Attività libero professionale senza apertura di partita IVA: le regole per medici e sanitari

Sei interessato ad intraprendere un'attività libero professionale senza partita IVA? Con la Guida Consulcesi Club conosci i requisiti e le regole da applicare per trovarti in regola con la tua attività.

Sommario

  1. Lavoro autonomo occasionale: il quadro normativo
  2. Limiti e requisiti per evitare l’apertura della partita IVA
  3. La ricevuta per prestazione occasionale e la ritenuta d’acconto
  4. Esempi di attività sanitaria senza partita IVA
  5. Il regime contributivo: la gestione separata INPS
  6. Attività occasionale vs. regime forfettario
  7. Conclusioni

Il tema dell’attività professionale esercitata senza partita IVA assume particolare rilevanza nel settore sanitario, dove sempre più professionisti si trovano a dover gestire prestazioni occasionali o temporanee, senza necessariamente strutturare un’attività continuativa. Tuttavia, la normativa fiscale e previdenziale richiede un’attenta valutazione per evitare errori che potrebbero portare a sanzioni.

Vediamo come i professionisti sanitari, come medici, fisioterapisti, psicologi, infermieri e altri operatori del settore, possono esercitare la loro attività senza dover aprire la partita IVA, rispettando i requisiti stabiliti dalla legge.

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Lavoro autonomo occasionale: il quadro normativo

Per i professionisti sanitari, l’opportunità di operare senza partita IVA è legata al concetto di lavoro autonomo occasionale, regolato dall’art. 2222 del Codice Civile. Tale articolo definisce il contratto d’opera, nel quale una persona, senza vincolo di subordinazione e senza mezzi organizzati in forma imprenditoriale, si obbliga a compiere un'opera o un servizio dietro compenso.

Nel caso dei professionisti sanitari, questo tipo di lavoro può includere prestazioni come consulenze, visite o trattamenti erogati sporadicamente e senza continuità. Per esempio, un fisioterapista potrebbe effettuare trattamenti occasionali a domicilio o un medico potrebbe fornire consulenze temporanee, senza che ciò comporti l'apertura della partita IVA, a condizione che non si tratti di un’attività abituale.

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Limiti e requisiti per evitare l’apertura della partita IVA

Il principale requisito per evitare l’apertura della partita IVA è la natura occasionale dell’attività. Ciò significa che le prestazioni non devono essere fornite in modo abituale, sistematico o organizzato. In pratica, il professionista sanitario non deve svolgere l’attività come fosse un’impresa, cioè con una struttura organizzata, come uno studio o un ambulatorio fisso, né deve fare pubblicità continuativa delle proprie prestazioni.

Un altro limite importante è quello economico. La normativa fiscale stabilisce che i compensi derivanti da attività occasionale non devono superare 5.000 euro annui. Se i guadagni complessivi percepiti durante l’anno da prestazioni occasionali superano questa soglia, diventa necessario iscriversi alla Gestione Separata INPS e versare i contributi previdenziali sulla parte eccedente i 5.000 euro. Superata tale soglia, l’attività potrebbe essere ritenuta abituale, rendendo obbligatoria l’apertura della partita IVA.

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La ricevuta per prestazione occasionale e la ritenuta d’acconto

Quando un professionista sanitario fornisce una prestazione occasionale, deve emettere una ricevuta per prestazione occasionale al committente, che può essere un privato cittadino o una struttura sanitaria. Se il committente è un soggetto dotato di partita IVA, come una clinica o un’azienda sanitaria, sulla ricevuta dovrà essere applicata una ritenuta d’acconto pari al 20% del compenso, che verrà versata dal committente all’Agenzia delle Entrate. In questo modo, il professionista riceverà il compenso netto, mentre la ritenuta rappresenterà un acconto sulle imposte da versare.

Se, invece, il committente è un privato cittadino, non vi è obbligo di applicare la ritenuta d’acconto, ma il professionista dovrà comunque includere il reddito nella propria dichiarazione dei redditi.

È importante ricordare che la prestazione occasionale, pur non essendo soggetta a IVA, deve comunque essere dichiarata fiscalmente come reddito diverso ai sensi dell’art. 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Esempi di attività sanitaria senza partita IVA

Per meglio comprendere quali attività sanitarie possano rientrare nell'ambito del lavoro occasionale senza partita IVA, ecco alcuni esempi pratici:

Medici: un medico che occasionalmente esegue visite a domicilio o consulenze presso strutture sanitarie senza avere un proprio ambulatorio o una clientela fissa.

Fisioterapisti: un fisioterapista che svolge trattamenti a domicilio su richiesta di pazienti sporadici, senza avere una sede fissa dove erogare i trattamenti.

Psicologi: uno psicologo che offre consulenze occasionali per singoli pazienti o per aziende su base temporanea, senza svolgere l'attività in modo continuativo.

Dietisti o nutrizionisti: un professionista che fornisce consulenze nutrizionali o piani alimentari su richiesta di singoli clienti o palestre, senza un’attività organizzata.

Il regime contributivo: la gestione separata INPS

Come accennato, un professionista sanitario che esercita un’attività occasionale e supera il limite di 5.000 euro di compensi annui, è tenuto a versare i contributi previdenziali alla Gestione Separata INPS. Tuttavia, fino a tale soglia, non è previsto alcun obbligo contributivo.

L’iscrizione alla Gestione Separata INPS comporta l’applicazione dell’aliquota contributiva stabilita per i lavoratori autonomi senza cassa previdenziale. Per l’anno 2024, l’aliquota è del 26,23%, da calcolarsi sulla parte eccedente i 5.000 euro. L’onere contributivo è suddiviso tra il committente e il lavoratore: il 33% è a carico del committente, mentre il restante 67% è a carico del professionista.

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Attività occasionale vs. regime forfettario

È fondamentale non confondere l'attività occasionale con il regime forfettario. Quest’ultimo, pur essendo un regime fiscale agevolato per i piccoli professionisti e imprenditori, richiede comunque l’apertura della partita IVA. Il regime forfettario è particolarmente vantaggioso per chi prevede di svolgere la propria attività in maniera continuativa ma con un volume di affari inferiore ai 85.000 euro annui.

Il lavoro occasionale, al contrario, si applica solo a prestazioni non abituali e sporadiche, senza l’obbligo di aprire la partita IVA, ma con dei limiti ben definiti.

Conclusioni

Per i professionisti sanitari, la possibilità di operare senza partita IVA rappresenta una valida alternativa per chi svolge prestazioni saltuarie o temporanee. Tuttavia, è essenziale conoscere e rispettare i limiti imposti dalla normativa, sia in termini di compensi sia di continuità dell’attività. Superati questi limiti, l'apertura della partita IVA diventa obbligatoria, così come l’iscrizione alla Gestione Separata INPS per il versamento dei contributi previdenziali.

Un'attenta pianificazione fiscale e una corretta gestione delle prestazioni occasionali possono aiutare i professionisti sanitari a svolgere la propria attività in modo conforme alle leggi fiscali, evitando complicazioni e sanzioni amministrative.

Di: Marco Ginanneschi, commercialista-revisore legale e fondatore di Sercam Advisory

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