Negli ultimi tempi anche il personale infermieristico, al pari della dirigenza medica, risulta particolarmente attenzionato dalle Procure Regionali della Corte dei Conti, venendo indagata, direttamente od indirettamente, anche la loro specifica responsabilità nei procedimenti finalizzati alla condanna per danno erariale provocato alle amministrazioni pubbliche nei casi di malpratice sanitaria.
La necessità di un approccio, sempre più multidisciplinare, alla prestazione sanitaria nel suo complesso, unita al continuo evolversi dei ritrovati tecnologici che consentono il tracciamento di tutta la filiera di intervento, rendono possibile a cascata ripercorrere, a ritroso, l’intera gestione del paziente, andando così ad e nucleare sia il titolare della relativa posizione di garanzia rispetto ad una determinata situazione clinica, sia la corrispondenza della sua condotta rispetto a quanto imposto dal suo profilo professionale e delle linee guida applicabili al caso concreto.
Il caso dell’infermiere strumentista
È di qualche tempo fa la decisione n. 52/2025 con cui la Corte dei Conti, Sez. Toscana, si è espressa riguardo alla richiesta di condanna al risarcimento per danno erariale formulata dalla Procura regionale nei confronti dell’intera équipe chirurgica, a cui veniva imputata la responsabilità per aver dimenticato, all’esito dell’intervento eseguito, un corpo estraneo (ago chirurgico) nell’addome del paziente, per la cui rimozione era costretto a sottoporsi ad ulteriore intervento.
Secondo l’impostazione inquirente, tutti i membri dell’équipe avrebbero concorso nella determinazione dell’evento lesivo, descrivendo nello specifico le singole condotte ritenute colpose:
- il primo operatore per aver direttamente eseguito l’intervento e, conseguentemente, partecipato alla fase di chiusura della ferita insieme al suo aiuto;
- l’aiuto per aver coadiuvato il chirurgo sia nelle procedure chirurgiche sul torace, sia nella chiusura della ferita;
- l’infermiere strumentista che, presente in sala operatoria, aveva la responsabilità di effettuare il conteggio degli strumenti chirurgici utilizzati;
- l’infermiera di sala operatoria che, sulla scorta delle procedure aziendali, condivideva con lo strumentista e con l’operatore il controllo del materiale chirurgico.
V’è da aggiungere che, valutato l’importo complessivo della richiesta e ripartito pro quota fra tutti i soggetti coinvolti, gli infermieri aderivano alla proposta definitoria, con conseguente estromissione dal procedimento, che invero proseguiva nei confronti dei medici, che insistevano nel negare ogni addebito di colpa grave per quanto accaduto durante l’intervento chirurgico.
Nessuna colpa grave dei medici
Passando alla decisione, la Corte ha quindi concluso respingendo la pretesa erariale nei confronti dei 2 chirurghi, non rilevando a loro carico alcuna prova dell’elemento soggettivo della colpa grave.
Infatti, con riferimento al primo operatore, veniva in evidenza dalle prove raccolte come si fosse perfettamente uniformato sia alle linee guida, che a quelle specificatamente adottate dall’Azienda per evitare rischi di ritenzione di materiali all’interno del sito chirurgico, avendo richiesto all’infermiere strumentista la verifica del conteggio degli strumenti chirurgici, ricevendone positivo riscontro.
Inoltre, proprio la strumentazione utilizzata per l’intervento (occhiali 7 ingranditori con binocoli prismatici) non avrebbe consentito al primo operatore una perfetta visione dell’intero sito chirurgico, rendendo altamente improbabile la percezione della presenza di un ago, caduto accidentalmente.
Per quanto concerne il primo aiuto, invece, la sua partecipazione all’intervento non comportava, secondo la Corte, alcuna implicazione diretta circa la verifica degli strumenti chirurgici utilizzati durante l’intervento.
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La responsabilità primaria del personale infermieristico
Le indicazioni presenti nella procedura adottata dall’azienda per la gestione di questa attività prevedeva che la responsabilità del conteggio fosse primariamente a carico del personale infermieristico strumentista riservando – come si legge nella motivazione – “al chirurgo primo operatore una funzione di verifica e controllo, senza però contemplare alcun obbligo specifico in capo al primo aiuto”.
Nel caso specifico poi, trattandosi di un ago, la percezione della sua presenza era peraltro particolarmente difficile, come dimostrato dal fatto che, soltanto dopo diverso tempo e grazie ad alcune radiografie post chirurgiche, era stata rilevata la presenza del corpo estraneo nell’addome del paziente.
Aver richiesto, per ben due volte, all’infermiere strumentista la verifica del conteggio degli strumenti, ricevendo in entrambi i casi risposta positiva, senza che vi fossero evenienze che potessero suscitare legittimi dubbi circa la veridicità del riscontro, ha dunque comportato l’esclusione del primo operatore da qualsiasi addebito di colpa per quanto avvenuto, così come è stata esclusa per il primo aiuto, che si atteneva allo svolgimento dei propri compiti residuali, peraltro senza che vi fossero elementi tali da indurlo ad un personale intervento di controllo.
A pagare, seppur in preventiva accettazione della proposta iniziale, è quindi rimasto soltanto il personale infermieristico, sul cui operato i medici operatori hanno ragionevolmente confidato, non essendo loro richiesto alcun dovere di intervento laddove, come nel caso di specie, l’evento risultava correlato esclusivamente all’operato professionale altrui.