Giovani e Salute Mentale, si discute la riforma. Bondi (SIP): “Non si diventa ‘adulti’ a 18 anni”

Dopo la pandemia è esplosa l’emergenza salute mentale tra giovani e adolescenti, già in crescita da anni. Emi Bondi, in una video intervista, denuncia la mancanza di servizi adeguati per questa fascia d’età, sospesa tra infanzia e età adulta

Il dibattito sulla salute mentale giovanile è più acceso che mai: il ddl firmato da Francesco Zaffini per una riforma del Sistema salute mentale fa discutere gli ambienti scientifici e professionali. Tra la legge e gli emendamenti, si delinea un nuovo piano di intervento in adolescenza solo per i disturbi psichiatrici, mentre si immaginano nuovi servizi per il target 14-25 anni, in una scelta di età molto particolare che va a coprire ragazzi di maturità molto diverse.  

“Dopo la pandemia abbiamo osservato un incremento esponenziale di accessi ai Pronto Soccorso da parte di adolescenti e giovani adulti con problematiche psichiche. Ma è importante dire che il Covid ha solo accelerato un fenomeno già in corso da oltre dieci anni”, spiega in una video-intervista Emi Bondi, presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria. Adolescenti e giovani adulti, secondo la specialista, rappresentano oggi la fascia di popolazione più colpita dal disagio psicologico. Eppure, sono anche coloro che fanno più fatica ad accedere ai servizi pubblici e a ottenere risposte efficaci. “Vivono una doppia fragilità: clinica e sistemica. Perché ancora oggi si trovano sospesi tra la neuropsichiatria infantile e la psichiatria degli adulti, senza percorsi specifici a loro misura”. 

 

Il paradosso, spiega, è che l’età dell’adolescenza “si colloca esattamente in mezzo” a due mondi della sanità che raramente comunicano tra loro. “In molti Pronto Soccorso non sono attive guardie neuropsichiatriche. E i posti letto specifici per adolescenti sono pochissimi sul territorio nazionale”. Eppure, la ricerca scientifica è chiara: “Non si diventa adulti a 18 anni. Sappiamo che il processo di maturazione del cervello continua almeno fino ai 24 anni, soprattutto nei maschi. E questo deve tradursi anche in un ripensamento dei servizi, che devono essere capaci di accompagnare questa crescita, non di ignorarla”. 

Per Emi Bondi la risposta passa attraverso la creazione di strutture dedicate all’adolescenza, dove neuropsichiatri infantili, psichiatri dell’età evolutiva e operatori dei Sert possano lavorare insieme. “L’uso di sostanze, infatti, è un’altra grande emergenza. Non solo complica i quadri clinici, ma spesso rappresenta una forma di automedicazione da parte di ragazzi che non trovano altre risposte al proprio malessere”, aggiunge la specialista. Una visione nuova, integrata e flessibile, capace di cogliere i segnali d’esordio e intervenire con strumenti specifici. “Non è solo retorica dire che i giovani sono il nostro futuro. Ma se vogliamo davvero prendercene cura, dobbiamo iniziare a costruire servizi a loro misura. Basta etichette anagrafiche: serve una cultura che riconosca la complessità dell’adolescenza e la affronti con competenza e rispetto”, conclude Bondi. 

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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