Mentre si susseguono, quasi a ritmo quotidiano, pronunce a favore di coloro che, impegnati nel settore pubblico, richiedono la monetizzazione dei giorni di ferie non potuti godere prima della cessazione del rapporto di lavoro, peraltro con liquidazioni piuttosto rilevanti con riferimento all’area sanitaria, giunge la conferma giudiziale che anche gli eredi del dirigente medico, deceduto dopo la fine del servizio, hanno diritto a ricevere il pagamento dell’indennizzo economico che sarebbe spettato a loro congiunto.
È infatti di qualche giorno fa la sentenza n. 450/25, con cui la Sezione Lavoro del Tribunale di Crotone, ha accolto la domanda giudiziale promossa da un dirigente medico, poi prematuramente scomparso, con conseguente subentro nella stessa posizione dei suoi eredi, che si sono visti riconoscere dalla ASP territoriale la liquidazione dell’indennità sostitutiva dei mancati giorni di riposo accumulati dal de cuius durante il servizio.
La richiesta del dirigente medico: 63 giorni di ferie non goduti
La questione prende le mosse dalla richiesta, presentata da un dirigente medico dipendente di una A.S.P. che, cessato dal servizio nel settembre del 2023 per raggiunti limiti di età, reclamava alla sua ex datrice di lavoro il pagamento di 63 giorni di ferie arretrati. L’azienda sanitaria si costituiva nel giudizio, respingendo ogni richiesta economica vantata dal sanitario che, nelle more del processo, perdeva la vita, per cui si costituivano volontariamente i suoi eredi coltivando la medesima domanda del loro congiunto.
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Gli eredi possono agire in giudizio
Esaminando il testo della recente sentenza, vengono in evidenza diversi aspetti preliminari correttamente affrontati e risolti dal magistrato con esaustiva motivazione.
La legittimità degli eredi
In primis, è stata confermata la legittimità dei congiunti ad agire per la liquidazione dell’indennizzo sostitutivo delle ferie arretrate per cui, avendo in tal modo dichiarato di accettare implicitamente l’eredità devoluta, sono subentrati nei diritti vantati dal de cuius, inclusa la possibilità di esercitarli in tale veste.
La prescrizione decennale
L’Azienda sanitaria ha preliminarmente sollevato eccezione di prescrizione quinquennale siccome stabilita dall’art. 2948 c.c. n. 4, ritenendo la richiesta rientrante nei crediti da lavoro.
Secca la smentita del Giudice che, richiamando il consolidato orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, ha ricordato che l'indennità sostitutiva delle ferie non godute detiene una natura mista, confluendo in questa sia l’aspetto risarcitorio che retributivo, con prevalenza del primo con riferimento alla questione del termine di prescrizione.
Questo implica che, vista la funzione ripristinatoria del violato diritto al riposo, la richiesta di liquidazione dell’indennizzo in questione dovrà essere tutelata dal più lungo termine ordinario decennale, a decorrere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, recuperando invece l’aspetto retributivo, allorchè devono valutarsi le conseguenze del pagamento sugli aspetti previdenziali e contributivi.
La questione del divieto di legge
Richiamata la disciplina contrattuale, applicabile al caso concreto, nonché le disposizioni normative generali, si è quindi passati a valutare il contenuto dell’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012 (convertito con modifiche nella L. 132/2012) che – secondo le intenzioni del legislatore – avrebbe dovuto inserire nell’ordinamento un generalizzato divieto di monetizzazione delle ferie non godute, valido per tutto il pubblico impiego.
Ripercorsi i più recenti arresti giurisprudenziali, a partire dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 95/2016 fino alle pronunce rese dalla Corte Europea proprio sul dettato normativo in questione, si è quindi delineato, con maggiore aderenza all’attuale contesto giuridico, il perimetro della questione, ribadendo che la “perdita del diritto alle ferie, e alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie e di averlo nel contempo avvisato che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento”.
Le prove dell’Azienda insufficienti e generiche
Ricostruito correttamente il quadro normativo, secondo le intenzioni espresse dalla Corte di Giustizia Europea ed integralmente recepite dalla nostra Cassazione, si è quindi passati a valutare se, alla luce delle prove raccolte nel processo, l’Azienda avesse o meno assolto al proprio onere probatorio.
Le note “generiche”
Esaminato il contenuto di 2 distinte note aziendali, con cui si invitavano i referenti alla predisposizione, in via programmatica, di un piano di smaltimento delle ferie arretrate, il Giudice le ha ritenute insufficienti a ritenere assolto l’onere probatorio gravante sulla parte datoriale, trattandosi di lettere protocollate che, oltre a non essere indirizzate ai singoli personalmente, non contenevano alcun “avvertimento perentorio in ordine alla circostanza che la mancata fruizione delle ferie avrebbe comportato la perdita dei giorni maturati, senza alcun diritto alla monetizzazione” (Cass. n. 14083/2024).
Inoltre, le stesse missive invitavano sì all’invio del suddetto piano, ma subordinando il godimento del periodo di riporto “alle esigenze di servizio”, così palesando il prevalente interesse aziendale rispetto a quello del dipendente.
Analogamente, si è espresso con riferimento ad altra nota che, seppur indirizzata effettivamente al dirigente medico in questione, difettava di qualsiasi avvertimento perentorio, trattandosi semplicemente di un invito a fruire delle prima della preannunciata data del suo collocamento a riposo.
Il dirigente di primo livello non ha potere autonomo di pianificare le ferie
Destinata alla reiezione anche l’eccezione, sollevata dall’Azienda, circa il potere del dirigente medico di primo livello di pianificare e consumare le ferie residue, superata agevolmente dal magistrato con il semplice richiamo al diverso orientamento giurisprudenziale che, proprio per queste figure, ha ribadito trattarsi di posizioni sottordinate ai dirigenti di secondo livello e alla direzione sanitaria responsabile della conduzione della struttura ospedaliera, senza alcuna possibilità di esercitare il diritto alle ferie in forma autonoma (Cass. n. 13679/2024 e n. 5496/2025).
Decisione finale
Pertanto, non avendo dimostrato di aver esercitato tutta la diligenza necessaria per consentire al sanitario il godimento delle ferie arretrate prima della cessazione del rapporto di lavoro, l’Azienda è stata quindi condannata al riconoscimento, in favore degli eredi per la premorienza dell’interessato, della somma di oltre 17 mila euro, con il rimborso integrale delle spese di giudizio sostenute.