Di recente, alcune affermazioni dell’ex presidente americano Donald Trump hanno sollevato dubbi e preoccupazioni: Trump ha affermato che il farmaco – tra i più utilizzati al mondo per febbre e dolore – sarebbe “probabilmente associato a un rischio aumentato di autismo”. “Non assumetelo”, ha detto il presidente Usa, puntando il dito contro il medicinale. Ma i clinici rassicurano: “Si tratta di dichiarazioni prive di fondamento scientifico” commenta, in una video intervista, Francesco Carlomagno, pediatra e responsabile dell’area Prevenzione Urgenza ed Emergenza (PUER) della FIMP, sottolineando come “tutti gli ambienti scientifici si siano espressi in senso contrario, proprio perché tali affermazioni non sono supportate da evidenze reali”.
Cosa dicono le evidenze scientifiche
Secondo le linee guida dell’AIFA aggiornate a settembre 2025 e secondo numerose analisi pubblicate negli ultimi anni, non esiste alcuna associazione causale tra l’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza e lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico. Carlomagno cita uno studio longitudinale apparso su JAMA Pediatrics nel 2024, che conferma l’assenza di un legame diretto. Anche le meta-analisi dell’American Academy of Pediatrics e di altre società scientifiche internazionali arrivano alle stesse conclusioni: “l rischio di autismo associato al paracetamolo non è significativo dal punto di vista statistico e dunque va smentito”, assicura il pediatra.
L’uso corretto del farmaco in gravidanza
Il pediatra ricorda che “l’AIFA ribadisce come il paracetamolo sia l’antipiretico e analgesico di prima scelta da utilizzare in gravidanza, quando necessario e sempre in accordo con le corrette posologie”. Il messaggio rivolto alle pazienti deve essere chiaro: l’uso appropriato del farmaco non espone a rischi di autismo e non deve generare inutili allarmismi.
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Le cause dell’autismo
Chiarita l’assenza di correlazione con il paracetamolo, resta il tema delle origini del disturbo: “l’autismo è una condizione neuroevolutiva complessa e multifattoriale, che dipende sia da fattori genetici sia da fattori ambientali”, spiega Carlomagno. I geni coinvolti sono più di cento e rappresentano il fattore principale, responsabile del 50-80% del rischio complessivo secondo la letteratura internazionale. Esistono, tuttavia, anche fattori ambientali, come l’esposizione prenatale a inquinanti, infezioni o complicanze della gravidanza, che possono modulare il rischio.
Farmaci e autismo: il caso del valproato
Il pediatra chiarisce che “nessuno dei farmaci comunemente utilizzati in gravidanza, se impiegati correttamente, è associato allo sviluppo dell’autismo”. L’unica eccezione nota è il valproato, un anticonvulsivante e stabilizzatore dell'umore usato per il trattamento dell'epilessia, che può aumentare il rischio di alterazioni dello sviluppo neurologico e disturbi del comportamento. “Ma in questo caso – sottolinea Carlomagno – parliamo di un effetto teratogeno o neurotossico, non di un legame diretto con l’autismo”.
L’importanza di una comunicazione scientifica
In conclusione, il pediatra richiama alla responsabilità della comunità medica: “È fondamentale aggiornarsi costantemente e informare correttamente le pazienti, basandosi su dati scientifici e linee guida internazionali. Solo così si possono evitare paure infondate e garantire una comunicazione corretta in ambito sanitario”, conclude.