Il pianto è il primo linguaggio del neonato, un codice naturale con cui comunica fame, sonno, dolore o disagio. Per genitori e pediatri, però, interpretarlo è spesso una sfida. Oggi, una ricerca tutta italiana segna un passo avanti decisivo: un team dell’Università dell’Insubria ha iniziato a decodificare scientificamente il pianto, trasformandolo in una vera e propria fonte di diagnosi precoce. Lo studio, coordinato dalla prof.ssa Silvia Salvatore, docente di Pediatria e responsabile della Gastroenterologia Pediatrica all’Ospedale Del Ponte di Varese, dimostra come l’analisi acustica del pianto possa aiutare a individuare disturbi specifici, in particolare il reflusso gastroesofageo neonatale.
Capire il pianto del neonato con acustica e spettrogrammi: quando il suono diventa diagnosi
Attraverso registrazioni di pianto e l’uso di software acustici ad alta precisione, i ricercatori dell’Insubria hanno generato spettrogrammi che rappresentano graficamente frequenze, intensità e variazioni del suono.
Dall’analisi sono emersi tre principali “fenotipi sonori” del pianto:
- quello da fame,
- quello da sonno,
- e quello associato al reflusso gastroesofageo.
Quest’ultimo ha fornito i risultati più sorprendenti: confrontando il pianto con i dati della pH-impedenziometria esofagea, è emerso che nel 70% dei casi di reflusso patologico il neonato emette pianti con caratteristiche acustiche specifiche — toni più alti, intensità irregolare e variazioni improvvise.
Secondo i ricercatori, questi dati preliminari confermano che l’analisi acustica del pianto può diventare un metodo diagnostico non invasivo, utile per riconoscere precocemente disturbi gastrointestinali o neurologici.
Scienza, musica e tecnologia: la sinergia che fa la differenza
Il progetto si distingue per il suo approccio multidisciplinare, che unisce medicina, fisica del suono e musicoterapia. Nel team figura infatti anche una musicoterapeuta del Conservatorio di Alessandria, esperta in acustica applicata alla neonatologia, che da anni collabora con la Terapia Intensiva Neonatale (TIN) di Varese diretta dal prof. Agosti.
Per analizzare il pianto sono state utilizzate tecnologie normalmente impiegate in post-produzione audio, capaci di trasformare le registrazioni in spartiti digitali misurabili in decibel e Hertz.
L’Insubria prevede inoltre la pubblicazione, sul sito della SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica), di un video tutorial destinato ai genitori, per aiutarli a riconoscere il “pianto da reflusso” attraverso esempi pratici e spiegazioni visive.
Musicoterapia: il potere del suono per calmare e curare
Lo studio Insubria non si ferma all’analisi del pianto. Un secondo progetto, sempre coordinato dalla prof.ssa Salvatore, ha indagato l’efficacia della musicoterapia nei neonati pretermine (nati prima della 37ª settimana o con peso inferiore a 1.500 grammi).
Questi bambini, sottoposti a cure intensive e lunghe degenze, presentano spesso elevati livelli di stress neonatale. Tale condizione può manifestarsi con coliche, dolore addominale e disturbi dell’interazione intestino-cervello (DGBI), cioè disfunzioni gastrointestinali non dovute a cause organiche.
Applicando tre sedute di musicoterapia a settimana nel primo anno di vita, i ricercatori hanno osservato risultati notevoli:
- coliche sette volte meno frequenti,
- livelli di cortisolo più bassi (l’ormone dello stress),
- miglior neurosviluppo complessivo.
La musica si conferma così una terapia complementare efficace, in grado di calmare il sistema nervoso, favorire l’equilibrio intestinale e rafforzare il legame emotivo tra genitori e neonato.
Pianto e prevenzione: meno stress, più consapevolezza
Il pianto incessante di un neonato può diventare fonte di forte stress per i genitori, soprattutto se non si comprendono le cause. In situazioni di esasperazione, lo stress può portare a gesti pericolosi come il “baby shaking syndrome”, ovvero lo scuotimento violento del bambino. Secondo le stime, si verificano tra 14 e 40 casi ogni 100.000 neonati, con conseguenze spesso drammatiche. Riuscire a decodificare il pianto e intervenire precocemente grazie alla musicoterapia o all’assistenza pediatrica mirata può ridurre lo stress genitoriale, prevenire episodi gravi e promuovere un ambiente familiare più sereno e sicuro.
Una nuova frontiera per la pediatria del futuro
Per il professor Claudio Romano, presidente della SIGENP, queste ricerche rappresentano “studi di frontiera”, capaci di unire discipline lontane — dalla medicina alla fisica, fino alla musicologia — per scoprire nuovi strumenti diagnostici e terapeutici. L’obiettivo è ambizioso: rendere il pianto un vero biomarcatore acustico, capace di rivelare precocemente patologie o disagi senza procedure invasive.Nel prossimo futuro, l’evoluzione tecnologica potrebbe permettere di analizzare il pianto tramite app intelligenti, capaci di elaborare le frequenze vocali e suggerire ai pediatri possibili correlazioni con disturbi specifici. Una prospettiva che cambierà il modo di ascoltare, capire e curare i neonati.
Ascoltare per comprendere, comprendere per curare
Il pianto di un neonato non è soltanto un grido: è una traccia sonora di salute e di emozione. Grazie agli studi dell’Università dell’Insubria, la scienza oggi riesce a trasformare quel suono in informazione, dando ai medici strumenti nuovi per diagnosi più rapide e ai genitori una guida per comprendere meglio i loro bambini. In un mondo in cui la tecnologia incontra la sensibilità, ascoltare diventa il primo passo per curare — e ogni pianto, finalmente, può essere interpretato come una voce che chiede attenzione, non solo consolazione.