L’emergenza pandemica ha trasformato radicalmente la relazione terapeutica, spostando il colloquio psicologico dallo studio alla rete. Ma quali sono le buone pratiche per garantire che anche il setting online sia realmente terapeutico e protetto? Ne abbiamo parlato con Valentina Albertini, psicologa, psicoterapeuta, Didatta CSAPR Prato e Presidente della Fondazione dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, nonché coautrice del libro ‘La clinica e il Web’ (Franco Angeli), insieme a Gianmarco Manfrida e Erica Eisenberg. “Quando si parla di buone pratiche – spiega Albertini – nel nostro mestiere bisogna sempre avere in mente i principi del codice deontologico, occupandoci prettamente di ciò di cui abbiamo competenza”.
Il setting terapeutico non è un dettaglio
“Dalla pandemia in poi – racconta Albertini – tutti noi siamo diventati pratici di questo tipo di setting”. Ma se lo studio è un ambiente che lo psicologo può modellare e proteggere, l’ambiente virtuale pone sfide nuove: “Tendo sempre a dare delle piccole regole di relazione, anche se questa viene fatta on line. Ad esempio, chiedo che le persone abbiano la privacy giusta per poter fare la seduta, non si trovino in ambienti dove ci sono altre persone in movimento”, aggiunge la psicoterapeuta.
I vantaggi: dalla lingua alla distanza
La psicoterapia a distanza offre vantaggi significativi: “Persone che vivono in contesti isolati, che non hanno possibilità di accesso rapido a un terapeuta, un tempo potevano dover rimandare l'inizio di una psicoterapia. Oggi con l'online questo è più immediato”, dice ancora Albertini. E non solo. Il teleconsulto è una risorsa preziosa anche per gli italiani all’estero. Tuttavia, la qualità del rapporto terapeutico resta una priorità: “È necessario valutare la fattibilità del teleconsulto, senza pregiudizi alcuni, né enfatizzando i vantaggi, né gli svantaggi. Semplicemente, scegliendo le modalità più adeguate ad ogni singolo paziente”, conclude la psicologa.