Il 20% medici fa lavori secondari per arrotondare (o per passione)

Il 20% dei medici ha avuto l’esigenza di trovare attività professionali collaterali per integrare lo stipendio o per dare seguito a una propria passione.

Sommario

  1. Per il 71% dei medici aggiungere altri impegni ha aiutato anche nel proprio lavoro
  2. Lavori secondari più esercitati: consulente, conferenze e perizie in ambito legale
  3. “Attività lavorative aggiuntive possono portare benefici”
  4. La situazione nel resto d’ Europa
  5. Ricciardi: “Entro il 2027 oltre 47.284 medici in meno in Ssn”
  6. “Cresciuta l’ età media del personale sanitario”
  7. “Situazione figlia della mancanza di programmazione e all’ incapacità organizzativa della politica”

Se l’ 80% dei medici si sente soddisfatto del proprio ruolo ed è felice della propria scelta lavorativa, il 20% (in larghissima maggioranza uomini con più di 45 anni) ha invece avuto l’ esigenza di trovare attività professionali collaterali per integrare lo stipendio o per dare seguito a una propria passione. Pochissime le donne, che probabilmente hanno meno opportunità e meno tempo dei colleghi uomini. È quanto emerge da un’ indagine condotta su un campione di 2.470 medici da Univadis Medscape Italia (portale di informazione per i professionisti della salute) con l’ obiettivo di esplorare le fonti di guadagno integrative dei camici bianchi italiani.

Per il 71% dei medici aggiungere altri impegni ha aiutato anche nel proprio lavoro

Lo scopo principale del lavoro aggiuntivo è quello di guadagnare di più (39%), ma per il 25% del campione è anche un modo per poter sviluppare o utilizzare al meglio le proprie competenze. Le attività lavorative aggiuntive possono infatti portare benefici non solo di tipo economico: secondo il 71%, aggiungere altri impegni ha aiutato nel proprio lavoro di medico, probabilmente grazie a conoscenze ed esperienze in settori affini a quello sanitario.

 

Lavori secondari più esercitati: consulente, conferenze e perizie in ambito legale

I lavori secondari maggiormente esercitati sono, infatti, consulenze mediche private (32%), interventi a conferenze e meeting (20%), perizia in ambito legale (19%), svolgimento di guardie mediche e notturne (16%, con una netta prevalenza tra gli under 45). Tra i più giovani compare - prevedibilmente visto il periodo - il ruolo di medico vaccinatore o prelevatore per i test Covid-19, mentre solo il 5% si dedica alla divulgazione scientifica.

“Attività lavorative aggiuntive possono portare benefici”

"L’ indagine condotta da Medscape porta alla luce un generale apprezzamento dei medici per la propria attività quotidiana. Fare il medico rimane infatti un lavoro di grande soddisfazione: il 46% del campione ritiene di avere lo stesso grado di soddisfazione (e il 20% meno soddisfazione) dal lavoro aggiuntivo se confrontato con la professione principale - commenta Daniela Ovadia, coordinatore editoriale Univadis Medscape Italia e autrice del report –. I dati però ci dicono anche che attività lavorative aggiuntive possono portare dei benefici e non solo di tipo economico".

La situazione nel resto d’ Europa

I medici italiani sono meno portati a svolgere lavori collaterali rispetto ai propri colleghi in altri Paesi del mondo, anche per motivi legati al quadro normativo e regolatorio delle professioni sanitarie in Italia. In Europa la percentuale di medici che svolge attività integrative è notevolmente più alta: nel Regno Unito è il 70%, in Germania il 42%, in Francia il 25%, e in Spagna il 24%. Ma se la percentuale di camici bianchi che svolgono un’ attività secondaria è inferiore rispetto a quella del resto d’ Europa, brutte notizie arrivano anche dal punto di vista del numero di professionisti attivi al momento e nel prossimo futuro.

Ricciardi: “Entro il 2027 oltre 47.284 medici in meno in Ssn”

In Italia, per quanto riguarda gli operatori sanitari, "è stato fatto ‘ un crimine’ . Siamo il Paese che ne ha meno degli altri rispetto alla popolazione". Abbiamo "perso 40mila dipendenti del Servizio sanitario nazionale dal 2010 per pensionamento e emigrazione. Duemila medici l’ anno se ne sono andati, formati con i nostri soldi, con il sacrificio delle famiglie. Abbiamo perso 3mila medici di famiglia tra il 2013 e il 2019. Ed entro il 2027 avremo una carenza di oltre 47.284 medici nel Ssn". Tutto questo "perché non si è programmato" correttamente . Così si è espresso Walter Ricciardi, presidente del Word Federation of Public Health Association (Wfph), nel corso della conferenza per i 40 anni dalla fondazione della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg). "Sono dati che colpiscono, che abbiamo calcolato io e Carlo Cottarelli, e sfido a dire che non siano veritieri", aggiunge.

“Cresciuta l’ età media del personale sanitario”

In Italia, precisa Ricciardi, "abbiamo una disponibilità di operatori sanitari su 10mila abitanti di 97,4, ovvero 3,7 operatori in meno (sempre su 10mila abitanti) rispetto all’ Austria, considerata ‘ performer’  in Europa. Un valore che nell’ ultimo decennio è stato ridotto dal blocco del turnover e dall’ imbuto formativo. È come se, viaggiando su un aereo, invece di tagliare le spese inutili avessimo tagliato i motori. Ovvio che dopo ci si accorge che si sta precipitando". A questo scenario, continua Ricciardi, "si aggiunge il fatto che è cresciuta l’ età media del personale sanitario. L’ Italia, insieme alla Germania, detiene il primato dei medici nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni, con 53,3% dei medici over 55 a fronte di un valore Ocse del 34%".

 

“Situazione figlia della mancanza di programmazione e all’ incapacità organizzativa della politica”

Una situazione "legata alla mancanza di programmazione e all’ incapacità organizzativa della politica italiana che hanno determinato anche fenomeni come la migrazione professionale all’ estero, legata alla bassa remunerazione, a riforme delle pensioni che accentuano l’ effetto demografico simultaneo della gobba pensionistica e dell’ imbuto formativo degli specializzandi". Riccardi, tracciando il quadro della situazione italiana, messa in difficoltà anche da un basso finanziamento della spessa pubblica per un lungo periodo, ha ricordato che la Gran Bretagna che ha inventato il servizio sanitario pubblico "si è poi suicidata in questo campo con scelte politiche e sociali sbagliate. Noi siamo ancora in tempo per evitarlo. Se non ora quando?", ha concluso Ricciardi.

Di: Redazione Consulcesi Club

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