‘Dottor Google’, Dell’Osso (SIP): “Più diagnosi di autismo grazie alla rete, ma attenzione all’auto-terapia”

La presidente della Società Italiana di Psichiatria, in una video-intervista, riflette su informazione online, nuove consapevolezze e strumenti per orientare la diagnosi

Sommario

  1. La diagnosi del dottor Google
  2. I rischi del dottor Google

“Oggi, grazie all’utilizzo di internet e del cosiddetto ‘dottor Google’, c’è sicuramente maggiore consapevolezza. E questo è un bene”. A dirlo, in una video-intervista, è Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria, docente di psichiatria all’Università di Pisa e autrice di saggi che vertono su psicopatologia dello spettro autistico, trauma e disturbi mentali nella vita quotidiana, con un focus anche su figure celebri (da Marilyn Monroe a Einstein). Sempre più spesso, infatti, si parla di un aumento delle diagnosi di disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, come la sindrome di Asperger, anche grazie al ruolo che la rete gioca nel sensibilizzare e diffondere informazioni.

La diagnosi del dottor Google

“Non di rado, i pazienti arrivano dai nostri ambulatori portandoci già una diagnosi, come: ‘Prof, vengo da lei perché ho gli attacchi di panico, oppure sono depresso’. Arrivano anche dicendo di essersi convinti di avere un disturbo dello spettro autistico, appunto, ad alto funzionamento”, aggiunge Liliana Dell’Osso. Tuttavia, secondo Dell’Osso non c’è da preoccuparsi: “Anche se avviene attraverso una prima autodiagnosi, la cosa importante è che i pazienti, poi, arrivino all’osservazione specialistica il prima possibile e ad una vera diagnosi altrettanto velocemente”. Dunque, la rete può rappresentare un valido strumento per portare alla luce situazioni che in passato sarebbero rimaste sommerse.

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I rischi del dottor Google

Ma ci sono anche dei rischi: “L’auto-terapia è il pericolo maggiore”, aggiunge la psichiatra. Un altro possibile effetto collaterale riguarda i soggetti più vulnerabili: “È chiaro che ci sono dei pazienti ipersensibili alla possibilità di soffrire di una patologia somatica o psichica e che potrebbero allarmarsi”, sottolinea. Per Dell’Osso, quindi, la priorità resta una: scoraggiare l’auto-terapia e indirizzare il paziente allo specialista. “Un aiuto per medici, specialisti e non, potrebbe derivare dall’impiego di questionari. Per esempio col mio gruppo, nell’ambito di una collaborazione internazionale, abbiamo messo a punto un questionario, scaricabile gratuitamente, che aiuta il medico di medicina generale, il pediatra, il neuropsichiatra infantile, ad orientarsi sul singolo paziente”, conclude Dell’Osso.

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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