Giornata internazionale della nonviolenza, il punto sulle aggressioni agli operatori sanitari

Le aggressioni fisiche e verbali contro medici e operatori sanitari sono in aumento da tempo. I numeri del fenomeno, le posizioni dei rappresentanti e le proposte dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie

Sommario
  1. Violenza verso medici e operatori sanitari, una giornata per sensibilizzare la popolazione
  2. Aggressioni agli operatori sanitari, i numeri
  3. L’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps)
  4. Le proposte dell’Onseps
  5. Le posizioni dei rappresentanti degli operatori sanitari

Ogni due ottobre dal 2007 (quando fu promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, precisamente il 15 giugno di quell’anno) si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza.

La nonviolenza rappresenta un principio filosofico e un metodo per la risoluzione dei conflitti, fondato sul rifiuto dell’utilizzo di violenza fisica, psicologica o emotiva per perseguire scopi di natura politica, sociale o personale. La nonviolenza sottolinea il rispetto per la dignità umana e si basa sulla convinzione che le divergenze e le dispute possano essere affrontate in maniera pacifica attraverso il dialogo, la negoziazione e azioni che, in generale, non coinvolgono la violenza. Tra i principi cardini della nonviolenza vi sono: rifiuto della violenza fisica, resistenza passiva, educazione, sensibilizzazione, dialogo e negoziazione.

Ma perché è stato scelto, tra tutti, proprio questo giorno? Perché si tratta della data di nascita del principale promotore di questo principio. Parliamo ovviamente del Mahatma Gandhi, nato per l’appunto il 2 ottobre 1869.

Violenza verso medici e operatori sanitari, una giornata per sensibilizzare la popolazione

I principi di fratellanza, solidarietà e, per l’appunto, nonviolenza dovrebbero valere sempre, in ogni occasione e per tutti, singoli e categorie di persone. Va purtroppo sottolineato che ne esiste una, di categoria, che negli ultimi anni se l’è passata talmente male, in termini di aggressioni subite e discredito accumulato, che le autorità hanno sentito la necessità di indire una giornata, anche questa dedicata alla nonviolenza, dedicata soltanto a loro. Parliamo della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. La giornata è stata ufficializzata con il decreto del ministro della salute del 27 gennaio 2022 e viene celebrata il 12 marzo di ogni anno.

Aggressioni agli operatori sanitari, i numeri

Le aggressioni rivolte a questi professionisti, in particolare nei reparti di pronto soccorso, stanno infatti (e purtroppo) aumentando in modo preoccupante. Secondo i dati più recenti forniti dall’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (Inail), relativi agli anni che vanno dal 2019 al 2021, sono state registrate un totale di 4.821 aggressioni, con una media di circa 1.600 all’anno.

Il 37% delle aggressioni si è verificato nel settore dell’assistenza sanitaria, che comprende ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari. Il 33% delle aggressioni ha coinvolto invece i servizi di assistenza sociale residenziale, tra cui case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza. il rimanente 30%, infine, ha avuto luogo nel comparto dell’assistenza sociale non residenziale. Altro dato preoccupante è quello secondo cui il 71% delle vittime di queste aggressioni erano donne. Analizzando per fasce d’età, emerge che il 23% dei casi coinvolge operatori sanitari sotto i 34 anni, il 39% riguarda coloro che hanno un’età compresa tra 35 e 49 anni, il 37% coinvolge operatori di età compresa tra 50 e 64 anni e solo l’1% riguarda persone di età superiore ai 64 anni.

Inoltre, più di un terzo delle aggressioni coinvolge infermieri ed educatori professionali, principalmente quelli che lavorano in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani all’interno di strutture sanitarie o socio-educative. La categoria professionale più colpita è quella dei tecnici della salute, che rappresenta oltre un terzo dei casi, comprendendo principalmente infermieri, oltre a educatori professionali. Al secondo posto, con il 29% delle aggressioni, ci sono gli operatori socio-sanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, seguiti dal 16% delle professioni qualificate nei servizi personali e assimilati, tra cui operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità. In modo meno frequente, con solo il 3% dei casi di aggressione, sono stati coinvolti medici, sebbene non rientrino nell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i professionisti medici.

Infine, un’indagine condotta dall’Ordine dei medici di Bari, in collaborazione con il Gruppo di lavoro donne medico Agapanto, ha evidenziato che la Puglia è una delle regioni in cui il fenomeno delle aggressioni è più frequente. Nel 2022, ad esempio, si è registrato un aumento del 60,87% delle aggressioni nei confronti degli operatori della Croce Rossa. Inoltre, il 20,48% delle aggressioni è stato perpetrato da gruppi di aggressori, mentre nel 44,18% dei casi gli aggressori erano utenti delle strutture sanitarie.

L’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps)

Per affrontare la difficile situazione è stato inoltre di recente istituito l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie presso la Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale del Ministero della Salute, in conformità al Decreto Ministeriale del 13 gennaio 2022. L’Osservatorio raccoglie dati essenziali per la relazione annuale che il ministro della Salute deve presentare al Parlamento in merito alle attività svolte.

I compiti dell’Onseps sono diversi:

  • Monitorare gli episodi di violenza commessi ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie durante l’esercizio delle loro funzioni;
  • Promuovere studi e analisi al fine di formulare proposte e misure atte a ridurre i fattori di rischio nei contesti più esposti;
  • Promuovere corsi di formazione per il personale medico e sanitario finalizzati alla prevenzione e alla gestione dei conflitti, nonché all’ottimizzazione della comunicazione con gli utenti;
  • Verificare l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, inclusa la promozione dell’utilizzo di sistemi di videosorveglianza;
  • Monitorare gli eventi sentinella che possono portare a fatti di violenza o minaccia contro gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nel corso delle loro attività;
  • Favorire la diffusione delle buone pratiche in materia di sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, compreso il lavoro di squadra.

I membri dell’Osservatorio vengono nominati tramite decreto ministeriale il 17 febbraio 2022 e hanno un mandato di tre anni dalla data di insediamento. Possono essere riconfermati. Questi sono:

  • Rappresentanti di Regioni e Province autonome;
  • Un rappresentante dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas);
  • Rappresentanti dei ministeri della Salute, Interno, Difesa, Giustizia e Lavoro, nonché dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro;
  • Rappresentanti degli ordini professionali interessati, delle organizzazioni sindacali di categoria e delle organizzazioni di settore;
  • Per quanto riguarda i rappresentanti del Ministero della Salute, l’Osservatorio è costituito da membri designati da diverse direzioni generali, tra cui la prevenzione sanitaria, le professioni sanitarie e risorse umane, la programmazione sanitaria, la digitalizzazione e il sistema informativo sanitario e la statistica.

Le proposte dell’Onseps

Dopo uno studio e un’analisi condotti nel corso dell’anno 2022 (ovvero a quando risale l’ultimo rapporto, presentato al Parlamento lo scorso marzo), l’Onseps ha identificato la necessità di affrontare il problema della sicurezza degli operatori sanitari con un approccio sistematico che coinvolga diversi livelli: legislativo/istituzionale, culturale (rivolto a cittadini e professionisti) e gestionale/organizzativo. Sono stati individuati alcuni temi chiave per la formulazione di specifiche proposte di intervento suddivise in tre macroaree.

Ambito organizzativo: affrontare la carenza di personale, ritenuta una delle principali cause dei disservizi in sanità e delle aggressioni; potenziare la formazione mirata al riconoscimento dei comportamenti a rischio e alle tecniche di de-escalation nella comunicazione; promuovere campagne informative rivolte sia agli operatori sanitari che alla cittadinanza per aumentare la sensibilità e la conoscenza in materia di prevenzione e gestione delle aggressioni; favorire il lavoro in équipe per ridurre il rischio e stabilire procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare.

Ambiente lavorativo: migliorare l’ambiente di lavoro, compreso il comfort e la sicurezza degli spazi dedicati alle attese per pazienti, familiari e caregiver; utilizzare strumenti rapidi di richiesta di aiuto durante l’aggressione, con intervento immediato delle forze dell’ordine; identificare i fattori contribuenti agli episodi di violenza nelle aziende e mettere in atto misure preventive e correttive previste dalla normativa; incentivare il ricorso a protocolli operativi con le forze dell’ordine in territori a bassa legalità o aziende a rischio.

Funzione e attività degli enti: ridurre le liste di attesa e garantire tempi ragionevoli per le prestazioni sanitarie; responsabilizzare il Direttore generale dell’Azienda e prevedere la costituzione di parte civile da parte delle aziende sanitarie in caso di danni ai professionisti; riconoscere lo status di pubblico ufficiale agli operatori sanitari come deterrente per le aggressioni.

Le posizioni dei rappresentanti degli operatori sanitari

Inutile dire che i rappresentanti istituzionali e sindacali di medici e operatori sanitari sono intervenuti più volte sull’argomento:

Filippo Anelli (presidente Fnomceo): “Non dimentichiamo che anche la violenza ha conseguenze sulla salute, immediate ma anche indirette e a lungo termine: eventi cardiovascolari, disturbi post traumatici da stress sono effetti collaterali delle aggressioni, provati dalle evidenze scientifiche e per i quali la stessa Cassazione ha, più volte, riconosciuto un nesso causale”, ha dichiarato di recente il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. “Anche in questo senso chiediamo un intervento, che permetta di applicare pienamente la Legge 113/2020 sulla sicurezza dei professionisti sanitari. Dobbiamo agire, per prevenire questi atti che hanno conseguenze sulla salute degli operatori, sulla sicurezza delle cure e sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, sempre più provato dall’abbandono da parte dei professionisti stremati da condizioni di lavoro intollerabili”.

“Dal Governo attuale – ha spiegato ancora Anelli –, che ha dimostrato sensibilità e prontezza di azione, ci aspettiamo una risposta che inserisca la sicurezza delle strutture e degli operatori sanitari come una priorità di azione dell’Esecutivo e, di conseguenza, una priorità di ordine pubblico. La violenza contro i professionisti della salute è una vera emergenza nazionale, non solo di sanità pubblica: occorre una risposta corale, sinergica e coordinata da parte dell’intero Governo”.

Barbara Mangiacavalli (presidente Fnopi): “Per fronteggiare e contrastare violenze e aggressioni è necessario, in primis, decongestionare i Pronto soccorso. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale puntare e investire sulla sanità territoriale, avviando finalmente quel processo di deospedalizzazione di cui si parla ormai da tantissimi anni. Devono esserci strutture e servizi cui possano rivolgersi i casi meno gravi, abbattendo così i tempi di attesa negli ospedali e migliorando tutto ciò che si trova fuori dal Pronto soccorso. Anche perché spesso non è solo una questione di gravità del caso ma di appropriatezza: le persone spesso chiedono al pronto soccorso e al 112 risposte che devono essere date dal territorio”.

È quanto affermato di recente in una nota la presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche. “È un tema che riguarda anche l’appropriatezza delle cure – spiega –: nei Pronto soccorso si devono trattare soltanto le emergenze, rafforzando invece la rete territoriale di assistenza primaria. Ci sono situazioni che devono essere affrontate ad esempio presso le strutture intermedie, con la rete degli infermieri di famiglia e comunità e dei medici di medicina generale, con i servizi socio assistenziali che però devono essere riqualificati e potenziati, a partire da un’estensione della loro disponibilità oraria e di personale. In questo senso – aggiunge Mangiacavalli – il Pnrr rappresenta un serbatoio di opportunità che occorre valorizzare, senza farsi sfuggire l’occasione per ridisegnare con maggiore razionalità i nostri modelli organizzativi”.

Teresa Calandra (FNO TSRM e PSTRP): “La violenza in generale, e in particolare nei confronti degli operatori sanitari, non è solo fisica o verbale, ma anche strutturale, prodotta dall’organizzazione, sociale e lavorativa, dalle sue profonde diseguaglianze e ingiustizie, che si traducono in abusi e sofferenze”, afferma la presidente della Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP. L’istituzione dell’Osservatorio nazionale per la sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie consente “di studiare il fenomeno affinché tutto quel che sapremo possa servire a capirlo meglio e soprattutto a prevenirlo”.

Guido Quici (Cimo-Fesmed): “Gli episodi di violenza ai danni dei sanitari sono un fenomeno in crescita e inaccettabile”. Secondo il sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed va arginato “inviando nelle strutture ospedaliere le Forze dell’Ordine, eventualmente anche l’esercito, per garantire l’ordine pubblico”. “Militarizzare i luoghi di cura potrà apparire una misura esagerata, ma ci troviamo di fronte ad un’emergenza che richiede un intervento straordinario – commenta Quici, presidente della Federazione -. Proponiamo allora l’avvio di un’operazione ‘Ospedali sicuri’, sulla scia di ‘Strade sicure’, per tutelare il personale sanitario e disincentivare le azioni violente”.

Pierino Di Silverio (Anaao-Assomed): “Le violenze sugli operatori sanitari sono diventate un vero e proprio ‘bollettino di guerra’ quotidiano. Pur apprezzando la volontà dei ministri della salute e dell’Interno di intervenire per arginare il fenomeno, è giunto il momento di far seguire alle intenzioni le azioni”, ha spiegato il segretario nazionale di Anaao-Assomed. “Non bastano misure deterrenti, seppur utili quali drappelli di polizia, inasprimento delle pene e procedimenti d’ufficio per chi commette violenza sugli operatori. Occorre un cambio di paradigma del sistema di cure. Bene la sensibilizzazione, ma le aggressioni sono l’effetto di un disagio profondo e non la causa”.

Arnaldo Iodice, giornalista

Di: Redazione Consulcesi Club

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