Vacanza rovinata: cos’è, rimedi e come ottenere il rimborso

l cd. "danno da vacanza rovinata" è il pregiudizio costituito dal disagio e dall'afflizione subiti dal turista per non avere potuto godere pienamente della vacanza, come occasione irripetibile di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative: sarà risarcibile se conseguenza dell'inadempimento di non scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c. e tale da superare una soglia minima di tolleranza.

Sommario

  1. L'inquadramento normativo
  2. Viaggio tutto compreso: cos'è?
  3. Danno da vacanza rovinata? Chi paga?
  4. Onere della prova

L’esigenza di poter riposare, finalmente “staccare la spina” dai ritmi frenetici imposti dal lavoro e dalla gestione del quotidiano, conduce spesso a caricare di grandi aspettative l’agognata vacanza estiva.  In alcuni casi, lo scopo viene raggiunto, mentre in altri viene irrimediabilmente frustrato da disservizi e manchevolezze imputabili al venditore del viaggio od al suo organizzatore, inclusi coloro di cui quest’ultimo si avvale per fornire vari servizi inclusi.  Diverse sono le avversità che possono accadere nel corso di una vacanza: dalla mancanza delle qualità promesse della struttura alberghiera pubblicizzata, alla perdita del bagaglio, passando per la mancata fruizione di servizi ricompresi nel pacchetto acquistato, per finire con il classico overbooking.   

L'inquadramento normativo

Prima dell’entrata in vigore del D. lgs. n. 62/2018, la responsabilità del fornitore di pacchetti turistici “tutto compreso” (più noti come “all inclusive” o “package”) era regolata dagli artt. 32 e ss. del D. lgs. n. 79/2011, in cui erano state trasfuse norme più risalenti, ovvero degli artt. 83 e ss. del Codice del Consumo (D. lgs. 206/05), a loro volta riprese dagli artt. 3-4 del d. lgs. 17/3/1995 n. 111, emanato in attuazione della Direttiva 90/314/CEE, ora abrogata e sostituita dalla Direttiva 2015/2302/UE. 

Attualmente, la disciplina dei cd. “danni da vacanza rovinata” si rinviene ancora nel testo del D. lgs. n. 62/2018 che, attuando i principi della direttiva europea 2015/2302 in tema di pacchetti turistici e i servizi turistici collegati, ha ripreso la disciplina dell’art. 46 del D. lgs. n. 79/2011 ripetendo nel suo art. 47 che: 

  1. 1. “Nel caso in cui l’inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell’ articolo 1455 del Codice civile, il viaggiatore può chiedere all’organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”; 
  2. il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni, ovvero nel più lungo periodo per il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi compresi nel pacchetto, a decorrere dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza”.

Va ricordato che quanto prima verrà rilasciata una nuova direttiva europea, che andrà a definire ulteriori regole, introducendo correttivi rispetto alla disciplina attuale, finalizzati a fornire tutela sempre più forte ed ampia a favore dell’acquirente un pacchetto di viaggio, con l’obbligo per gli Stati membri di recepimento entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore. 

   

Viaggio tutto compreso: cos'è?

Dal disciplina testè richiamata, emerge che i protagonisti di un pacchetto turistico sono generalmente, oltre al viaggiatore, l’organizzatore ed il venditore, a cui si aggiungono di regola un’altra serie di soggetti terzi (vettori aerei, società di noleggio veicoli, guide turistiche ecc….), di cui l’organizzatore si avvale per la fornitura di tutti i servizi ricompresi nel pacchetto offerto, e di cui risponde direttamente in caso di inadempienza, fatta salva la possibilità di attivarsi con azione di rivalsa per quanto corrisposto al cliente per la responsabilità del terzo fornitore. 

Il contratto di viaggio vacanza "tutto compreso" (cd. “package”) prevede, di regola, la combinazione di almeno due degli elementi costituiti dal trasporto, dall'alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (guide turistiche, escursioni, visite ecc..), con durata superiore alle 24 ore o, comunque, ricomprendenti almeno una notte. 

In questa tipologia di contratto, ciò che rileva primariamente è la combinazione di vari servizi, che nel complesso mirano alla soddisfazione di quei particolari interessi di svago, relax, culturali, ludici e di riposo, che costituiscono la “finalità turistica”, che il cliente intende perseguire nel momento in cui si orienta nella scelta di acquisto del pacchetto turistico. 

La "finalità turistica" diventa allora l’interesse che il contratto intende precipuamente soddisfare, divenendone così la cd. “causa concreta”, con ogni conseguenziale riflesso sia in termini di valutazione di adeguatezza del negozio allo scopo perseguito dall’acquirente, che di apprezzamento circa la gravità di possibili situazioni di disservizio rispetto alle legittime aspettative del cliente. 

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Danno da vacanza rovinata? Chi paga?

L’attuale disciplina normativa distingue espressamente la responsabilità dell’organizzatore, che concerne la qualità delle prestazioni descritte nella proposta di vendita del pacchetto con conseguente assunzione di responsabilità per eventuali disagi cagionati all’acquirente, da quella del venditore (od agenzia di viaggio), che invece riguarda l’assolvimento degli obblighi, derivanti dalla sottoscrizione del contratto su di sé ricadenti.  

Il venditore (od agenzia di viaggio) non è responsabile per eventuali inadempienze dell’organizzatore o della non rispondenza dei servizi effettivamente offerti a quelli promessi e pubblicizzati, a meno che il viaggiatore non dimostri che l'intermediario, tenuto conto della natura degli inadempimenti lamentati, li conosceva o li avrebbe dovuti conoscere, facendo uso della diligenza esigibile da un soggetto professionale. 

Si tratta di un’ipotesi di danno (quello da cd. “vacanza rovinata”) strettamente connessa all’inadempimento contrattuale, disciplinato dall’art. 1218 c.c., ovvero all’inesatta esecuzione delle prestazioni contenute nel pacchetto turistico acquistato dal turista, semprecchè questa eventualità sia considerata di non scarsa importanza secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1455 c.c. 

Questo significa, in altri termini, che non tutti i disagi rispetto al programma turistico acquistato possono essere forieri di risarcimento a titolo di “vacanza rovinata”, ma unicamente quelli che manifestino chiari elementi di gravità della lesione e della serietà del pregiudizio patito dal viaggiatore, compatibilmente con il principio di tolleranza dei pregiudizi di scarsa importanza. 

Fra i vari esempi, su cui la giurisprudenza si espressa favorevolmente, si registra l’assenza dei servizi previsti dall’opuscolo al momento dell’acquisto, la mancata corrispondenza degli standard qualitativi della struttura alberghiera prescelta rispetto a quella poi realmente assegnata, il cambio di destinazione, la perdita dei bagagli in crociera, la cancellazione del volo in partenza ed altre situazioni specifiche. 

Onere della prova

Riguardo al riparto dell’onere probatorio, trattandosi di inadempimento contrattuale, il turista sarà tenuto a dimostrare, ex art. 1218 c.c., l’effettiva sottoscrizione del contratto con l’intermediario del pacchetto, ovvero direttamente con il tour operator, limitandosi a dedurre l’inadempimento totale o parziale della controparte rispetto alle prestazioni offerte al momento dell’acquisto dimostrando, tramite prove documentali,  testimoniali o quant’altro utile, l’effettiva sussistenza e rilevanza dei danni, patrimoniali e non, patiti a causa dell’inadempimento altrui.

Per conto, l’organizzatore del viaggio e l’intermediario saranno tenuti, ciascuno secondo i rispettivi obblighi assunti con la stipula del contratto di viaggio, a dimostrare il corretto adempimento delle prestazioni rispettivamente assunte, ovvero l’impossibilità di adempiere per causa imputabile allo stesso viaggiatore, ovvero per il verificarsi di fatti imprevedibili o inevitabili eventualmente imputabili a terzi estranei, oppure per caso fortuito o forza maggiore. 

La prescrizione

Il diritto al risarcimento si prescrive, secondo la testuale previsione di legge, entro tre anni a decorrere dal momento in cui il viaggiatore fa rientro nel luogo di partenza, fatto salvo il riconoscimento del più lungo termine specificatamente stabilito da disposizioni di legge per i servizi ricompresi nell’offerta di viaggio acquistata dal cliente.

L’acquirente, oltre alla domanda di risoluzione del contratto di acquisto, potrà quindi spiegare apposita domanda di risarcimento del danno connesso alla durata della vacanza, al tempo inutilmente trascorso e, in particolare, all’irripetibilità dell’occasione perduta.

Il danno da vacanza rovinata si configura infatti come il disagio psicofisico patito dal turista per effetto del mancato godimento del periodo di riposo e svago, che si era programmato con l’acquisto del pacchetto turistico quale occasione irripetibile conforme alle proprie aspettative.

Si tratta, quindi, di una tipologia di danno che, collegato causalmente ad una situazione di inadempienza imputabile al venditore e/o all’organizzatore di un viaggio, provoca a carico dell’acquirente sia un pregiudizio di natura patrimoniale, consistente nei maggiori costi sostenuti per il verificarsi del disservizio, sia eventuali danni di natura non patrimoniale, così come declinati ai sensi dell’art. 2059 c.c.

La nostra giurisprudenza (ex multis, Cass. Civ. Sez. III n. 29132/2023), in perfetta adesione a quella comunitaria, ha attribuito grande rilevanza all’interesse del viaggiatore al pieno godimento del viaggio organizzato, alla stregua dell’integrale fruizione di un periodo di piacere e riposo, considerandolo così ascrivibile a quelle fattispecie per le quali la stessa legge riconosce il pieno diritto al ristoro del danno morale. 

Sarà poi il magistrato a dover valutare, in sede di giudizio, sia l’importanza dell’inadempimento dedotto dal viaggiatore sia la gravità del pregiudizio da questi invocato, dovendo svolgere il suo apprezzamento nel rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, bilanciando i contrapposti interessi tenuto conto del principio di tolleranza delle lesioni minime e della condizione concreta delle parti. 

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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