È lecito registrare le conversazioni con il proprio medico?

Da qualche tempo stiamo ricevendo alcune segnalazioni da parte dei nostri clienti i cui pazienti chiedono di poter registrare ciò che avviene durante le visite o di riprendere con la video camera momenti particolarmente significativi che avvengono durante l’esercizio dell’attività da parte del professionista come ad esempio il parto. In taluni casi più gravi, i pazienti lo hanno fatto di nascosto e la circostanza è emersa magari proprio durante un procedimento per la richiesta di risarcimento danni da malpractice.

Al di là dei giudizi morali su tali condotte occorre precisare che la registrazione, intesa come la tracciatura di immagini e/o suoni indipendentemente dal supporto che li conserva, in talune circostanze è ammessa anche senza il consenso dell’interlocutore e può essere utilizzata in sede di giudizio.

Conversazioni in luogo pubblico e privato

Quando la conversazione si tiene in luogo che può essere identificato come “pubblico” la registrazione da parte di uno dei soggetti che vi partecipa è ammissibile anche se avviene all’insaputa degli altri interlocutori. La registrazione, invece, non è lecita quando avviene in un luogo identificabile come privato. 

Con espresso riferimento ai medici occorre precisare che lo studio privato del professionista non è considerato un luogo pubblico, perché è egli stesso a decidere i soggetti che intende ricevere, sostanzialmente da questo punto di vista è alla stregua di un’abitazione privata. Diversamente un ambulatorio o un presidio sanitario, indipendentemente dal fatto che si trovino all’interno di strutture pubbliche o private, possono essere considerati luoghi pubblici in quanto ipoteticamente chiunque può accedervi, indipendentemente dal consenso del singolo professionista.

Finalità della registrazione

La finalità della registrazione nei casi suesposti deve essere sempre esclusivamente di natura personale, diversamente in base all’ art. 13 del GDPR il soggetto che la effettua sarebbe tenuto a fornire a colui che è stato registrato una specifica informativa per il trattamento dei dati personali. L’utilizzo per finalità personali esclude che i contenuti vengano condivisi con terze parti o resi pubblici, ma non esclude la possibilità che vengano utilizzati nell’ambito di un procedimento innanzi all’autorità giudiziaria.

Si può negare sempre il consenso alla registrazione?

Il dubbio di molti sanitari è legato spesso alla condotta da tenere quando il paziente effettua apertamente la richiesta, è legittimo negare il consenso? 

Interessanti da questo punto di vista sono le indicazioni che la Regione Lombardia ha pubblicato già da qualche anno sul proprio sito internet a supporto dei medici che fanno parte del servizio sanitario nazionale, mostrando lungimiranza peraltro su un tema di assoluta attualità che ancora oggi in molti ignorano. In linea di principio il consenso, sempre in relazione all’utilizzo per fini personali, non potrebbe essere negato, ma è evidente che la registrazione deve in alcun modo interferire con l’esercizio dell’attività del professionista. Dunque, l’operatore sanitario che ritenesse in pericolo la relazione terapeutica con il paziente sarebbe sempre tenuto a comunicarlo e a chiedere l’interruzione della registrazione

Di: Redazione Consulcesi Club

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