La morte digitale e l'accesso alla cartella clinica elettronica del defunto

È possibile accedere alla cartella clinica di un defunto? Leggi qui quali sono le condizioni necessarie.

Sommario

  1. Come tutelare il proprio patrimonio digitale
  2. La normativa di riferimento
  3. Cosa può fare il defunto

Da anni si è aperto il dibattito, tra gli addetti ai lavori e non solo, su che fine faranno i dati che durante la nostra vita seminiamo sul web: e-mail, profili social, password di accesso ad ogni genere di piattaforma (da quella bancaria a quella per guardare la partita in streaming con gli amici), dove andranno a finire quando non ci saremo più?

I più ordinati, magari, avranno lasciato – in barba a tutte le normative sulla sicurezza informatica – un bloc-notes con annotate tutte le password, che i parenti andranno a cercare per poter accedere a queste piattaforme.

Altri avranno deciso di affidare le proprie password ad apposite applicazioni disponibili sul web, il cui accesso, però, avviene sempre mediante username e password che i congiunti dovranno, in un modo o nell’altro, conoscere.

Come tutelare il proprio patrimonio digitale

I tecnici del diritto suggeriscono, per tutelare il loro “patrimonio digitale” dopo la propria dipartita, la stipula di:

  • Un legato di password, cioè un atto tramite il quale si dispone il lascito di tutte le proprie password di accesso a qualunque sito/piattaforma, ecc.
  • Un mandato post mortem exequendum, con il quale il soggetto che riceve il mandato (mandatario) alla morte del de cuius dovrà compiere gli atti da lui indicati in mandato, accedendo dati digitali del defunto con le password che ha lasciato

Nell’ambito della professione medica, il sanitario spesso si trova di fronte a problematiche simili, nel caso di richieste di accesso ai dati sanitari e alla cartella clinica di un paziente defunto da parte dei parenti.

Vediamo come comportarsi in queste situazioni.

La normativa di riferimento

Partiamo dal presupposto che la cartella clinica (cartacea o elettronica, per quanto quest’ultima ancora purtroppo poco diffusa nella prassi), così come i dati sanitari di un paziente, sono dei dati personali.

La normativa di riferimento è perciò da individuarsi, principalmente, nel G.D.P.R., che, tuttavia, non si applica ai dati personali delle persone decedute. Il Regolamento, però, consente ai singoli Stati membri di prevedere delle norme riguardanti il trattamento dei dati personali delle persone decedute.

Nel nostro Paese, dal 2018, è stato introdotto all’interno del Codice della Privacy (il d.lgs. n. 196/2003) l’art. 2 terdecies, che disciplina proprio i diritti riguardanti le persone decedute. Secondo tale disposizione, tutti i diritti inerenti i dati personali di persone decedute (accesso e processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione) possono essere esercitati:

  • Da chi ha un interesse proprio
  • Da chi agisce a tutela dell’interessato (cioè il defunto)
  • Da chi ha ricevuto un mandato dal defunto
  • Per ragioni familiari meritevoli di protezione

L’esercizio di tali diritti è escluso nei casi espressamente previsti dalla legge.

Cosa può fare il defunto

Il defunto può comunque espressamente vietare, in tutto o in parte, l’accesso ai propri dati con apposita dichiarazione scritta presentata o comunicata al soggetto che detiene i suoi dati, cioè il titolare del trattamento; questa decisione deve essere specifica, libera e informata, ed è sempre revocabile o modificabile da parte del de cuius.

Tale divieto, in ogni caso, non può pregiudicare:

  1. l’esercizio da parte di terzi di diritti patrimoniali derivanti dalla morte dell’interessato
  2. il diritto di difendere in giudizio i propri interessi

Il sanitario o la struttura sanitaria che ricevono la richiesta di accesso alla cartella clinica del paziente defunto, pertanto, dovranno preliminarmente accertare:

  1. che il paziente non abbia negato l’accesso ai suoi dati sanitari a terzi (anche parenti)
  2. che sussista in capo ai richiedenti un interesse proprio o che l’accesso sia a tutela del defunto ovvero che il de cuius abbia rilasciato ai richiedenti un apposito mandato (che dovrà essere esibito) ovvero che gli stessi siano spinti da ragioni familiari meritevoli di protezione
  3. che, nel caso di diniego da parte del paziente, ciò non pregiudichi i diritti patrimoniali dei richiedenti o il diritto di difendere in giudizio i propri interessi

È bene che il medico e il personale delle strutture sanitarie sappiano che la giurisprudenza è unanime (da ultimo si ricorda T.A.R. Lombardia Milano n. 1284/2022) nel ritenere che il giudizio sulla richiesta di accesso alla cartella clinica del defunto da parte di terzi è soggetto all’applicazione del solo art. 2 terdecies del Codice, che – ripetiamo – consente l’accesso:

  • a chi ha un interesse proprio
  • a chi agisce a tutela dell’interessato (cioè il defunto)
  • a chi ha ricevuto un mandato dal defunto
  • Per ragioni familiari meritevoli di protezione

Del resto, se si dovesse limitare l’accesso alla cartella clinica del defunto alle sole due ipotesi previste dall’art. 92, neanche i più stretti congiunti del paziente riuscirebbero – in assenza dei requisiti – ad accedere ai dati del proprio caro, con conseguenze a dir poco paradossali.

Il personale medico e sanitario di strutture pubbliche e private deve essere ben formato sulla normativa in materia di accesso alla cartella clinica del de cuius, per evitare di far incorrere l’azienda in spiacevoli vicende giudiziarie che hanno dei costi rilevanti e non trascurabili, sia in termini meramente economici che di diritti dei pazienti e di reputazione della struttura.

Di: Manuela Calautti, avvocato

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