Abbiamo più volte trattato in questa sede il tema dei turni massacranti degli operatori sanitari, sottolineando come in ambito processuale spesso emergano situazioni molto gravi, che testimoniano non solo il mancato godimento della vita privata da parte del lavoratore, ma anche il verificarsi di danni irreparabili la sua salute, talvolta fino alle più estreme conseguenze.
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 17976/22 riporta proprio uno di questi casi in cui un medico a causa di turni massacranti ha subito gravi danni alla propria salute e dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme sulle conseguenze che può comportare la mancanza di una presa di posizione seria e costruttiva da parte delle istituzioni su questo tema.
Il caso: i turni massacranti come conseguenza delle carenze organizzative
Il caso trae origine dalla vicenda di un dirigente medico responsabile dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia di un piccolo presidio ospedaliero che aveva promosso domanda di risarcimento danni ex art. 2087 c.c. nei confronti dell’azienda sanitaria sua datrice di lavoro per aver dovuto garantire, a seguito delle gravi carenze organizzative della struttura, turni di reperibilità ritenuti massacranti (addirittura per 365 giorni l’anno!) tali da avergli provocato un infarto.
La domanda veniva respinta in primo grado, ma la Corte di Appello riformava la sentenza accogliendo la domanda risarcitoria e ritenendo, sulla base di una consulenza tecnica sulle condizioni di salute del medico che, le modalità lavorative del dipendente erano da considerarsi una concausa efficiente e determinate dell’infarto. Si rilevava, infatti, che l’Azienda non avesse adottato quelle misure organizzative idonee a garantire l’integrità fisica del lavoratore, né implementato l’organico così da garantire una corretta fruizione dei turni di riposo previsti dalla contrattazione collettiva.
Le motivazioni del ricorso in Cassazione dell’Azienda
L’azienda soccombente presentava ricorso in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. nonché dei principi in materia di onere della prova, sostenendo, dunque, che l’infarto non fosse stato causato da un eccesso di ore di lavoro in virtù:
- del ridotto bacino di utenza del presidio cui era addetto il medico;
- della predisposizione che il soggetto aveva già per le malattie cardiovascolari;
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha recisamente respinto il motivo di ricorso confermando la correttezza del ragionamento logico giuridico assunto in sede di appello che a fronte delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, ha riconosciuto l’esistenza di un valido nesso causale fra la patologia insorta nel dirigente medico e lo stress occupazionale patito per aver dovuto rispettare turni di reperibilità in misura di gran lunga superiore a quella prevista dal CCNL di comparto, senza poter fruire dei previsti riposi settimanali.
L’esistenza di un quadro clinico pregresso del lavoratore non è stata ritenuta rilevante rispetto all’infarto, avendo la Corte di Appello dato prevalenza alla deteriore situazione lavorativa in cui versava il dipendente.
Le conseguenze dirette e indirette dei turni massacranti
La vicenda di cui si è occupata la Corte di Cassazione è una delle tante che testimoniano le conseguenze dirette dei turni massacranti sugli operatori sanitari, che soprattutto nell’ambito del SSN si trovano nell’impossibilità di godere del proprio tempo libero e spesso risentono fisicamente dello stress accumulato dalle numerose ore di lavoro. Peraltro, proprio su questo tema l’Italia era stata sottoposta dalla Commissione europea ad una procedura d’infrazione nel maggio del 2013 ed era scampata alle sanzioni economiche, eliminando le normative che derogavano ai limiti degli orari di lavoro per tutti gli operatori sanitari, senza però avviare alcuna procedura di controllo sull’effettiva situazione all’interno delle strutture, per accertarsi che quanto indicato nelle normative fosse poi effettivamente realizzato concretamente nell’ambito delle aziende sanitarie.
A questo si devono aggiungere le conseguenze che, potremmo definire indirette, e che si possono verificare sui pazienti: un medico ligio, diligente, formato e attento dopo molte ore di lavoro come qualunque essere umano è stanco, e questo può aumentare di molto il rischio di errore nello svolgimento delle attività.
La questione dei turni massacranti, dunque, è un tema che interessa indubbiamente la categoria degli operatori sanitari, ma anche l’intera collettività e per questo è opportuno che le istituzioni preposte lo valutino con maggiore attenzione e attuino le soluzioni utili per arginarlo, prima fra tutte l’aumento di personale nell’ambito del servizio sanitario nazionale.