Anestesista vince il concorso, si dimette e ottiene il pagamento delle ferie arretrate

Dopo le dimissioni per un cambio di azienda, un medico ottiene in giudizio la monetizzazione delle ferie non godute per via delle gravi carenze di organico. Il Tribunale di Teramo ribadisce l’obbligo delle aziende di provare di aver favorito il godimento del diritto alle ferie.

Sommario

  1. La richiesta del medico: perché chiede la monetizzazione delle ferie?
  2. La contumacia della struttura sanitaria
  3. Il quadro normativo: cosa prevedono direttiva UE, Corte Costituzionale e giurisprudenza
  4. I principi fondamentali stabiliti dalla Corte di Giustizia
  5. La decisione del Tribunale: perché il giudice ha condannato l’ASL

Negli scorsi giorni era stata diffusa la notizia della vittoria ottenuta da un medico anestesista davanti al Tribunale del Lavoro di Lanusei (sent. 69/2025), che aveva condannato la sua ex azienda a pagargli l’indennità per le ferie non godute. Ora si registra un nuovo successo: anche il Tribunale di Teramo ha riconosciuto a un dirigente medico di Anestesia e Rianimazione, dimessosi da un presidio ospedaliero marchigiano, il diritto al corretto indennizzo per i giorni di ferie maturati ma mai fruiti a causa del servizio svolto.

La richiesta del medico: perché chiede la monetizzazione delle ferie?

La vicenda prende le mosse dalla richiesta del sanitario che, dimessosi volontariamente perché vincitore di concorso presso altra azienda, aveva presentato istanza di monetizzazione relativa agli 83 giorni di ferie non godute, in gran parte maturati prima dell’anno di cessazione dal servizio, e di cui non aveva potuto fruire a causa di gravi carenze di organico.

La risposta dell’ASL: perché l’azienda ha negato il pagamento

L’azienda aveva risposto negativamente alla richiesta bonariamente presentata dal suo ex dipendente, ritenendo applicabile il divieto di monetizzazione previsto dall’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/2012 (convertito in L. n. 135/2012).

La contumacia della struttura sanitaria

Resosi necessario il ricorso al contenzioso, il medico riproponeva la medesima domanda richiedendo la condanna della sua ex datrice di lavoro al pagamento dell’indennità sostitutiva, ma quest’ultima rimaneva contumace, preferendo non costituirsi nel processo.

La causa giungeva in decisione con la sola produzione documentale offerta dal sanitario ricorrente.

Il quadro normativo: cosa prevedono direttiva UE, Corte Costituzionale e giurisprudenza

Ricostruito il quadro giuridico afferente il tema decisorio, con conseguente richiamo al disposto di cui all’art. 7 della direttiva europea 2003/88/CE il giudice teramano si è soffermato sul testo dell’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012, ripetutamente citato dalle aziende sanitarie per giustificare il mancato pagamento delle ferie non godute ai loro ex dipendenti, ricordando come l’interpretazione di questa disposizione – e quindi del divieto ivi previsto - debba essere accordata con i criteri sanciti dalla Corte Costituzionale (sent. n. 95/2016) tenuto conto che, al secondo comma, del richiamato art. 7 è sancito espressamente il diritto alla monetizzazione alla cessazione del rapporto di lavoro, semprecchè il godimento effettivo sia stato impedito da cause non imputabili alla volontà del lavoratore.

Su questo aspetto è più volte intervenuta la Corte di Giustizia Europea, da ultimo con le note pronunce del 2024, declinando alcuni principi fondamentali a cui anche i giudizi nazionali debbono attenersi in forza della loro efficacia vincolante.

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I principi fondamentali stabiliti dalla Corte di Giustizia

Questi principi possono, in estrema sintesi, così riassumersi:

  • il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite è fondamentale, inderogabile e con valenza al pari dei principi contenuti nei Trattati;
  • l'art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 riconosce al lavoratore il diritto a ricevere un’indennità finanziaria per i giorni di ferie non goduti, considerando contraria qualsiasi disposizione nazionale che neghi tale diritto allorchè, al termine del rapporto, risulti che non sia stato in grado di godere del riposo durante il servizio;
  • non è ammissibile la perdita automatica del diritto alle ferie annuali, senza che siano previamente indagate le ragioni per cui il lavoratore non ha fruito del suo diritto, dovendolo sempre considerare parte debole del rapporto di lavoro;
  • il datore di lavoro deve sempre assicurarsi che il lavoratore sia effettivamente nelle condizioni di poter esercitare il proprio diritto, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo e nel contempo informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro se quest'ultima si verifica nel corso di questo periodo;
  • l'onere della prova incombe sempre sul datore di lavoro per cui, laddove non sia in grado di provare di aver usato tutta la diligenza necessaria affinchè il lavoratore potesse godere del proprio diritto, non sarà ammessa alcuna estinzione automatica del diritto, né tantomeno consentito il diniego a pagare l’indennizzo sostitutivo alla cessazione del rapporto;
  • il lavoratore potrà quindi perdere il diritto alle ferie, ed al relativo controvalore economico in caso di fine del rapporto, soltanto qualora risultino dimostrati, da parte del datore, gli elementi fattuali che precedono, per cui la mancata fruizione dei giorni di ferie risulti, in effetti, riconducibile alla scelta del lavoratore che, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto.

La decisione del Tribunale: perché il giudice ha condannato l’ASL

Calati i principi che precedono sul caso concreto, il Tribunale di Teramo (sent. 568/2025 del 30/09 u.s.) ha quindi rilevato, da un canto, come il medico anestesista avesse, nel corso del servizio, ripetutamente richiesto di fruire delle ferie, ricevendo dall’amministrazione dinieghi per carenze di organico e, soprattutto, che quest’ultima, rimanendo contumace, non avesse offerto alcuna prova di aver inoltrato al suo ex dipendente inviti formali a godere delle ferie arretrate, con espressa indicazione circa le conseguenze negative che si sarebbero potute realizzare in caso di mancata fruizione.

Né – come si legge – la stessa azienda “ha provato di aver assunto iniziative volte a rendere effettivo il loro godimento, tenuto conto della situazione di perdurante carenza d'organico in cui versava l’ente, situazione più volte segnalata dalla medesima nelle risposte di rigetto inviate alla ricorrente”.

Conseguente la pronuncia di condanna dell’amministrazione sanitaria convenuta al pagamento, in favore del medico anestesista vittorioso, dell’importo di oltre 12.500,00 euro, con rimborso delle spese legali sostenute per il processo.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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