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La morte digitale e l’accesso alla cartella clinica elettronica del defunto

10/02/2023

È possibile accedere alla cartella clinica di un defunto? Leggi qui quali sono le condizioni necessarie.

La morte digitale e l’accesso alla cartella clinica elettronica del defunto

Da anni si è aperto il dibattito, tra gli addetti ai lavori e non solo, su che fine faranno i dati che durante la nostra vita seminiamo sul web: e-mail, profili social, password di accesso ad ogni genere di piattaforma (da quella bancaria a quella per guardare la partita in streaming con gli amici), dove andranno a finire quando non ci saremo più?

 

I più ordinati, magari, avranno lasciato – in barba a tutte le normative sulla sicurezza informatica – un bloc-notes con annotate tutte le password, che i parenti andranno a cercare per poter accedere a queste piattaforme.

 

Altri avranno deciso di affidare le proprie password ad apposite applicazioni disponibili sul web, il cui accesso, però, avviene sempre mediante username e password che i congiunti dovranno, in un modo o nell’altro, conoscere.

 

Come tutelare il proprio patrimonio digitale

 

I tecnici del diritto suggeriscono, per tutelare il loro “patrimonio digitale” dopo la propria dipartita, la stipula di:

  • Un legato di password, cioè un atto tramite il quale si dispone il lascito di tutte le proprie password di accesso a qualunque sito/piattaforma, ecc.
  • Un mandato post mortem exequendum, con il quale il soggetto che riceve il mandato (mandatario) alla morte del de cuius dovrà compiere gli atti da lui indicati in mandato, accedendo dati digitali del defunto con le password che ha lasciato

 

Nell’ambito della professione medica, il sanitario spesso si trova di fronte a problematiche simili, nel caso di richieste di accesso ai dati sanitari e alla cartella clinica di un paziente defunto da parte dei parenti.

 

Vediamo come comportarsi in queste situazioni.

 

La normativa di riferimento

 

Partiamo dal presupposto che la cartella clinica (cartacea o elettronica, per quanto quest’ultima ancora purtroppo poco diffusa nella prassi), così come i dati sanitari di un paziente, sono dei dati personali.

 

La normativa di riferimento è perciò da individuarsi, principalmente, nel G.D.P.R., che, tuttavia, non si applica ai dati personali delle persone decedute. Il Regolamento, però, consente ai singoli Stati membri di prevedere delle norme riguardanti il trattamento dei dati personali delle persone decedute.

 

Nel nostro Paese, dal 2018, è stato introdotto all’interno del Codice della Privacy (il d.lgs. n. 196/2003) l’art. 2 terdecies, che disciplina proprio i diritti riguardanti le persone decedute. Secondo tale disposizione, tutti i diritti inerenti i dati personali di persone decedute (accesso e processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione) possono essere esercitati:

 

  • Da chi ha un interesse proprio
  • Da chi agisce a tutela dell’interessato (cioè il defunto)
  • Da chi ha ricevuto un mandato dal defunto
  • Per ragioni familiari meritevoli di protezione

 

L’esercizio di tali diritti è escluso nei casi espressamente previsti dalla legge.

 

Cosa può fare il defunto

 

Il defunto può comunque espressamente vietare, in tutto o in parte, l’accesso ai propri dati con apposita dichiarazione scritta presentata o comunicata al soggetto che detiene i suoi dati, cioè il titolare del trattamento; questa decisione deve essere specifica, libera e informata, ed è sempre revocabile o modificabile da parte del de cuius.

 

Tale divieto, in ogni caso, non può pregiudicare:

 

  1. l’esercizio da parte di terzi di diritti patrimoniali derivanti dalla morte dell’interessato
  2. il diritto di difendere in giudizio i propri interessi

 

Il sanitario o la struttura sanitaria che ricevono la richiesta di accesso alla cartella clinica del paziente defunto, pertanto, dovranno preliminarmente accertare:

 

  1. che il paziente non abbia negato l’accesso ai suoi dati sanitari a terzi (anche parenti)
  2. che sussista in capo ai richiedenti un interesse proprio o che l’accesso sia a tutela del defunto ovvero che il de cuius abbia rilasciato ai richiedenti un apposito mandato (che dovrà essere esibito) ovvero che gli stessi siano spinti da ragioni familiari meritevoli di protezione
  3. che, nel caso di diniego da parte del paziente, ciò non pregiudichi i diritti patrimoniali dei richiedenti o il diritto di difendere in giudizio i propri interessi

 

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Un esempio classico può essere quello di un paziente che neghi espressamente l’acceso ai propri dati sanitari ai familiari, perché magari affetto da una malattia che non vuole rendere nota a nessuno.

 

Dopo la sua morte, i congiunti potrebbero avere necessità di copia della cartella clinica per attivare le pratiche di riscossione di una polizza vita, oppure semplicemente per valutare l’eventuale sussistenza di una responsabilità medica. In tal caso, il diniego del de cuius arrecherebbe un pregiudizio a diritti patrimoniali dei richiedenti e ne pregiudicherebbe l’eventuale difesa in giudizio, per cui l’azienda sanitaria dovrà consentire l’accesso alla cartella clinica.

 

Il medico o la struttura sanitaria devono rispondere alla richiesta di accesso alla cartella clinica del defunto entro 30 giorni dalla ricezione, salvo proroghe, da comunicare all’istante, per evitare di incorrere in eventuali azioni di tipo amministrativo che, se fondate, li esporrebbero al rischio di cospicue condanne alle spese.

 

Casi pratici di accesso alla cartella clinica del defunto

 

La casistica sull’accesso alla cartella clinica del de cuius è varia, e nelle ipotesi in cui vengono interpellati i giudici per dirimere i diversi interessi in gioco, la giurisprudenza tende a operare un bilanciamento tra l’esigenza di mantenere comunque riservate le informazioni sanitarie del de cuius e la contemporanea richiesta dei terzi (solitamente parenti) di accedervi in virtù di idonea motivazione.

 

L’accesso alla cartella clinica di un congiunto può rendersi necessario, ad esempio, per verificare l’eventuale inadempimento dei sanitari nell’assistere il de cuius ed eventualmente esercitare le azioni giudiziarie ritenute più opportune.

 

Rappresenta un “interesse proprio” anche quello di un familiare che voglia accertare se la patologia che ha causato la morte del proprio congiunto sia di natura genetica, per effettuare degli eventuali interventi di natura preventiva a tutela della propria salute.

 

Cartella clinica del defunto, cos’è l’interesse proprio?

 

Deve essere qualificato come “interesse proprio”, che legittima l’accesso alla cartella clinica, quello della madre di una neonata deceduta presso una struttura sanitaria che abbia esercitato il diritto a non essere nominata nella dichiarazione di nascita, se la donna fonda la propria richiesta sulla necessità di ottenere informazioni indispensabili per eseguire indagini cliniche necessarie ad accertare l’eventuale patologia genetica di cui potrebbe essere portatrice e le modalità di trasmissione, in modo da poter effettuare una concreta valutazione del rischio di procreazione tale da consentirle una scelta riproduttiva futura consapevole e informata.

 

Rientra nella casistica di cui all’art. 2 terdecies del Codice Privacy, ed è perciò meritevole di accoglimento, la domanda dell’ex moglie di un paziente deceduto che chieda all’Azienda sanitaria copia della cartella clinica del defunto per accertarne la capacità di intendere e di volere al momento della prestazione del consenso al secondo matrimonio, avvenuto soli due giorni prima dell’evento morte.

 

Cartella clinica del defunto. La non applicabilità dell’art. 92 del Codice Privacy

 

Succede spesso che le strutture sanitarie, una volta ricevuta la richiesta di accesso alla cartella clinica da parte dei parenti del defunto, neghino tale facoltà, citando l’art. 92 del Codice della privacy.

 

L’art. 92, in effetti, si occupa proprio della cartella clinica, e stabilisce che la richiesta può essere accolta solo se giustificata dalla documentata necessità:

 

  1. Di esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria di rango pari a quello dell’interessato, ovvero un diritto della personalità o altro diritto o libertà fondamentale
  2. Di tutelare, in conformità alla normativa sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella del paziente, ovvero che consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale

 

Tale diniego è ingiustificato e irrazionale, ed espone il medico o la struttura sanitaria al rischio di subire una pesante condanna davanti al giudice amministrativo per aver negato il diritto di accesso alla cartella clinica del proprio congiunto.

 

Infatti, pur essendo vero che l’art. 92 del Codice della privacy limita, per la cartella clinica, la possibilità di accesso a terzi estranei solo nel caso di necessità di esercitare/difendere un diritto in giudizio o una situazione giuridicamente rilevante, l’art. 2 terdecies dello stesso Codice consente un accesso più vasto ai dati sanitari del defunto.

 

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È bene che il medico e il personale delle strutture sanitarie sappiano che la giurisprudenza è unanime (da ultimo si ricorda T.A.R. Lombardia Milano n. 1284/2022) nel ritenere che il giudizio sulla richiesta di accesso alla cartella clinica del defunto da parte di terzi è soggetto all’applicazione del solo art. 2 terdecies del Codice, che – ripetiamo – consente l’accesso:

 

  • a chi ha un interesse proprio
  • a chi agisce a tutela dell’interessato (cioè il defunto)
  • a chi ha ricevuto un mandato dal defunto
  • Per ragioni familiari meritevoli di protezione

 

Del resto, se si dovesse limitare l’accesso alla cartella clinica del defunto alle sole due ipotesi previste dall’art. 92, neanche i più stretti congiunti del paziente riuscirebbero – in assenza dei requisiti – ad accedere ai dati del proprio caro, con conseguenze a dir poco paradossali.

 

Il personale medico e sanitario di strutture pubbliche e private deve essere ben formato sulla normativa in materia di accesso alla cartella clinica del de cuius, per evitare di far incorrere l’azienda in spiacevoli vicende giudiziarie che hanno dei costi rilevanti e non trascurabili, sia in termini meramente economici che di diritti dei pazienti e di reputazione della struttura.

 

Manuela Calautti, avvocato