Inquinamento e Autismo: i collegamenti trovati dalla scienza

Correlazione tra fattori ambientali e disturbo dello spettro autistico? Nessuna certezza, ma numerose evidenze scientifiche indicano un’alta probabilità di correlazione che ha bisogno ancora di indagini e approfondimenti che individuino le variabili e i fattori ambientali come rischiosi e concause dell’autismo.

Sommario

  1. Tra i fattori di rischio dell’autismo, rientra l’inquinamento?
  2. Le evidenze scientifiche prese in considerazione
  3. Non un’evidente correlazione inquinamento-autismo, ma la necessità di continuare a indagare

L'autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico che influenza la comunicazione, l'interazione sociale e il comportamento delle persone che ne soffrono. Le persone autistiche possono manifestare una vasta gamma di sintomi e tratti, che vanno dalla difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale alla sensibilità sensoriale aumentata, alla ripetizione di comportamenti e interessi, e molto altro ancora. Una delle sfide principali che le persone autistiche affrontano è la mancanza di comprensione e accettazione da parte della società. Troppo spesso, l'autismo è associato a stereotipi e pregiudizi che possono portare a discriminazioni e isolamento sociale.

È importante che le persone comprendano che l'autismo è uno spettro e che ogni persona autistica è un individuo unico, con le proprie sfide, abilità e interessi. Attraverso l'educazione e la consapevolezza, possiamo combattere i pregiudizi e promuovere una cultura di accettazione e inclusione per tutte le persone autistiche.

Tra i fattori di rischio dell’autismo, rientra l’inquinamento?

Con la grande attenzione che la ricerca sta dando negli ultimi anni ai collegamenti tra inquinamento e salute, gli esperti stanno cominciando ad indagare anche su una possibile correlazione con lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico. Specie perché una vera causa non è ancora stata trovata e da tempo costituisce un rompicapo per il mondo medico.

Le evidenze scientifiche prese in considerazione

Il primo degli studi scientifici che abbiamo preso in considerazione è quello riportato da Association of Prenatal Exposure to Air Pollution With Autism Spectrum Disorder. L’indagine ha preso in esame, i nuovi nati su una popolazione di 132.256 dell’area urbana Canadese, dal 2004 al 2009.

Nello specifico, gli scienziati si sono concentrati sull’associazione tra l’esposizione materna all’inquinamento atmosferico prenatale e le probabilità di sviluppare ASD. Valutata mediante l’analisi delle concentrazioni medie mensili di particolato con un diametro inferiore a 2,5 μm (PM2,5), ossido nitrico (NO) e di biossido di azoto (NO2) nella residenza materna durante la gravidanza, è emerso che l’1% dei bambini (n:1307) ricevevano una diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico entro l’età di 5 anni (età media della diagnosi 4.2 anni); in questa popolazione veniva riscontrata un’associazione significativa tra esposizione prenatale a ossido nitrico (NO) e aumentata incidenza di Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), mentre nessuna associazione significativa è stata riscontrata con l’esposizione a PM2.5 o NO2. Pertanto, i risultati di questo studio, seppur ancora non sufficienti per poter trarne conclusioni definitive, invitavano già nel 2018 a porre attenzione sui possibili effetti dell’inquinamento sulle donne in gravidanza. Un secondo studio preso in considerazione è riuscito a dimostrare che per i bambini affetti da autismo o iperattività, è più difficile liberarsi della contaminazione da bisfenolo A, con la conseguenza che sarebbero addirittura più esposti rispetto ad altri soggetti.

Un altro studio del 2019 incentrato su inquinanti atmosferici ed effetti sul neurosviluppo nei primi 1000 giorni di vita del bambino ha chiarito che ci sono evidenze crescenti in letteratura di un’associazione tra esposizione ad inquinamento atmosferico nel periodo prenatale e postnatale e alterazioni dello sviluppo neurologico del bambino. Questo dato è confermato anche nel documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Air pollution and child health: prescribing clean air” (WHO/CED/PHE/18.01, 2018) che riassume le più recenti conoscenze scientifiche sui legami tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e gli effetti nocivi per la salute dei bambiniallo scopo di informare e motivare l’azione individuale e collettiva degli operatori sanitari per prevenire i danni alla salute dei bambini”.

Inoltre, un recente studio danese del 2024 è stato in grado di segnalare un'associazione tra l'esposizione delle donne gravide ad alti livelli di litio nell'acqua potabile e la nascita del 25-45% in più di bimbi autistici.  

Una dis-regolazione della distribuzione dei metalli nell'organismo potrebbe fare da mediatore tra genetica e fenotipo: è noto che alcuni metalli sono assorbiti e metabolizzati in modo differente nei bambini con ASD. Questo studio è seguito a un altro svedese su gemelli (replicato negli USA e nell'UK) con l'uso di biomarcatori della matrice dentale, che ha dimostrato che la ritmicità fetale e postnatale dei livelli di zinco-rame è interrotta nell'ASD e ne precede l'insorgenza. Questi fattori potrebbero essere collegati anche alla ben nota malattia di Wilson, per cui l'accumulo di rame nei tessuti porta a deficit neurologici e cognitivi e a sintomi psicotici simili a quelli degli adulti con ASD.

Non un’evidente correlazione inquinamento-autismo, ma la necessità di continuare a indagare

Di certo, il disturbo dello spettro autistico è multi-fattoriale e individuare una sola causa significherebbe annullare tutti i risultati ottenuti sino ad oggi dalla comunità scientifica. La causa non è soltanto genetica o soltanto ambientale, ma nulla esclude che entrambe siano concause di altri fattori. Metalli pesanti, pesticidi, interferenti endocrini e altre sostanze chimiche e inquinanti possono essere identificati come “fattori di rischio ambientale”. Vi è, però, un’evidente difficoltà ad isolare le variabili e la scienza, ad oggi, è in grado di dire che i fattori ambientali per l’autismo più ampiamente individuati e confermati sono:

  • Complicazioni durante la gestazione;
  • Ritardo della crescita intrauterina del feto;
  • Sanguinamento materno durante la gravidanza;
  • Sindrome metabolica o diabete durante la gravidanza;
  • Ipossia (carenza di ossigeno) nell’utero;
  • Complicazioni durante il parto;
  • Ittero e infezione postnatale;
  • Nascita prematura;
  • Basso peso alla nascita;
  • Ipertensione durante la gravidanza.

Gli scienziati, comunque, non sono sicuri dei meccanismi alla base di queste associazioni. L’aumento del numero di bambini che soffrono di autismo, segnalati anche da uno studio americano, con dati aggiornati al 2023 ci impongono di continuare a indagare su questo tipo di correlazione e, prima ancora, di limitare i danni dell’inquinamento per non fomentare il fenomeno in aumento.

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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