Articolo tratto da Quotidiano Pediatria
Nel 2017, un gruppo di ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital aveva lanciato l’allarme: l’uso di antibiotici nei neonati, sebbene utile per prevenire infezioni gravi nei primi giorni di vita, comporta un effetto collaterale a lungo termine, ossia un sistema immunitario permanentemente immaturo. Oggi, un nuovo studio pubblicato su Cell approfondisce i meccanismi alla base di questo squilibrio e suggerisce una possibile strategia per ridurre il danno.
Il legame tra antibiotici, microbioma e risposta immunitaria
Secondo Hitesh Deshmukh, neonatologo e autore senior dello studio, l’idea che emerge è promettente: “Potremmo essere in grado di proteggere i neonati a rischio attraverso una supplementazione mirata”. Il team ha testato un integratore su modelli murini, ottenendo risultati positivi. Tuttavia, Deshmukh sottolinea che qualsiasi applicazione clinica richiederà studi aggiuntivi e trial su esseri umani.
Per quattro anni, Jake Stevens ed Erica Culberson, entrambi dottorandi e borsisti Sabin presso il Cincinnati Children’s, hanno studiato il legame tra antibiotici e sistema immunitario nei neonati. Hanno scoperto che l’esposizione precoce agli antibiotici riduce la formazione nei polmoni delle cellule T “di memoria”, fondamentali per proteggere l’organismo da future infezioni respiratorie.
Il microbiota come “educatore” del sistema immunitario
Culberson spiega che il microbiota intestinale ha un ruolo educativo per il sistema immunitario in via di sviluppo, mentre Stevens aggiunge che gli antibiotici, interrompendo questo processo, impediscono al sistema immunitario di “studiare” come difendersi efficacemente.
Il confronto tra topi e neonati umani, alcuni trattati con ampicillina, gentamicina e vancomicina (antibiotici comuni nei reparti neonatali), ha rivelato differenze significative. I neonati esposti agli antibiotici presentavano una drastica riduzione delle cellule T CD8+ nei polmoni, fondamentali per una risposta immunitaria rapida. Inoltre, la capacità di formare cellule di memoria residenti nei tessuti polmonari era compromessa. Nei topi, questo difetto immunitario persisteva anche in età adulta, suggerendo che l’effetto sia permanente.
Il ruolo dell’inosina e del Bifidobacterium
Il team ha identificato un collegamento molecolare tra il microbiota intestinale e il sistema immunitario polmonare. Un batterio benefico, il Bifidobacterium, produce inosina, una molecola chiave che agisce come segnale di sviluppo per le cellule immunitarie. In assenza di questi batteri, eliminati dagli antibiotici, i livelli di inosina crollano, impedendo la maturazione corretta delle cellule T.
La carenza di inosina influisce anche sull’attività di una proteina regolatrice, NFIL3, determinante per la funzione immunitaria.
Conferme nei tessuti umani e strategie future
Le scoperte nei modelli murini sono state confermate anche in tessuti polmonari umani, provenienti da neonati deceduti per varie cause. I bambini esposti agli antibiotici avevano meno cellule T specifiche per l’influenza e un profilo genetico simile a quello osservato negli anziani, notoriamente vulnerabili alle infezioni respiratorie.
Il dato più incoraggiante dello studio è che la supplementazione con inosina nei topi ha permesso di ripristinare lo sviluppo normale delle cellule T, migliorare la risposta immunitaria e ridurre la gravità delle infezioni da influenza. Anche se preliminari, questi risultati aprono la strada a nuovi approcci terapeutici per compensare gli effetti negativi degli antibiotici nei primi giorni di vita.
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L’importanza della prudenza e del microbioma nei primi giorni
I ricercatori non mettono in discussione l’importanza salvavita degli antibiotici, ma invitano alla prudenza nel loro uso durante la gravidanza e la prima infanzia. Secondo Deshmukh, andrebbero valutati interventi integrativi con probiotici, prebiotici o metaboliti come l’inosina per sostenere lo sviluppo del microbiota e proteggere il sistema immunitario dei neonati.
Mentre la ricerca prosegue per validare questi risultati nell’uomo, il messaggio è chiaro: proteggere il microbioma nei primi giorni di vita potrebbe essere fondamentale per la salute immunitaria a lungo termine.
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