Mansioni superiori nel pubblico impiego: quando spettano le differenze retributive

La giurisprudenza ha ormai chiarito che il dipendente pubblico che svolge stabilmente mansioni superiori, anche senza formale incarico, ha diritto a un adeguamento dello stipendio. Ultimi orientamenti della Cassazione e casi concreti rafforzano la tutela dei lavoratori

Sommario

  1. La giurisprudenza di legittimità
  2. Atto formale di conferimento: che accade quando manca?
  3. Il caso dell’OSS di fatto
  4. Mansioni superiori: come richiedere le differenze retributive?

Nel pubblico impiego privatizzato viene talvolta in rilievo la questione delle mansioni superiori: dipendenti che, inquadrati ad un livello più basso, svolgono costantemente e prevalentemente un’attività confacente al livello contrattuale superiore, senza alcuna formalizzazione di incarico e, pertanto, privati di qualsiasi riconoscimento economico in busta paga.

Recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, seguiti dai giudici di merito, hanno definitivamente aperto ad una nuova stagione, riconoscendo a coloro che si vengano a trovare in queste situazioni il diritto ad ottenere l’adeguamento retributivo corrispondente alle superiori mansioni espletate.

La giurisprudenza di legittimità

La Corte di Cassazione ha più volte affermato, anche a SS.UU. (sent. 25837/2007), che  “in materia di pubblico impiego contrattualizzato - come si evince anche dall'art. 56, comma 6, del d.lgs. n. 29 del 1993, nel testo, sostituito dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998, ora riprodotto nell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, l'impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori (anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento) ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost.”.

Questo significa che, in linea di principio, non è consentito al datore di lavoro pubblico assegnare autonomamente ai propri dipendenti inquadramenti difformi rispetto a quelli previsti dalla normativa pattizia, né tantomeno attribuire riconoscimenti economici diversi, venendo in rilievo materie espressamente devolute alla contrattazione collettiva.

Laddove però ciò sia avvenuto, questa iniziativa aziendale non può rimanere senza conseguenze per il lavoratore adibito allo svolgimento, di fatto, di prestazioni superiori al proprio inquadramento, dovendo ricevere il giusto adeguamento del compenso, così come tutelato dall’art. 36 Cost.

Anche di recente, la Corte di Cassazione ha stabilito (ord. n. 2277/21) che “il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all'intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all'art. 36 Cost. (Cass. n. 19812 del 2016; Cass. n. 18808 del 2013), sicchè il diritto va escluso solo qualora l'espletamento sia avvenuto all'insaputa o contro la volontà dell'ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento (Cass. n. 24266 del 2016; v. pure Cass. n. 30811 del 2018)”.

Atto formale di conferimento: che accade quando manca?

La mancata adozione, da parte dell’amministrazione pubblica, di un valido atto di conferimento di assegnazione delle mansioni superiori è stato ritenuto, dopo vari oscillazioni giurisprudenziali, irrilevante ai fini del riconoscimento delle differenze retributive, non essendo più necessaria la prova dell’effettiva adozione del provvedimento, ben dovendosi dimostrare, invece, la circostanza che le mansioni superiori siano state effettivamente svolte dal lavoratore, anche al di fuori dei casi consentiti, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all'attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni.

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Il caso dell’OSS di fatto

Di recente, ha trovato positiva soluzione il caso di un ausiliario specializzato (inquadrato nella categoria A del CCNL Sanità) che, dipendente pubblico da molti anni, risultava assegnato presso la U.O. di Medicina Generale di un’azienda calabrese, lamentando di aver svolto di fatto le mansioni di operatore socio sanitario, categoria BS del predetto CCNL.

Formalizzata la richiesta di pagamento delle corrispondenti differenze retributive, la Sez. Lav. del Tribunale di Cosenza gli ha dato pienamente ragione riscontrando, dall’approfondita disamina delle prove tutte raccolte nella vertenza istruttoria, gli elementi fattuali certi a supporto della tesi sostenuta dal dipendente.

Le dichiarazioni testimoniali risultavano, infatti, concordi nell’affermare che le prestazioni svolte dal ricorrente fossero state, in via esclusiva o comunque prevalente, del tutto afferenti a quelle proprie degli operatori socio sanitari, ossia quelle “rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire: - assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita; -intervento igienico sanitario e di carattere sociale; -supporto gestionale, organizzativo e formativo”.

Con la sentenza n. 1006/2025, pubblicata lo scorso 5 giugno, il magistrato ha quindi condannato l’azienda sanitaria resistente al pagamento delle differenze retributive tra quanto previsto per il livello A e quanto dovuto per il livello BS, liquidando al lavoratore un importo superiore ai 20 mila euro per le superiori mansioni svolte nel corso del servizio, con il favore delle spese di giudizio.

Mansioni superiori: come richiedere le differenze retributive?

Qualora si voglia contestare l’effettivo svolgimento di mansioni relative ad un inquadramento superiore a quello contrattualmente assegnato, si deve acquisire tutta la documentazione comprovante le prestazioni effettivamente svolte, individuando altresì eventuali testimoni disponibili a confermare tali circostanze.

È poi opportuno incaricare, oltre ad un legale esperto nel settore, un consulente del lavoro per ottenere un conteggio analitico delle differenze retributive dovute sulla scorta del superiore inquadramento reclamato e delle prestazioni effettuate, elaborato alla luce del CCNL applicabile al caso concreto.

Di seguito, andrà quindi inoltrata, a mezzo raccomandata RR o con Pec, formale lettera di contestazione alla parte datoriale in cui, fornita una breve ricostruzione dei presupposti di fatto posti a fondamento della richiesta, vengano indicati gli importi specificatamente richiesti, fissando un termine al debitore per adempiere spontaneamente, pena la prosecuzione dell’iniziativa innanzi agli organi competenti con conseguente aggravio di spese.

Da ultimo, si faccia sempre attenzione al decorso del termine di prescrizione che, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico, si prescrivono entro cinque anni, a decorrere dal giorno in cui il lavoratore può esercitare il diritto.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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