Gestire una paziente over 40 in gravidanza: guida per ginecologi

In questa Guida tutti gli aspetti che il professionista ginecologo dovrebbe monitorare nel gestire una paziente over 40 in gravidanza.

Sommario

  1. Diventare mamma dopo i 40 anni: la riduzione della fertilità, i pro e i contro
  2. Cosa fare prima del concepimento
  3. Dal concepimento in poi
  4. Parto e allattamento

Si ringraziano per il contributo la Dott.ssa Alice Fracassi, ginecologa, e il Dott. Alessio D’Angelo, ostetrico, del Nike Medical Center-Roma  

In Italia, l’età media delle donne che partoriscono il primo figlio è di 33,1 anni per le italiane e di 31 anni per le cittadine straniere (CeDAP, 2021). In generale, l’età media delle madri al primo figlio nell’Unione Europea è aumentata notevolmente. Soltanto nel 2013 le donne che partorivano per la prima volta avevano in media 28,8 anni, per passare ai 29,4 del 2019. Il numero di madri over 40 continua ad aumentare: le donne che hanno il primo figlio dopo i quarant'anni sono praticamente raddoppiate tra il 2001 e il 2019. Secondo l’Istituto nazionale di statistica (INE), nel 2020 sono state 5.972 le donne che hanno partorito all’età di 40 anni, rispetto a 3.830 bambini nati da madri di 25 anni. L'Italia non è al primo posto, ma solo al secondo: a precederla è la Spagna, dove le mamme over 40 sono il 10% del totale, mentre da noi rappresentano "soltanto" l'8,9%. 

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Gestire una paziente over 40 in gravidanza: la guida per ginecologi.

Diventare mamma dopo i 40 anni: la riduzione della fertilità, i pro e i contro

Le ragioni per cui in Italia si fanno figli sempre più tardi hanno a che fare con l'evoluzione della società. Diversamente da prima, oggi le donne studiano e possono ambire, anche se sempre con un notevole “gender gap”, a una carriera simile a quella degli uomini. Di conseguenza, sono sempre di più le donne che decidono di rimandare la ricerca di un figlio a un momento in cui avranno raggiunto una certa stabilità economica e una determinata posizione professionale.

Solo il 5% delle donne riesce a concepire naturalmente dopo i 40 anni. In particolare, se a 23 anni ogni ovulazione ha circa il 26% di probabilità di esitare in gravidanza, a 39 anni questa percentuale si dimezza, a 40 anni scende al 10%, mentre a 43 anni oscilla fra il 7% e il 4%.

La gravidanza oltre i 35 anni, a prescindere che si manifestino o meno condizioni patologiche, è classificata come “gravidanza a rischio”

Se da un lato l’età materna avanzata si associa a maggiore maturità, esperienza, senso di responsabilità, stabilità economica e lavorativa della futura mamma, dall’altro si associa anche ad un maggior rischio di ipertensione, diabete gestazionale, preeclampsia, eclampsia, placenta previa e distacco di placenta. Inoltre, l’età materna aumenta il rischio di aborto, morte intrauterina e di anomalie genetiche del feto. 

Cosa c’è da sapere su …?

Il rischio di aborto è pari al 8,9% nelle donne di età compresa tra 20 e 24 anni, mentre è pari al 74.5% in donne di età pari o superiore a 45 anni. In particolare, a 42 anni, circa la metà delle gravidanze esita in aborto (Nybo Andersen, 2000). L’età materna avanzata, oltre ad un importante fattore di rischio per l’aborto spontaneo, si correla all’aumento del rischio di gravidanza ectopica (1.4% vs 6.9%) e morte intrauterina (0,5% vs 0,9%) (Nybo Andersen, 2000).

Il rischio di anomalie cromosomiche del feto aumenta all’aumentare dell’età materna. Le probabilità di avere un bambino affetto da sindrome di Down aumentano da 1 su 1,250 a 25 anni a 1 su 100 a40 anni (Children’s hospital of Philadelphia). Per questo motivo, il sistema sanitario nazionale (SSN) prevede la possibilità di eseguire gratuitamente tecniche di diagnosi prenatale invasiva durante il primo trimestre di gravidanza (villocentesi) o il secondo trimestre (amniocentesi). 

L’età materna oltre i 35 anni si associa a maggior rischio di sviluppare patologie durante la gestazione. In particolare, aumenta il rischio di ipertensione, diabete, preeclampsia, eclampsia, placenta previa e distacco di placenta.Tali patologie possono determinare conseguenze gravi per la salute della madre e del feto.

Altri rischi per il bambino

I principali rischi per il bambino sono legati a deficit della crescita determinati dal quadro di ipertensione/preeclampsia materna durante la gravidanza. Infatti, spesso, i neonati da madri affette da preeclampsia presentano un basso peso alla nascita.Viceversa, i neonati di madri affette da diabete gestazionale possono presentare un aumentato peso alla nascita (macrosomia) e disturbi del metabolismo glucidico. Il rischio più importante per il bambino è la nascita pretermine, determinata dagli interventi medici resi necessari dall’instaurarsi delle patologie materne (ipertensione, preeclampsia) e delle loro complicazioni più severe (crisi eclamptica). 

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Cosa fare prima del concepimento

Prima del concepimento è opportuno verificare il proprio stato di salute generale e il proprio stile di vita. Una dieta varia, ricca di frutta e verdura e povera di carboidrati è preferibile quando si ricerca una gravidanza. È raccomandata l’astensione dal fumo e consumo di alcol e droghe. Inoltre, è raccomandata l’assunzione di 400 mcg al giorno di acido folico sin dall’inizio della ricerca di gravidanza per la prevenzione dei difetti del tubo neurale del feto. 

Le analisi raccomandate prima della ricerca di gravidanza sono gruppo sanguigno e fattore RH (e test di Coombs indiretto se RH negativo), elettroforesi dell’emoglobina (per lo studio della microcitemia), emocromo, esame urine, glicemia, transaminasi, PT, PTT, TSH, FT3, FT4 e analisi infettive per la ricerca di Toxoplasma, Citomegalovirus (CMV), Rubeo virus (responsabile della rosolia), HIV, HCV, HbsAg, VDRL, TPHA. Inoltre, a discrezione del medico, è possibile effettuare analisi ormonali al III giorno del ciclo come: FSH, LH, 17 beta E2, prolattina, AMH e progesterone per valutare la riserva ovarica e le possibilità di ottenere una gravidanza spontanea. 

È opportuno eseguire il pap test, qualora non eseguito nell’ultimo anno. I tamponi vaginali sono raccomandati per la ricerca di Clamidia e Gonorrea(ISS, 2023). 

È opportuno eseguire un’ecografia ginecologica transvaginale qualora si stia ricercando una gravidanza dopo i 40 anni per lo studio della riserva ovarica e la morfologia dell’utero. 

È opportuno eseguire una visita andrologica, spermiogramma e spermiocoltura a prescindere dall’età in cui si ricerca una gravidanza. 

La legge 40/2004 che regola la PMA prevede che si possa accedere alle tecniche di riproduzione assistita soltanto a seguito di una diagnosi di infertilità. Tale diagnosi viene effettuata dal medico dopo 12 mesi di rapporti liberi non protetti. Tuttavia, dopo i 35 anni, è consigliabile rivolgersi al medico dopo 6 mesi di ricerca di gravidanza. 

Dal concepimento in poi

Le Linee Guida per la gravidanza fisiologica (ISS, 2011) raccomandano di effettuare le seguenti analisi entro la 13° settimana gestazionale: gruppo sanguigno e fattore RH (e test di Coombs indiretto se RH negativo), elettroforesi dell’emoglobina (per lo studio della microcitemia), emocromo, esame urine, glicemia, transaminasi, PT, PTT, TSH, FT3, FT4 e analisi infettive per la ricerca di Toxoplasma, Citomegalovirus (CMV), Rubeo virus (responsabile della rosolia), HIV, HCV, HbsAg, VDRL, TPHA. Inoltre, è opportuno eseguire i tamponi vaginali per la ricerca di Clamidia e Gonorrea (ISS, 2023). 

Durante il primo trimestre, è importante eseguire la prima ecografia ostetrica per valutare: sede di impianto, numero dei feti, datazione della gravidanza, presenza dell’attività cardiaca fetale. Tuttavia, si può eseguire un primo controllo ecografico a 5/6 settimane di gestazione per confermare la sede endouterina della gravidanza. 

Durante il primo trimestre è possibile eseguire test di diagnosi prenatale invasiva (Villocentesi, garantita dal SSN dopo i 35 anni) o non invasiva (NIPT) per lo studio del DNA fetale e la ricerca di eventuali malattie genetiche. 

Tra 14 e 18 settimane gestazionali è opportuno eseguire le seguenti analisi: esame urine con urinocoltura, glicemia, test di Coombs indiretto (se RH negativo), ricerca di Toxoplasma, Rosolia e CMV. 

  • Tra 19 e 23 settimane gestazionali: emocromo, esame urine con urinocoltura, test di Coombs indiretto (se RH negativo), ricerca di Toxoplasma, Rosolia e CMV. 
  • Tra 24 e 27 settimane gestazionali: emocromo, esame urine con urinocoltura, test di Coombs indiretto (se RH negativo), curva da carico di glucosio, ricerca di Toxoplasma, Rosolia e CMV. 
  • Tra 16 e 18 settimane gestazionali è possibile eseguire l’amniocentesi come tecnica di diagnosi prenatale invasiva (garantita dal SSN dopo i 35 anni). 

Durante il secondo trimestre, e in particolare tra 19 e 21 settimane gestazionali, è importante eseguire l’ecografia ostetrica morfologica per valutare l’anatomia del feto ed escludere eventuali anomalie. Il ginecologo che esegue tale ecografia potrebbe consigliare anche l’esecuzione dell’ecocardiografia fetale a completamento dell’esame. 

Tra 28 e 32 settimane gestazionali: emocromo, esame urine con urinocoltura, ferritina, test di Coombs indiretto (se RH negativo), ricerca di Toxoplasma, Rosolia e CMV.

Tra 33 e 37 settimane gestazionali: emocromo, esame urine con urinocoltura, test di Coombs indiretto (se RH negativo), ricerca di HbsAg, HCV, HIV, VDRL, TPHA, Toxoplasma, Rosolia e CMV, tampone vaginale e rettale per ricerca streptococco gruppo B. 

Inoltre, è opportuno eseguire l’ecografia ostetrica con flussimetria in presenza di specifiche indicazioni mediche per lo studio dell’accrescimento fetale. 

È raccomandato eseguire l’elettrocardiogramma, se non effettuato nel primo trimestre. 

Infine, è opportuno eseguire la cardiotocografia (CTG) a 40 settimane gestazionali. 

È stato dimostrato che la gravidanza over 40 è più spesso complicata da patologie come ipertensione gestazionale, preeclampsia, eclampsia e diabete gestazionale. Per questi motivi è opportuno che la donna in gravidanza over 40 misuri frequentemente la pressione arteriosa, tenendo un diario pressorio, e riduca la quantità di carboidrati assunti con la dieta. Sarebbe opportuno consultare un nutrizionista per impostare fin dall’inizio della gravidanza una dieta adeguata. Qualora la curva glicemica risultasse alterata, è opportuno consultare il diabetologo per impostare una adeguata terapia. 

Parto e allattamento

Sebbene l’età materna avanzata non rappresenti di per sé un’indicazione al taglio cesareo elettivo (TC), è stato dimostrato che le donne in gravidanza over 40 sono maggiormente esposte al rischio di TC (28,6% nullipare tra 30 e 34 anni vs 43% nullipare tra 40 e 44 anni) (LF Orsini et al, 2008). 

Questo dato può essere spiegato dall’incidenza di patologie ostetriche che aumenta all’aumentare dell’età della donna: diabete gestazionale (2,8% tra 20 e 29 anni vs 4,5% dopo i 40 anni), ipertensione (0,5% tra 20 e 29 anni vs 3,5% dopo i 40 anni), eclampsia (0,3% tra 20 e 29 anni vs 1,2% dopo i 40 anni), placenta previa (0,16% tra 20 e 29 anni vs 3% dopo i 40 anni), distacco di placenta (0,4% tra 20 e 29 anni vs 1,4% dopo i 40 anni) (LF Orsini et al, 2008).

Pochi studi in letteratura analizzano il tasso di allattamento al seno in relazione all’età materna. Un recente studio italiano (Colombo et al, 2018) ha evidenziato che le donne più mature hanno minori probabilità di allattare al seno rispetto alle donne più giovani. Tuttavia, le donne mature che allattano hanno minori probabilità di interrompere precocemente l’allattamento. Infatti, sono stati riscontrati tassi di allattamento molto bassi tra le mamme adolescenti. È stato dimostrato chele donne sotto i 25 anni presentano maggiore rischio di depressione postpartum rispetto alle donne più mature dopo il taglio cesareo (Petrosyan, 2011). Tuttavia, altri studi mostrano che la prevalenza della depressione post partum in donne che hanno partorito da poco tempo è significativamente aumentata in donne tra 40 e 44 anni rispetto alle donne tra 30 e 35 anni (Muraca & Joseph, 2014). 

Inoltre, è stato dimostrato che l’età materna superiore a 35 anni è un fattore di rischio per l’emorragia del postpartum (Pubu et al, 2021). Non ci sono differenze significative riguardo l’incidenza di atonia uterina, ritenzione placentare e lacerazioni genitali (Lao et al, 2014). 

L’uso dei contraccettivi dopo il parto 

I contraccettivi ormonali contenenti estrogeni e progestinici sono controindicati nel postpartumin donne che allattano al seno, poiché gli estrogeni sono in grado di passare nel latte materno. È consentito invece l’uso dei contraccettivi solo progestinici. I contraccettivi più usati nel postpartum sono comunque i contraccettivi di barriera (condom, diaframma). Poiché l’età materna avanzata aumenta il rischio di ipertensione, è opportuno chiedersi quale sia il migliore approccio contraccettivo nelle puerpere over 40. Uno studio americano (Kovell, 2023) ha evidenziato che il 39,5% delle donne ipertese tra 40 e 50 anni non utilizza contraccettivi. Il 10,4% utilizza esclusivamente il condom, il 40,3% utilizza contraccettivi estro-progestinici (che aumentano la pressione arteriosa). La terapia ormonale deve essere attentamente valutata insieme al medico ginecologo tenendo in considerazione il desiderio o meno di allattare al seno e il decorso della gravidanza. Si può prendere in considerazione l’utilizzo della spirale (IUD), compatibilmente col desiderio riproduttivo della paziente. 

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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