Orari di lavoro, diritti e doveri dei professionisti della sanità

Le aziende Sanitarie spesso in materia di materia di orari di servizio, straordinari e recupero dei giorni festivi utilizzano delle procedure non conformi alle normative vigenti, impedendo così ai medici di godere pienamente dei propri riposi e del loro diritto alle ferie. Quali sono i comportamenti illegittimi più frequenti e quando ci si può tutelare.

Sommario
  1. Recupero delle festività
  2. Le normative a tutela del professionista
  3. Durata e fruizione delle ferie

A cura dell’ Avv. Marco Croce, patrocinante in Cassazione

Il medico in servizio presso le aziende ed enti del Servizio Sanitario pubblico può venire a trovarsi in una condizione di soggezione rispetto a un contegno sfavorevole dell’Azienda datrice di lavoro, in materia di orario di servizio, straordinario e recupero dei giorni festivi.

Recupero delle festività

Talune Amministrazioni pubbliche sanitarie dispongano il recupero dei festivi nel mese successivo rispetto a quello di maturazione. Siffatto modus operandi, già di per sé ingiustificato, impatta con l’orario di lavoro via via svolto dal medico. Quindi, il medico si trova ad effettuare, per esigenze di servizio, un orario di lavoro eccedente rispetto a quello previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Si tratta di straordinario, che di fatto non è autorizzato e, pertanto, non viene remunerato.

Cosicché, il quadro in disamina ci consegna lo svolgimento, da parte del medico, di ore di lavoro in eccedenza e il recupero dei festivi nei mesi successivi. Talora, insieme a ciò, si registra la consumazione impropria di giorni di ferie, non voluti e non decisi dal medico; il tutto, al fine di “riequilibrare” il monte orario e la regolazione dei riposi.

Inoltre, la prassi di considerare il recupero del festivo come “recupero ore”, pur avendo il medico appositamente richiesto di recuperare la festività lavorata, va inevitabilmente ad incidere sulle ore accumulate dal lavoratore oltre il limite prefissato: ore di lavoro che il medico non ha la possibilità di verificare, giacché esse non vengono inserite nei cedolini mensili, sebbene si tratti di lavoro in concreto effettuato per venire incontro alle esigenze assistenziali, con un dispendio aggiuntivo e una ulteriore penosità intrinseca del servizio svolto in eccedenza rispetto all’orario di servizio prestabilito. Si tratta di più giorni al mese, con un effetto a catena che altera la funzione tipica di istituti fondamentali del diritto del lavoro quali le ferie, i riposi e lo straordinario.

Le normative a tutela del professionista

In sostanza, in questi casi, da un lato, viene prestato lavoro straordinario che non viene remunerato, dall’altro lato, vengono disposte modalità e tempistiche sul recupero dei festivi ad unilaterale arbitrio aziendale, definendo la fruizione delle ferie del medico dipendente esclusivamente in base a interessi datoriali. Ne discende l’insorgenza sistematica di un deficit orario che, invece, dovrebbe essere conteggiato a titolo di lavoro straordinario in favore del medico.

In materia, occorre fare riferimento all’art. 24 del CCNL dell’Area medica del 19.12.2019, ove – confermandosi in 38 ore settimanali l’orario di lavoro dei Dirigenti medici – si stabilisce che lo stesso sia funzionale al servizio e all’apertura al pubblico, nonché al mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari.

Il comma 1 del medesimo articolo prosegue disponendo che “nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’Azienda o Ente, i dirigenti assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando in modo flessibile l’impegno di servizio per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all’espletamento dell’incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare. I volumi prestazionali richiesti all’equipe ed i relativi tempi di attesa massimi per la fruizione delle prestazioni stesse vengono definiti con le procedure previste dal presente CCNL in materia di assegnazione degli obiettivi annuali ai dirigenti di ciascuna unità operativa, anche ai fini dell’erogazione dei premi correlati alla performance, stabilendo la previsione oraria per la realizzazione di detti programmi. L’impegno di servizio necessario per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti l’orario dovuto di cui al comma 2, fermo restando quanto previsto dall’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n.502/92 e s.m.i., è negoziato con le medesime procedure, sulla base di quanto previsto all’art. 93, comma 5” (Retribuzione di risultato e relativa differenziazione).

La norma del CCNL in esame, poi, al comma 6, stabilisce: “Ove per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti quelli negoziati ai sensi dei commi 1 e 5, sia necessario un impegno aggiuntivo, l’Azienda o Ente, sulla base delle linee di indirizzo regionali ed ove ne ricorrano i requisiti e le condizioni, può concordare con l’equipe interessata l’applicazione dell’istituto delle prestazioni aggiuntive di cui all’art. 115, comma 2 (Tipologie di attività libero professionale intramuraria) in base al regolamento adottato dalle Aziende o Enti. La misura della tariffa oraria da erogare per tali prestazioni è di € 60,00 lordi onnicomprensivi. Nell’individuazione dei criteri generali per l’adozione di tale atto dovrà essere indicato che l’esercizio dell’attività libero professionale relativo all’istituto delle prestazioni aggiuntive di cui all’art. 115, comma 2 (Tipologie di attività libero professionale intramuraria) è possibile solo dopo aver garantito gli obiettivi prestazionali negoziati”.

L’art. 30 dello stesso CCNL prevede che le prestazioni di lavoro straordinario debbano essere rivolte a fronteggiare situazione di emergenza e non come strumento ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro.

Quanto, poi, alla fruizione delle ferie, si è in presenza di un diritto irrinunciabile tutelato a livello costituzionale (art. 36 Cost.), la cui rinuncia non è ammessa dall’ordinamento, neppure in forma tacita o implicita. Più in particolare, la disciplina che regola in concreto le ferie dei Dirigenti medici è contenuta nell’art. 33 del surrichiamato CCNL del 19.12.2019, che al comma 9 prevede: “Le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 10. Esse sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi compatibili con le esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste del Dirigente”, il successivo comma 9 bis aggiunge: “in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità, al dirigente è consentito, di norma, il godimento di almeno 15 giorni. continuativi di ferie nel periodo dal 1° giugno al 30 settembre”.

Durata e fruizione delle ferie

Per ciò che concerne l’individuazione della durata e del periodo di fruizione delle ferie, occorre fare riferimento a quanto previsto sia dalla legge, sia dalla contrattazione collettiva. L’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003, così come modificato dal D. Lgs. n. 213/2004 contempla il diritto del lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane, che deve essere goduto per almeno due settimane consecutive, in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi all’anno di maturazione. La stessa disposizione fa salvo quanto previsto in senso più favorevole dalla con trattazione collettiva applicata al rapporto, come da art. 33 del citato CCNL della dirigenza medica del 19.12.2019.

Quanto al periodo di fruizione delle ferie, la legge riserva al datore di lavoro il potere di individuare, di concerto con il dipendente, i periodi e le modalità di fruizione delle ferie “tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro” (art. 2109, comma 2, Cod. Civ.). Sicché, non sussiste una potestà unilaterale del datore di lavoro in questo ambito e, soprattutto, le ferie non possono essere prescritte al dipendente per surrogare peculiari gestioni dei riposi e dello straordinario. Laddove il dirigente medico dipendente non possa fruire del recupero orario, le ore in eccedenza vanno retribuite. In tal senso, si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, la quale, con sentenza n. 21262/2015 ha rilevato che le ore di lavoro straordinario espletate dai dirigenti medici per eseguire il servizio di guardia notturno e/o festivo, quando non possono essere recuperate con riposi compensativi, debbono essere retribuite; infatti, nessuna norma consente di affermare che il diritto del lavoratore ad essere compensato per lavoro notturno o festivo possa essere soddisfatto nei soli limiti di capienza del fondo.

Alla luce di tutto quel che precede, le aziende ed enti pubblici sanitari sono tenuti a gestire l’orario del personale medico dipendente in conformità alla legge e alla contrattazione collettiva, nonché in osservanza del principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.

In ultima analisi, non si può ovviare alle carenze di organico mediante un utilizzo improprio degli istituti sinora considerati, a discapito delle risorse umane impiegate.

Di: Redazione Consulcesi Club

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