Sistema sanitario universalistico e partnership con il privato: quali prospettive?

La sanità pubblica e il settore privato: quale dialogo per garantire il concreto diritto alla salute e l’equità di accesso alle cure? La prospettiva di una partnership e l’analisi attuale.

Sommario
  1. Servizio sanitario pubblico in affanno: un po’ di numeri e lo scenario attuale
  2. Come conciliare il prestigio della governance pubblica con il valore del privato in sanità?
  3. Quali prospettive, dunque, tra pubblico e privato in sanità?

Il sistema sanitario universalistico garantisce a tutti i cittadini l’accesso ai servizi sanitari ed è considerato uno strumento fondamentale per promuovere l’equità e garantire il diritto alla salute. Questo modello prevede che il finanziamento del sistema provenga principalmente dalle tasse dei cittadini contribuenti e che i servizi siano forniti da strutture pubbliche.

Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a una crescente collaborazione tra il settore pubblico e quello privato nel campo della sanità. Queste partnership possono offrire diverse opportunità e prospettive per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari.

Ultimamente si è discusso di una possibile prospettiva nell’aumentare l’accesso ai servizi sanitari mediante l’utilizzo delle strutture private. In molti Paesi, compresa l’Italia purtroppo, le liste d’attesa per determinate prestazioni sanitarie sono lunghe e questo può comportare ritardi nella diagnosi e nel trattamento delle malattie. La collaborazione con il settore privato potrebbe consentire di ridurre queste liste d’attesa, garantendo un accesso più tempestivo ai servizi sanitari. Inoltre, la collaborazione con il settore privato potrebbe contribuire a migliorare la qualità dei servizi sanitari. Le strutture private spesso dispongono di tecnologie all’avanguardia e di personale altamente specializzato, che potrebbero essere messi a disposizione dei pazienti anche nel contesto del sistema sanitario universale. La presenza di una sana competizione tra il settore pubblico e privato potrebbe stimolare entrambi i settori a migliorare e innovare i propri servizi.

Tuttavia, sin da quando si pensa a una possibile partnership, è importante anche considerare alcuni aspetti critici. Ad esempio, la collaborazione con il settore privato potrebbe comportare un aumento dei costi per il sistema sanitario universale, poiché i servizi forniti dal settore privato tendono ad essere più costosi rispetto a quelli pubblici. Ciò potrebbe comportare una maggiore disparità nell’accesso ai servizi sanitari, poiché le persone con maggiori risorse finanziarie potrebbero essere in grado di accedere a servizi di miglior qualità rispetto a quelle con minori risorse. Tra l’altro, la collaborazione con il settore privato potrebbe comportare anche il rischio di una perdita di controllo da parte del sistema sanitario universale. Le strutture private tendono ad avere obiettivi diversi da quelli del sistema pubblico, come la massimizzazione dei profitti. Se il settore privato assumesse un ruolo predominante nella fornitura dei servizi sanitari, potrebbe verificarsi un cambiamento nel paradigma di cura, con una maggiore enfasi sul profitto piuttosto che sulla salute dei pazienti.

Quindi, la collaborazione con il settore privato nel contesto del sistema sanitario universale offre diverse prospettive e opportunità. Tuttavia, è fondamentale che questa partnership sia attentamente regolamentata per evitare un aumento delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e per garantire che il principio dell’universalismo rimanga al centro del sistema sanitario, senza svilire in nessun modo la professione sanitaria.

Servizio sanitario pubblico in affanno: un po’ di numeri e lo scenario attuale

Secondo gli ultimi dati dell’Annuario Statistico del Ministero della Salute (relativi al 2021), le strutture sanitarie censite sul nostro territorio sono:

  • 995 per l’assistenza ospedaliera, 8.778 per l’assistenza specialistica ambulatoriale,
  • 984 per l’assistenza territoriale residenziale,
  • 005 per l’assistenza territoriale semiresidenziale,
  • 064 per l’altra assistenza territoriale e 1.154 per l’assistenza riabilitativa (ex. art. 26 L. 833/78).

Di queste, le strutture private che erogano assistenza ospedaliera sono il 48,6% del totale mentre quelle che erogano altra assistenza territoriale il 14%.

Ma non solo.

Un recente rapporto della Ragioneria Generale dello Stato sulla spesa sanitaria sottolinea che il SSN continua ad essere in affanno e sembra non riprendersi. La spesa sanitaria pubblica ha, infatti, toccato 129,2 mld cui vanno sommati altri 40 mld di spesa out of pocket per arrivare ad un totale di quasi 170 mld. Nelle Regioni, inoltre ad aumentare è anche il disavanzo (ante coperture) a 1,4 miliardi. Nonostante ciò, la rinuncia alle cure si aggrava nelle fasce sociali svantaggiate, raggiungendo il 37% tra coloro che riferiscono di avere molte difficoltà ad arrivare alla fine mese con le risorse di cui dispongono.


In questo modo garantire un equo accesso alle cure e il diritto alla salute per tutti diventa sempre più difficile. Serve una soluzione.


Proprio da questi dati e dalla voglia di poter preservare i diritti fondamentali come il diritto alla salute e il diritto dei medici a lavorare in maniera serena, sono sempre più auspicabili e preferibili le collaborazioni e gli scambi tra gli attori del panorama SSN con privati del settore.

Come conciliare il prestigio della governance pubblica con il valore del privato in sanità?

Alle condizioni appena prospettate diventa davvero difficile prevedere un facile bilanciamento di diritti, basato solo sulle collaborazioni tra medici. In tal caso, non sono i professionisti a svolgere il ruolo di collante e garante, ma è soprattutto lo Stato che deve riconoscere il valore della sanità privata e stabilire una governance che riesca a stabilire un dialogo con il SSN.  Soltanto trovando delle soluzioni in questo senso, la patient journey può risultare semplice e concreto al paziente, attorno al quale devono ruotare tutte le logiche.

Ormai da tanto tempo si parla di “secondo pilastro in sanità”, riferendosi al settore privato della sanità e sin da sempre il pubblico e il privato hanno collaborato. La difficoltà di oggi risiede soltanto nel trovare la chiave giusta, affinché tutti gli interessi rimangano bilanciati e non si perda il valore prezioso dell’universalità delle cure.

Un aspetto da non sottovalutare in tal caso riguarda il fatto che il pubblico deve conoscere bene il privato: questo è imprescindibile.

In secondo luogo, la collaborazione deve passare attraverso la progettazione in tutte le aree mediche e sanitarie dove è possibile farlo.

Inoltre, bisogna superare la logica relativa ai tetti di spesa, che ha depotenziato il Ssn nella sua capacità programmatoria di risposta ai bisogni assistenziali. Prevedere un limite massimo all’acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale ed ospedaliera da soggetti di diritto privato del Ssn non è mai stata una buona idea.

Tra l’altro, vanno sempre guardati in maniera oggettiva i metodi utilizzati: se l’emergenza di sopperire a un bisogno pubblico, quale quello del diritto alla salute, implica l’applicazione di logiche capitalistiche, sarà necessario riconoscerlo ed eventualmente attuarle nel migliore die modi possibili.

Quali prospettive, dunque, tra pubblico e privato in sanità?

Agire secondo obiettività ed equità sanitaria potrebbe essere il primo passo per stabilire una partnership proficua, giusta ed efficiente tra il settore pubblico del nostro SSN e quello privato, senza demonizzare il secondo e valorizzando il primo.

Come abbiamo avuto modo di appurare, il servizio sanitario pubblico italiano si trova attualmente in un periodo di notevole affanno, principalmente a causa degli strascichi dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19.

Si pensi che dal 2020, l’Italia ha registrato più di 4,5 milioni di casi confermati di Covid-19 e oltre 128.000 morti causate dalla malattia. Questi numeri hanno messo a dura prova il sistema sanitario italiano, con ospedali e personale sanitario che si sono trovati a gestire un elevato afflusso di pazienti gravemente malati. Durante i periodi di picco della pandemia, molti ospedali italiani sono stati costretti a raggiungere o addirittura superare la capacità massima nelle unità di terapia intensiva. Questa situazione ha portato a una scarsità di posti letto e risorse per i pazienti più gravi, mettendo sotto pressione anche il personale medico e infermieristico. A causa della priorità data al trattamento dei pazienti Covid-19, molti pazienti con patologie non urgenti e croniche e bisognosi di visite specialistiche sono stati costretti ad attendere o ad annullarle. Ciò ha creato lunghe liste di attesa e ha rallentato il processo di cura per altre condizioni mediche.

L’emergenza sanitaria ha esasperato un dato già evidente: la carenza di personale sanitario in Italia. Negli ospedali, molte strutture hanno dovuto far fronte ad una diminuzione dei dipendenti a causa delle infezioni da Covid-19 e isolamenti. Inoltre, la pressione costante ha sottolineato la necessità di aumentare gli investimenti nella formazione e l’assunzione di nuovo personale sanitario. L’enorme pressione sul sistema sanitario italiano, specialmente durante i periodi di picco delle infezioni da Covid-19, ha creato seri rischi di collasso e sovraccarico delle strutture ospedaliere. Questo ha portato a una riduzione dell’efficacia complessiva dei servizi sanitari e ha reso ancora più evidente la necessità di un rafforzamento del sistema. Per far fronte a questa situazione, il governo italiano ha adottato una serie di misure per potenziare il servizio sanitario pubblico e gestire l’afflusso di pazienti. Tuttavia, nonostante gli sforzi, il servizio sanitario pubblico in Italia resta ancora sotto pressione.

Le prospettive future di cui si parla, prevedono che entro il 2030 il costo delle malattie mentali aumenterà fino a superare i 6 trilioni di dollari all’anno. Pertanto, gli odierni fornitori di servizi di salute mentale si rivolgono ai giganti e agli innovatori della tecnologia in modo indipendente e in collaborazione con vari operatori sanitari e sociali dell’industria, del governo e del mondo accademico per promuovere soluzioni digitali che affrontino una serie di problemi di salute mentale.

Una maggiore consapevolezza pubblica, una maggiore attenzione politica e un maggiore coinvolgimento delle imprese e del governo possono offrire opportunità senza precedenti per agire su importanti questioni di accesso e equità alla sanità.

La tecnologia digitale ha un grande potenziale per trasformare i sistemi globali di salute mentale e comportamentale affinché siano più accessibili, convenienti e rispondenti alle diverse esigenze.


L’ecosistema sanitario sta vivendo una crescita senza precedenti nella medicina digitale, nel software e nell’hardware basati sull’evidenza.


Sulla base di importanti scoperte scientifiche, i cambiamenti nelle strutture di ricerca clinica, la medicina digitale e altre innovazioni migliorano notevolmente la diagnosi e il trattamento di varie malattie. Le organizzazioni utilizzano informazioni provenienti da dati e piattaforme interoperabili, supportate da funzionalità di deep learning e ricerca comportamentale, per modellare le interazioni degli utenti.

Per quanto riguarda la partnership con il settore privato, il SSN italiano ha già stretto accordi con ospedali privati e aziende sanitarie per sopperire alla crescente domanda di cure sanitarie, in tempo di emergenza. Queste partnership hanno previsto e prevedono l’utilizzo delle risorse degli ospedali privati per aumentare la capacità di accoglienza dei pazienti. Sono state sottoscritte importanti convenzioni tra il SSN e alcune strutture sanitarie private per garantire una migliore integrazione tra le due realtà e ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili per la gestione dell’emergenza sanitaria.

Il SSN italiano ha adottato una serie di misure preventive, ha potenziato le strutture ospedaliere e ha stretto partnership con il settore privato per far fronte all’emergenza sanitaria del Covid-19, ma non solo Queste azioni sono state intraprese al fine di garantire un accesso adeguato alle cure, proteggere la salute pubblica e gestire l’afflusso di pazienti in modo efficace. Così come già avvenuto, con qualche attenzione e messa a punto, si tratta di un sistema che può funzionare al meglio e il cui percorso è già iniziato.

Di: Redazione Consulcesi Club