONNA: vanno riportate le caratteristiche del rifiuto (codice CER, descrizione rifiuto, stato fisico, la classe di pericolosità, la destinazione del rifiuto);

TERZA COLONNA: indicare la quantità di rifiuti caricati o scaricati espressi in Kg o litri o metri cubi. Ove non sia possibile verificare l’effettivo quantitativo di rifiuto occorre stimare il quantitativo caricato riportando nella quinta colonna la dicitura “quantitativo stimato – peso da verificarsi a destino”. In tal caso entro dieci giorni lavorativi dal ricevimento della quarta copia del formulario, deve essere riportata, sempre nella quarta colonna, la dicitura “peso verificato a destino ____”. Se anche il trasportatore non effettua la pesata del rifiuto ma ne stima il quantitativo, occorre che la stima di quest’ultimo e del produttore coincidano;

QUARTA COLONNA: va compilata solo il soggetto che effettua attività di manutenzione a reti diffuse sul territorio o se si utilizzano società di intermediazione o commerciali per la presa in carico o l’uscita del rifiuto dall’Impianto di Produzione;

QUINTA COLONNA: è destinata ad eventuali annotazioni, come ad esempio “peso da verificarsi a destino” oppure “peso verificato a destino Kg ____”, oppure per l’annotazione di eventuali correzioni di errori commessi nella compilazione del registro.

Il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (M.U.D.)

Il Modello Unico di Dichiarazione ambientale serve per denunciare i rifiuti prodotti, trasportati, intermediati, smaltiti e avviati al recupero nell’anno precedente la dichiarazione.

Il M.U.D. va presentato entro il 30 aprile di ogni anno alla Camera di Commercio competente per territorio.

Il modello va trasmesso per via telematica tramite il portale www.mudtelematico.it. Attualmente, a decorrere dal 12 dicembre 2022, l’accesso al portale è stato sospeso, e sarà riattivato per l’invio delle comunicazioni 2023: aggiornamenti sulla riattivazione saranno disponibili sul sito www.ecocamere.it

Come smaltire i rifiuti dello studio medico non assimilabili ai rifiuti urbani

Come abbiamo visto, non tutti i rifiuti medici sono assimilabili ai rifiuti urbani, e in quanto tali necessitano di diverse modalità di conservazione e smaltimento.

I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono essere smaltiti tramite termodistruzione in impianti appositamente autorizzati, quali:

  • impianti di incenerimento di rifiuti urbani e impianti di incenerimento di rifiuti speciali,
  • impianti di incenerimento dedicati.

Nel caso di impianti di incenerimento promiscui (rifiuti urbani e speciali insieme), i rifiuti speciali sono introdotti direttamente nel forno senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti, e alla bocca del forno è ammesso il carico contemporaneo con altre categorie di rifiuti.

I rifiuti derivanti da sostanze stupefacenti o psicotrope, invece, devono essere smaltiti in appositi impianti di incenerimento appositamente autorizzati.

Lo smaltimento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo va diviso in quattro fasi:

  • deposito temporaneo,
  • deposito preliminare,
  • raccolta,
  • trasporto dei rifiuti.

Durante l’intero ciclo, il rifiuto pericoloso deve essere inserito in un apposito imballaggio a perdere, anche flessibile, su cui sia ben visibile la scritta “Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo” e il simbolo del rischio biologico.

Se invece si tratta di rifiuti taglienti o pungenti (pensiamo agli aghi usati per fare i vaccini), l’imballo deve recare la scritta “Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo taglienti e pungenti”.

Gli imballaggi devono avere caratteristiche che li rendano idonei a resistere a urti e sollecitazioni che possono subire durante la movimentazione e il trasporto, e devono essere realizzati in un colore adatto a distinguerli dagli imballaggi utilizzati per il conferimento delle altre tipologie di rifiuti.

I rifiuti così imballati dovranno poi essere inseriti in un secondo contenitore rigido esterno, recante le stesse scritte dei contenitori flessibili.

Dal momento in cui i contenitori “rigidi” vengono chiusi con all’interno l’imballaggio flessibile, si determina la creazione del rifiuto vero e proprio, e inizia a decorrere il tempo per il deposito temporaneo.

Il deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo deve essere effettuato in condizioni tali da non causarne alterazioni e può avere una durata massima di cinque giorni dalla chiusura del contenitore, esteso a trenta giorni per quantitativi inferiori a 200 litri.

Il deposito preliminare di questa particolare tipologia di rifiuto non deve, di norma, superare i cinque giorni.

La durata massima del deposito, in ogni caso, viene fissata nel provvedimento di autorizzazione, e può anche essere previsto l’utilizzo di sistemi refrigeranti che evitino l’alterazione del contenuto degli imballaggi.

I farmaci scaduti, quali rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione e smaltimento, devono essere smaltiti in impianto di incenerimento; anche in questo caso, lo studio dovrà dotarsi di apposito contenitore fornito da ditta specializzata.

Lo smaltimento dei rifiuti urbani

Per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti non speciali di uno studio medico, valgono le regole del singolo Comune ove lo studio è ubicato.

Consigli finali

I Comuni potrebbero prevedere nei singoli regolamenti rifiuti delle speciali tariffe per la gestione dei rifiuti solidi urbani per i produttori di rifiuti speciali.

È consigliabile, perciò, che lo studio medico si rivolga sempre, per una migliore gestione dei rifiuti, al proprio Comune e alla ditta che gestisce lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sul territorio. La ditta, infatti, potrebbe essere specializzata anche nello smaltimento dei rifiuti sanitari e riservare particolari condizioni agli studi medici del territorio.

È inoltre importante verificare che la ditta cui ci si rivolge per lo smaltimento dei rifiuti sanitari sia dotata di tutte le autorizzazioni necessarie per trattare questa particolare tipologia di rifiuto.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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