Sinistri stradali: il risarcimento del danno al veicolo può superare il suo valore commerciale

La Corte di Cassazione ha aperto un nuovo fronte in tema di risarcimento dei danni patrimoniali riconoscendo la possibilità, in caso di veicoli particolarmente vetusti, di ottenere il ristoro del costo integrale necessario per le riparazioni. Leggi qui.

È di qualche giorno fa la pubblicazione della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha aperto un nuovo fronte in tema di risarcimento dei danni patrimoniali a seguito di sinistro stradale riconoscendo la possibilità, in caso di veicoli particolarmente vetusti, di ottenere il ristoro del costo integrale necessario per le riparazioni, in luogo di quello, finora riconosciuto dalla stessa giurisprudenza, del valore veniale dell’automezzo danneggiato, spesso sensibilmente inferiore alla spesa necessaria per il ripristino.

Non si tratta di questione di poco conto dal momento che riguarda la maggior parte di proprietari di veicoli in circolazione nel nostro Paese che, spesso, sono stati immatricolati molti anni fa, con conseguente perdita di valore economico che, pure in ragione del continuo giro di vite alla libera circolazione di quei mezzi ritenuti maggiormente inquinanti, risulta spesso azzerato.

Questa situazione assume grande rilievo in caso di danneggiamento in un sinistro stradale perché le Compagnie assicurative, tenute al pagamento del risarcimento, ben difficilmente riconoscevano l’intero ammontare delle spese richieste dal riparatore per il ripristino integrale del veicolo, opponendo l’antieconomicità delle riparazioni rispetto al valore veniale del mezzo, di modo che riuscivano a liquidare, spesso anche a seguito di sentenze favorevoli, importi sensibilmente inferiori rispetto a quelli indicati nel preventivo dei lavori di riparazione.

Le regole del risarcimento del danno materiale alla vettura in caso di sinistro stradale

Ogni pregiudizio implica, per sé stesso, un’incidenza negativa sulla sfera giuridica ed economica del soggetto che lo subisce; perciò, l’obbiettivo della tutela risarcitoria apprestata dal nostro ordinamento è quello di far sì che il danneggiato venga rimesso nella situazione antecedente alla verificazione dell’evento lesivo attraverso l’esecuzione delle riparazioni necessarie, ovvero mediante il riconoscimento di una somma equivalente al valore perduto. L’art. 2058 c.c. stabilisce che il danneggiato possa richiedere la reintegrazione in forma specifica ogni qual volta questa sia in tutto od in parte possibile, consentendo tuttavia al magistrato di procedere diversamente, riconoscendo il risarcimento per equivalente, ossia mediante il pagamento di una somma, qualora la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore.

Nel caso di danni patiti da un veicolo in un sinistro stradale, ciò significa che, nel primo caso, la somma riconosciuta è pari ai costi necessari per la riparazione del mezzo mentre, nel secondo, la stessa consiste nella differenza fra il valore economico del mezzo prima del sinistro e la somma eventualmente ricavabile in caso di vendita nello stato in cui si trova dopo l’evento dannoso, oltre al riconoscimento delle spese di immatricolazione ed altri oneri.

La soluzione proposta dalla Cassazione, l'eccezione e la regola

Come anticipato, la Corte di Cassazione ha recentemente chiarito la propria posizione rispetto a queste tipologie di danni affermando, nell’ordinanza n. 10686/2023, che  queste distinte modalità di liquidazione “si pongono, fra loro, in un rapporto di regola ed eccezione, nel senso che la reintegrazione in forma specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria, che può tuttavia essere derogata dal giudice - con valutazione rimessa al suo prudente apprezzamento ("può disporre") - in favore del risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata”.

Questo significa che la riparazione integrale del danno, con conseguente liquidazione dell’equivalente pecuniario delle riparazioni necessarie, deve considerarsi il primo approccio liquidativo, potendosi consentire la deroga soltanto in quei casi in cui questa possibilità risulti oltremodo impegnativa per colui che è tenuto al risarcimento.

Il significato dell'eccessiva onerosità

Proprio su questo aspetto, assolutamente dirimente per consentire il passaggio dalla regola generale all’eccezione, la Corte si è quindi soffermata osservando che l'eccessiva onerosità si rinviene quando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo per cui, da un canto, viene a rappresentare una spesa eccessivamente pesante per il danneggiante e, nel contempo, un indebito arricchimento per colui che ha patito il danno.

Proprio questo ultimo aspetto viene quindi ritenuto rilevante per valutare la correttezza dell’opera di bilanciamento fra gli opposti interessi in gioco, allorché ci si trovi a dover scegliere fra le modalità liquidative consentite dall’art. 2058 c.c.

La soluzione proposta dalla Corte di Cassazione

Se è vero che il punto di equilibrio fra le opposte esigenze è stato sempre rinvenuto nel fatto che il costo delle riparazioni non superasse oltremodo il valore di mercato del veicolo danneggiato, è altresì vero – secondo la Corte – che questo criterio non tiene doverosamente conto “della necessità di non sacrificare specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato il proprio mezzo”.

Queste esigenze devono quindi trovare adeguata tutela “nella misura in cui risultino idonee a realizzare la migliore soddisfazione del danneggiato e, al tempo stesso, non ne comportino una indebita locupletazione” e, quindi, un ingiusto vantaggio a suo favore.

La Corte ha quindi affermato che, in tale ottica, “deve dunque ritenersi che, ai fini dell'applicazione dell'art. 2058, 2 co. c.c., la verifica di eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull'entità dei costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato”.

Questo significa che, in sede di risarcimento del danno ad un veicolo ormai vecchio e con basso valore commerciale, occorrerà valutare anche le ragioni del danneggiato allorché, senza dar seguito ad inammissibili tentativi di indebito arricchimento, intenda procedere alla riparazione, anziché alla sostituzione, del suo mezzo incidentato (perché non dispone di risorse per l’acquisto di un veicolo sostitutivo, oppure perché vi sono difficoltà di reperirne uno con caratteristiche similari sul mercato, ovvero perché vuole sottrarsi ai tempi della ricerca di un veicolo equipollente e ai rischi di un usato che potrebbe rivelarsi non affidabile), per cui  il risarcimento potrebbe assumere valori anche superiori a quelli necessari per la sostituzione del mezzo.

 

Le regole del risarcimento del danno materiale alla vettura in caso di sinistro stradale

Ogni pregiudizio implica, per sé stesso, un’incidenza negativa sulla sfera giuridica ed economica del soggetto che lo subisce; perciò, l’obbiettivo della tutela risarcitoria apprestata dal nostro ordinamento è quello di far sì che il danneggiato venga rimesso nella situazione antecedente alla verificazione dell’evento lesivo attraverso l’esecuzione delle riparazioni necessarie, ovvero mediante il riconoscimento di una somma equivalente al valore perduto. L’art. 2058 c.c. stabilisce che il danneggiato possa richiedere la reintegrazione in forma specifica ogni qual volta questa sia in tutto od in parte possibile, consentendo tuttavia al magistrato di procedere diversamente, riconoscendo il risarcimento per equivalente, ossia mediante il pagamento di una somma, qualora la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore.

Nel caso di danni patiti da un veicolo in un sinistro stradale, ciò significa che, nel primo caso, la somma riconosciuta è pari ai costi necessari per la riparazione del mezzo mentre, nel secondo, la stessa consiste nella differenza fra il valore economico del mezzo prima del sinistro e la somma eventualmente ricavabile in caso di vendita nello stato in cui si trova dopo l’evento dannoso, oltre al riconoscimento delle spese di immatricolazione ed altri oneri.

La soluzione proposta dalla Corte di Cassazione: la regola generale e l’eccezione

Come anticipato, la Corte di Cassazione ha recentemente chiarito la propria posizione rispetto a queste tipologie di danni affermando, nell’ordinanza n. 10686/2023, che  queste distinte modalità di liquidazione “si pongono, fra loro, in un rapporto di regola ed eccezione, nel senso che la reintegrazione in forma specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria, che può tuttavia essere derogata dal giudice - con valutazione rimessa al suo prudente apprezzamento ("può disporre") - in favore del risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata”.

Questo significa che la riparazione integrale del danno, con conseguente liquidazione dell’equivalente pecuniario delle riparazioni necessarie, deve considerarsi il primo approccio liquidativo, potendosi consentire la deroga soltanto in quei casi in cui questa possibilità risulti oltremodo impegnativa per colui che è tenuto al risarcimento.

Il significato dell’eccessiva onerosità

Proprio su questo aspetto, assolutamente dirimente per consentire il passaggio dalla regola generale all’eccezione, la Corte si è quindi soffermata osservando che l'eccessiva onerosità si rinviene quando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo per cui, da un canto, viene a rappresentare una spesa eccessivamente pesante per il danneggiante e, nel contempo, un indebito arricchimento per colui che ha patito il danno.

Proprio questo ultimo aspetto viene quindi ritenuto rilevante per valutare la correttezza dell’opera di bilanciamento fra gli opposti interessi in gioco, allorché ci si trovi a dover scegliere fra le modalità liquidative consentite dall’art. 2058 c.c.

La soluzione proposta dalla Corte di Cassazione

Se è vero che il punto di equilibrio fra le opposte esigenze è stato sempre rinvenuto nel fatto che il costo delle riparazioni non superasse oltremodo il valore di mercato del veicolo danneggiato, è altresì vero – secondo la Corte – che questo criterio non tiene doverosamente conto “della necessità di non sacrificare specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato il proprio mezzo”.

Queste esigenze devono quindi trovare adeguata tutela “nella misura in cui risultino idonee a realizzare la migliore soddisfazione del danneggiato e, al tempo stesso, non ne comportino una indebita locupletazione” e, quindi, un ingiusto vantaggio a suo favore.

La Corte ha quindi affermato che, in tale ottica, “deve dunque ritenersi che, ai fini dell'applicazione dell'art. 2058, 2 co. c.c., la verifica di eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull'entità dei costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato”.

Questo significa che, in sede di risarcimento del danno ad un veicolo ormai vecchio e con basso valore commerciale, occorrerà valutare anche le ragioni del danneggiato allorché, senza dar seguito ad inammissibili tentativi di indebito arricchimento, intenda procedere alla riparazione, anziché alla sostituzione, del suo mezzo incidentato (perché non dispone di risorse per l’acquisto di un veicolo sostitutivo, oppure perché vi sono difficoltà di reperirne uno con caratteristiche similari sul mercato, ovvero perché vuole sottrarsi ai tempi della ricerca di un veicolo equipollente e ai rischi di un usato che potrebbe rivelarsi non affidabile), per cui  il risarcimento potrebbe assumere valori anche superiori a quelli necessari per la sostituzione del mezzo.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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