Riforma Case Comunità: personale, organizzazione e funzionamento

Finanziate dal PNRR con 2 miliardi di euro, le Case di Comunità sono il pilastro di una sanità pubblica più vicina, integrata e umana. Tra servizi, personale e obiettivi, ecco come funzionano e dove stanno nascendo in Italia.

Sommario

  1. Quali sono gli obiettivi delle Case di Comunità?
  2. Come sono organizzate internamente le Case di Comunità?
  3. Chi lavora nelle Case di Comunità?
  4. Quali sono i servizi offerti e come si differenziano le tipologie di Case di Comunità?
  5. In cosa si distinguono le Case di Comunità dagli Ospedali di Comunità?
  6. Quante strutture sono già attive sul territorio?
  7. Qual è il legame tra Case di Comunità e città di prossimità?

Le Case di Comunità sono strutture sociosanitarie territoriali progettate per garantire un’assistenza più vicina, accessibile e integrata alla popolazione. Introdotte dal decreto interministeriale del 23 maggio 2022 e finanziate attraverso il PNRR con un investimento di 2 miliardi di euro, queste strutture devono essere presenti in ogni Distretto sanitario (uno ogni 40-50 mila abitanti). Sono concepite come punti fisici facilmente accessibili, dove i cittadini possono rivolgersi per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria.

Le Case di Comunità rappresentano una naturale evoluzione delle precedenti “Case della Salute”, ponendosi come nuovi pilastri dell’assistenza di prossimità.

Quali sono gli obiettivi delle Case di Comunità?

Le Case di Comunità vogliono essere il primo punto di contatto tra il cittadino e il sistema sanitario pubblico. Sono pensate per offrire assistenza continuativa, anche 24 ore su 24, con presenza medica e infermieristica. L’obiettivo principale è quello di dare risposte adeguate, tempestive e personalizzate alle esigenze sanitarie della popolazione, in particolare dei soggetti fragili e dei pazienti cronici.

Le finalità includono: migliorare la presa in carico con un approccio multidisciplinare, favorire l’integrazione tra servizi territoriali e ospedalieri, ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere e promuovere la salute a livello locale.

Come sono organizzate internamente le Case di Comunità?

La struttura delle Case di Comunità è articolata in diverse aree funzionali. Vi è un Punto Unico di Accesso (PUA) per la prima accoglienza e i servizi amministrativi, collegato ai sistemi CUP per prenotazioni e gestione delle visite. L’assistenza primaria è garantita dai medici di medicina generale e dai pediatri, con servizi infermieristici dedicati e continuità assistenziale tramite Guardia Medica. Sono previsti inoltre servizi di specialistica ambulatoriale, diagnostica di base, prevenzione, e integrazione con i servizi sociali e le realtà territoriali.

Chi lavora nelle Case di Comunità?

Le Case di Comunità ospitano team multidisciplinari composti da medici di base, pediatri, specialisti ambulatoriali, infermieri di famiglia o di comunità, psicologi, ostetrici, assistenti sociali, professionisti della riabilitazione e della prevenzione, tecnici e personale amministrativo. L’organizzazione si basa su un’equipe integrata, con un forte raccordo anche con le farmacie e altri attori esterni. Questo modello garantisce sinergia tra le competenze e permette una presa in carico globale del cittadino.

Quali sono i servizi offerti e come si differenziano le tipologie di Case di Comunità?

Le Case di Comunità seguono il modello “hub & spoke”. Ogni struttura, indipendentemente dalla tipologia, deve garantire servizi essenziali come cure primarie, assistenza domiciliare, specialistica ambulatoriale, servizi infermieristici, integrazione sociale e partecipazione della comunità.

Le Case di Comunità hub, destinate a circa 40-50 mila abitanti, offrono un ampio ventaglio di servizi: presenza medica h24, infermieristica h12 (consigliata h24), diagnostica di base, punto prelievi, attività consultoriali e per minori.

Le spoke, invece, sono strutture territoriali con meno vincoli, garantendo comunque cure primarie, specialistica di base e assistenza domiciliare, con presenza medica e infermieristica h12 per 6 giorni su 7.

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In cosa si distinguono le Case di Comunità dagli Ospedali di Comunità?

Pur facendo parte dello stesso modello organizzativo di prossimità, le Case e gli Ospedali di Comunità svolgono funzioni differenti. Le prime forniscono risposte a bassa soglia, multidimensionali e continuative, mentre gli Ospedali della Comunità (OdC) si occupano di ricoveri brevi a bassa intensità, tra la dimissione ospedaliera e il ritorno a domicilio.

Gli OdC hanno una funzione intermedia e sono dotati di circa 20 posti letto ogni 100 mila abitanti, con una dotazione minima di personale sanitario (infermieri, OSS, medico per 4,5 ore al giorno, 6 giorni su 7). Servono a evitare ricoveri ospedalieri inappropriati o a gestire dimissioni protette.

Quante strutture sono già attive sul territorio?

Secondo il monitoraggio di Agenas aggiornato a giugno 2023, erano attive 187 Case di Comunità in Italia, mentre gli Ospedali di Comunità operativi erano 76. L’obiettivo, previsto per il 2026, è quello di attivare circa 1.300 Case di Comunità su tutto il territorio nazionale, per garantire una copertura capillare dei servizi e un accesso più equo all’assistenza sanitaria.

Qual è il legame tra Case di Comunità e città di prossimità?

Il concetto di Case di Comunità si integra perfettamente con quello di città di prossimità: modelli urbani in cui tutti i servizi essenziali sono accessibili a piedi o in bicicletta. Le Case di Comunità favoriscono questa visione attraverso la loro funzione di presidio territoriale sanitario e sociale, migliorando il benessere collettivo, la prevenzione, l’invecchiamento attivo e la coesione sociale.

In questo modo, diventano non solo luoghi di cura, ma anche motori di rigenerazione urbana e partecipazione civica, contribuendo alla sostenibilità dei sistemi sanitari e dei contesti urbani.

Di: Arnaldo Iodice, giornalista

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