Lo smaltimento dei rifiuti sanitari negli studi medici
12/01/2023
Il tema dello smaltimento dei rifiuti sanitari in uno studio medico è molto importante per tutti i professionisti sanitari. Nonostante non esista un Testo Unico che lo disciplini, vi sono leggi e criteri specifici da seguire per una corretta gestione.

Sommario
Lo smaltimento dei rifiuti, a tutti i livelli e per tutti i settori, è un tema cruciale in un momento in cui la tutela e la salvaguardia dell’ambiente sono sempre più relazionati al benessere anche fisico di tutta la popolazione. Tuttavia, da un punto di vista normativo, non esiste un vero e proprio Testo Unico che disciplini lo smaltimento dei rifiuti all’interno di uno studio medico. Quando viene avviato uno studio professionale avente ad oggetto attività sanitaria, perciò, il professionista sanitario dovrà barcamenarsi tra queste leggi:
- Decreto legislativo n. 22/1997 che reca l’attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio
- P.R. n. 254/2003 che contiene il regolamento recante la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari
- lgs. n. 152/06 che contiene il Codice dell’Ambiente
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I rifiuti sanitari: definizione e categorie
I rifiuti derivanti da attività sanitarie sono inquadrati tra i rifiuti speciali (art. 184 Codice dell’Ambiente), vengono considerati pericolosi e devono essere smaltiti tramite conferimento a ditte autorizzate ovvero al servizio pubblico, tramite apposita convenzione.
Nello specifico, i rifiuti si distinguono in:
- Rifiuti sanitari
- Rifiuti sanitari non pericolosi
- Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo
- Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo
- Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani
- Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione
- Rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo
I rifiuti sanitari sono quelli che derivano da strutture pubbliche e private che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e ricerca ed erogano le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (ad esempio gli ospedali). La normativa, per quanto concerne i rifiuti sanitari pericolosi e non e reca un elenco esemplificativo che li distingue in base al rischio infettivo e alla pericolosità.
Sono considerati rifiuti sanitari pericolosi ad esempio gli assorbenti igienici, pannolini pediatrici e pannoloni, le cannule e drenaggi, tutto il materiale monouso come guanti, camici, provette e il materiale per la medicazione, i sondini e i deflussori, ma anche i rifiuti da ristorazione ospedaliera.
Gli aghi, le siringhe, le lame e i rasoi non utilizzati, nonché le sostanze chimiche di scarto dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate, e i farmaci scaduti o di scarto (esclusi i medicinali citotossici e citostatici) sono dei rifiuti non pericolosi.
In generale, sono ritenuti rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo i medicinali citotossici e citostatici dal settore sanitario, sostanze chimiche di scarto dal settore sanitario pericolose o contenenti sostanze pericolose, gli oli per circuiti idraulici contenenti PCB.
Sono invece considerati rifiuti pericolosi a rischio infettivo tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4; i rifiuti sanitari che provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati, ovvero siano contaminati da sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile, feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti, liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico; i rifiuti provenienti da attività veterinaria che siano stati contaminati da agenti patogeni per l’uomo o gli animali oppure siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per il quale sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.
Anche i tessuti, gli organi e le parti anatomiche non riconoscibili, nonché le sezioni di animali da esperimento, in quanto rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione, vengono considerati a rischio infettivo.
Sono rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani, quindi assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione degli ordinari rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani.
Rientrano nella categoria dei rifiuti urbani, inoltre, anche i contenitori vuoti di farmaci umani e veterinari, dei prodotti ad azione disinfettante, di medicinali veterinari prefabbricati, di premiscele per alimenti medicamentosi, di vaccini ad antigene spento, di alimenti e bevande, di soluzioni per infusione, sono anch’essi assimilati ai rifiuti urbani.
Vi sono poi rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione come farmaci scaduti o inutilizzabili, organi e parti anatomiche non riconoscibili o sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.
Sono rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo quelli prodotti presso laboratori di analisi microbiologiche di alimenti, di acque, o di cosmetici, presso industrie di emoderivati, istituti estetici e similari.
Come smaltire i rifiuti sanitari non pericolosi e non a rischio infettivo?
Per questa tipologia di rifiuto è bene distinguere l’ipotesi dello studio medico del singolo libero professionista da quello dello studio medico il cui esercizio sia assimilabile ad attività di impresa (ad esempio poliambulatorio). Nel caso di singolo professionista, non sussiste alcun obbligo di tenuta del registro di carico e scarico né di redazione del M.U.D. per la comunicazione annuale al catasto rifiuti. Il registro di carico e scarico è sostituito dalla conservazione, in ordine cronologico e per 5 anni, delle copie dei formulari di identificazione dei rifiuti speciali che competono al produttore del rifiuto.
Il formulario deve essere compilato in quadruplice copia e deve contenere alcuni dati essenziali, fra i quali ovviamente la tipologia e la quantità del rifiuto con indicazione della corretta nomenclatura del rifiuto, del codice identificativo CER e delle caratteristiche fisiche del rifiuto. Il registro cronologico di carico e scarico, da compilare entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto, deve essere conservato per cinque anni, e reca l’annotazione delle tipologie, caratteristiche e quantità di rifiuti.
Tali dati sono molto importanti, perché saranno poi utilizzati per l’annuale comunicazione al catasto.
Il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (M.U.D.)
Il Modello Unico di Dichiarazione ambientale serve per denunciare i rifiuti prodotti, trasportati, intermediati, smaltiti e avviati al recupero nell’anno precedente la dichiarazione. Il M.U.D. va presentato entro il 30 aprile di ogni anno alla Camera di Commercio competente per territorio.
Il modello va trasmesso per via telematica tramite il portale www.mudtelematico.it. Attualmente, a decorrere dal 12 dicembre 2022, l’accesso al portale è stato sospeso, e sarà riattivato per l’invio delle comunicazioni 2023: aggiornamenti sulla riattivazione saranno disponibili sul sito www.ecocamere.it
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Come smaltire i rifiuti dello studio medico non assimilabili ai rifiuti urbani?
Come abbiamo visto, non tutti i rifiuti medici sono assimilabili ai rifiuti urbani e, in quanto tali, necessitano di diverse modalità di conservazione e smaltimento.
I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono essere smaltiti tramite termodistruzione in impianti appositamente autorizzati, quali:
- impianti di incenerimento di rifiuti urbani e impianti di incenerimento di rifiuti speciali
- impianti di incenerimento dedicati
Nel caso di impianti di incenerimento promiscui (rifiuti urbani e speciali insieme), i rifiuti speciali sono introdotti direttamente nel forno senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti e, alla bocca del forno, è ammesso il carico contemporaneo con altre categorie di rifiuti.
I rifiuti derivanti da sostanze stupefacenti o psicotrope, invece, devono essere smaltite in appositi impianti di incenerimento appositamente autorizzati.
Lo smaltimento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo va diviso in quattro fasi:
- deposito temporaneo
- deposito preliminare
- raccolta
- trasporto dei rifiuti
Durante l’intero ciclo, il rifiuto pericoloso deve essere inserito in un apposito imballaggio a perdere, anche flessibile, su cui sia ben visibile la scritta “Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo” e il simbolo del rischio biologico.
Se invece si tratta di rifiuti taglienti o pungenti (pensiamo agli aghi usati per fare i vaccini), l’imballo deve recare la scritta “Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo taglienti e pungenti”.
Gli imballaggi devono avere caratteristiche che li rendano idonei a resistere a urti e sollecitazioni che possono subire durante la movimentazione e il trasporto, e devono essere realizzati in un colore adatto a distinguerli dagli imballaggi utilizzati per il conferimento delle altre tipologie di rifiuti. I rifiuti così imballati dovranno poi essere inseriti in un secondo contenitore rigido esterno, recante le stesse scritte dei contenitori flessibili.
Dal momento in cui i contenitori “rigidi” vengono chiusi con all’interno l’imballaggio flessibile, si determina la creazione del rifiuto vero e proprio, e inizia a decorrere il tempo per il deposito temporaneo. Il deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo deve essere effettuato in condizioni tali da non causarne alterazioni e può avere una durata massima di cinque giorni dalla chiusura del contenitore, esteso a trenta giorni per quantitativi inferiori a 200 litri. Il deposito preliminare di questa particolare tipologia di rifiuto non deve, di norma, superare i cinque giorni. La durata massima del deposito, in ogni caso, viene fissata nel provvedimento di autorizzazione, e può anche essere previsto l’utilizzo di sistemi refrigeranti che evitino l’alterazione del contenuto degli imballaggi.
I farmaci scaduti, quali rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione e smaltimento, devono essere smaltiti in impianto di incenerimento; anche in questo caso, lo studio dovrà dotarsi di apposito contenitore fornito da una ditta specializzata.
Verificare come smaltire i rifiuti dello studio presso il proprio Comune
I Comuni potrebbero prevedere, nei singoli regolamenti rifiuti, delle speciali tariffe per la gestione dei rifiuti solidi urbani per i produttori di rifiuti speciali.
È consigliabile, perciò, che lo studio medico si rivolga sempre, per una migliore gestione dei rifiuti, al proprio Comune e alla ditta che gestisce lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sul territorio. La ditta, infatti, potrebbe essere specializzata anche nello smaltimento dei rifiuti sanitari e riservare particolari condizioni agli studi medici del territorio. È inoltre importante verificare che la ditta cui ci si rivolge per lo smaltimento dei rifiuti sanitari sia dotata di tutte le autorizzazioni necessarie per trattare questa particolare tipologia di rifiuto.
Manuela Calautti, avvocato