Responsabilità professionale degli infermieri: la guida

Conosci le norme che regolano la responsabilità professionale per gli infermieri? In questa Guida le informazioni necessarie per una conoscenza di base a vantaggio della Tua tutela.

Si discute spesso della responsabilità professionale medica, ma non ci si sofferma quasi mai sulla responsabilità professionale di professionisti sanitari in generale e degli infermieri in particolare. 

Negli ultimi anni, si sta assistendo ad un cambio radicale di mentalità in tal senso: da una parte, si valorizzano molto le professioni sanitarie, dall’altro però abbiamo un Sistema Sanitario Nazionale che non riesce a stare dietro alle istanze di tutti i professionisti. Tuttavia, formazione e responsabilità sono i due must have dei professionisti sanitari, senza i quali la nostra sanità non riuscirebbe ad eccellere nel mondo, come invece già succede. Mantenere il trend, insomma, è difficile ma soltanto se non si hanno le idee chiare. 

Addentrandoci nella professione infermieristica, non possiamo che sottolineare prima di ogni cosa che questa nel corso degli ultimi anni ha subito molti e diversi cambiamenti dovuti anche all’evoluzione normativa che ha interessato tutto il settore, alla presa di coscienza dell’importanza di questo tipo di professionisti anche alla luce dell’emergenza pandemica. Senza dimenticare che si è accesa una luce anche sulla deontologia di questa professione sanitaria che, oggi, ha addirittura una specializzazione in più quale “infermieristica forense”, nel cui ambito operano tutti gli infermieri dotati di specifica formazione. 

Ma chi è l’infermiere per Legge?

L’infermiere è un operatore sanitario e in quanto tale è portatore “ex lege” di una posizione di garanzia ex articoli 2 e 32 della nostra Costituzione. Gli infermieri, come tutti gli altri professionisti sanitari, sono garanti della salute dei loro pazienti, che va tutelata contro ogni forma di pericolo che possa minacciarne l’integrità. L’obbligo di protezione dura per tutto il turno e anche oltre, come dovere giuridico, etico e morale. 

In quanto tale, l’infermiere ha delle responsabilità. 

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La funzione sociale della responsabilità professionale per gli infermieri

Prima di ogni cosa è bene chiarire perché quando parliamo di “responsabilità”, la intendiamo in generale come un concetto più ampio e molto sentito a livello sociale. Il significato di questo termine è ovviamente filosofico e ben si concilia con le conseguenze che possono derivare dalla messa in atto di determinate azioni. 

La responsabilità, però, inizia ben prima delle conseguenze e cioè nella libertà di operare secondo delle regole che vanno seguite per non incorrere in conseguenze. 

A livello sanitario la responsabilità degli operatori sanitari è amplificata dal fatto che loro stessi si fanno portatori e promotori della salute dei loro pazienti e dell’intera collettività. Il senso di responsabilità che li investe non è solo individuale e personale, ma anche collettivo e quindi sociale. Da qui l’importanza di una normativa che regolamenti la professione sanitaria e che ipotizzi i diversi casi che possono verificarsi, fornendo linee di indirizzo chiare e precise atte a rendere sicura la routine professionale. 

Spesso e volentieri il termine “responsabilità” viene inteso con accezione negativa, quando invece potrebbe essere pensato come la libertà di agire secondo scienza e coscienza, in piena tutela di beni da tutelare come la vita e la salute. 

Partendo dal presupposto neutro che la responsabilità è l’insieme delle conseguenze alle quali si espone un individuo nello svolgimento delle proprie azioni, non possiamo non considerare in questa sede il suo significato giuridico, 

Per responsabilità professionale, dunque, può intendersi la prestazione inadeguata e discostante dagli standard tecnico-professionali della comunità scientifica di riferimento. In tal caso, l’infermiere avrà compiuto certamente un’azione socialmente inadeguata che ci induce a pensarlo responsabile (accezione negativa) di un danno nei confronti del paziente – che non ha adeguatamente tutelato - e della collettività per non aver agito a regola d’arte. 

L’evoluzione normativa

La responsabilità professionale dell’infermiere si è evoluta con l’evoluzione stessa della professione. 

Volendo ripercorrere il percorso normativo negli anni, dobbiamo certamente ricordare che a tracciare il profilo professionale dell’infermiere è stato il DM 739/1994. 

Mentre prima veniva considerata come professione ausiliaria, l’infermieristica è diventata professione autonoma con la legge 42/1999 che ha abolito il mansionario. 

Soltanto con l’avvento della legge 251/2000 si è potuto assistere all’istituzione della dirigenza sanitaria e agli ordinamenti didattici dei corsi di laurea. È stato, così chiarito, una volta per tutte, che la professione infermieristica, soggetta a corso di laurea, si svolge con autonomia professionale ed è diretta alla prevenzione, alla cura, alla salvaguardia della salute individuale e collettiva. 

Successivamente, la legge 43/2006 ha istituito e previsto l’obbligo di iscrizione presso un albo professionale come avviene per tutte le professioni intellettuali, così da rimarcare che l’infermiere non è più mero esecutore e assistente di altre professioni sanitarie, ma è parte integrante e protagonista di un Sistema Sanitario Nazionale che si basa sulla multidisciplinarietà e autonomia dei suoi professionisti. 

È così che la sua responsabilità si è trasformata da limitata e circoscritta al mero atto esecutivo eseguito sotto controllo medico, a piena e autonoma e diretta alle conseguenze delle azioni intraprese dall’infermiere. 

Efficacia, efficienza, economicità del servizio, competenza e tutela del malato sono i valori che fanno da padrone all’attività infermieristica autonoma. A questa caratteristica si aggiunge, poi, la responsabilità ovvero l’insieme delle conseguenze alle quali si espone il professionista nello svolgimento delle sue attività professionali. 

La legge Gelli 24/2017 ha poi rivoluzionato ancora una volta il pensiero in merito alla responsabilità professionale dell’infermiere, chiarendo tutti i gap interpretativi che la Legge Balduzzi aveva creato e mirando a arginare il fenomeno di violenza che negli ultimi anni si sta verificando in termini di aggressioni nelle strutture sanitarie, soprattutto nei confronti degli infermieri. 

Questa normativa ha ribadito in maniera più chiara e specifica che vige un principio importantissimo da seguire che è il diritto alla sicurezza delle cure, posizione soggettiva estrapolata direttamente dal diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione italiana. Questo principio di portata costituzionale va di pari passo con la sicurezza delle prestazioni sanitarie, un obbligo questo che fa capo ad ogni operatore della sanità, nessuno escluso. La responsabilità professionale dell’infermiere, dunque, può essere distinta in:

  • Responsabilità penale ex art. 590 sexies c.p che, come ben sappiamo, è quella che deriva dalla commissione di un reato;
  • Responsabilità civile che deriva da un atto illecito ed ha prodotto un danno sia patrimoniale che non patrimoniale e non discende necessariamente da un reato, è prevista dagli articoli 1218 e 1228 c.c. e il professionista ne dovrà rispondere ex art. 2043 c.c.;
  • Responsabilità disciplinare che deriva dalla violazione del codice deontologico o coincide con qualche azione eticamente non compatibile alla professione infermieristica. 

Importante è sottolineare che, proprio in merito alla configurazione della responsabilità nei confronti dell’operatore sanitario viene stabilito che la cosiddetta “colpa grave” prescrive ai professionisti l’obbligo di seguire le Linee Guida e le buone pratiche, richiedendo l’adeguatezza al singolo caso concreto e la valutazione eventuale solo da parte di un magistrato che valuterà l’effettiva sussistenza della responsabilità. 

L’eventuale responsabilità penale dell’infermiere

Esiste un principio nel nostro ordinamento che è sancito dall’art. 27 della Costituzione per cui “la responsabilità penale è sempre personale e non è trasferibile a terzi”. 

Sulla base di questo principio corre l’obbligo ad ogni soggetto, e quindi anche all’infermiere nell’esercizio delle sue funzioni, di rispondere nel caso in cui le sue azioni corrispondano alla commissione di un reato, tramite una condotta espressamente prevista dal codice penale. 

V’è da sottolineare anche un altro aspetto che, in premessa, è fondamentale. In ambito penale, l’esercizio dell’attività infermieristica attribuisce determinate qualifiche all’infermiere, quali: pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessità

Ovviamente questa distinzione è necessaria al fine dell’eventuale configurabilità di una responsabilità penale poiché alcuni reati vengono puniti più gravemente se commessi in questa veste, altri sono configurabili solo se si assumono queste qualifiche giuridiche. 

Per completezza, va considerato che: l’infermiere che presta la propria attività lavorativa alle dipendenze di strutture pubbliche riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio; l’infermiere che svolge attività libero-professionale o alle dipendenze di una struttura privata riveste la qualifica di esercente un servizio di pubblica necessità; un infermiere che esercita la propria attività alle dipendenze di una struttura pubblica, ma che, al di fuori del proprio orario di servizio, svolge attività libero- professionale, può assumere, a seconda dei casi, sia la qualifica di incaricato di pubblico servizio che quella di esercente un servizio di pubblica necessità. 

Per inquadrare eventualmente la configurabilità del reato, potrebbe tornare utile conoscere quali sono gli elementi fondamentali del reato. In particolare, gli elementi oggettivi sono: la condotta antigiuridica che può essere commissiva se consiste in un’attività che modifica il mondo esterno, oppure omissiva se non si compie un’azione che per legge si è tenuti a svolgere (il mancato soccorso); l’evento è invece la conseguenza della condotta, il risultato del comportamento, attivo od omissivo, tenuto dal soggetto; il nesso causale è il rapporto di causa ed effetto tra condotta ed evento che deve essere conseguenza dell’azione o omissione. 

A questi elementi, si aggiungono quelli soggettivi, in particolare: il dolo, la colpa e la preterintenzione. Per dolo di intende la volontarietà della condotta offensiva per cui l’autore del reato si intende pienamente consapevole delle conseguenze riguardanti la sua azione; la colpa consiste in un atteggiamento psicologico che si caratterizza per negligenza, imprudenza, imperizia; la preterintenzione, invece, si verifica quando si agisce per procurare un evento che si vuole, dal quale ne scaturisce un altro non voluto. 

Quello che rileva nella condotta del professionista sanitario, riconducente alla responsabilità penale è quanto di più lampante si adduce al comportamento colposo:

  • La negligenza, cioè lo svolgere la propria funzione con superficialità, senza la giusta dose di attenzione e trascurando le cure del paziente;
  • L’imprudenza che si identifica con l’aver espletato un comportamento avventato, precipitoso, privo di cautela;
  • L’imperizia che indica l’aver agito senza il livello di preparazione standard che l’infermiere deve essere in grado di possedere.

Possono escludere l’antigiuridicità di certi comportamenti alcune scriminanti, quali: il consenso dell’avente diritto, l’esercizio di un diritto l’adempimento di un dovere, lo stato di necessità, la legittima difesa, il caso fortuito o forza maggiore.

Tra i reati contemplati all’interno del codice penale e riconducibili all’esercizio della professione infermieristica, si possono annoverare:

  • Omicidio colposo ex art. 589 c.p.;
  • Lesioni personali colpose ex art. 590 c.p.;
  • Rifiuto di atti d’ufficio ex art. 328 c.p.;
  • Violenza privata ex art. 610 c.p.;
  • Sequestro di persona ex art. 605 c.p.;
  • Esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p.;
  • Abbandono di persone minori o incapaci ex art. 591 c.p.;
  • Stato di incapacità procurato tramite violenza ex art. 613 c.p.;
  • Omissione di referto ex art. 365 c.p.;
  • Rivelazione segreto professionale e segreto d’ufficio, rispettivamente ex artt. 622 c.p. e 326 c.p..

L’eventuale responsabilità civile dell’infermiere

Si incorre in responsabilità civile quando la condotta infermieristica – commissiva od omissiva – ha come conseguenza diretta il danno patrimoniale o non patrimoniale di un altro soggetto. 

Presupposto affinché si verifichi questo tipo di responsabilità è l’esistenza di un danno risarcibile. 

Sulla base di queste premesse, questo tipo d responsabilità si può dividere in:

  • Contrattuale;
  • Extra-contrattuale.

Quella contrattuale sorge in virtù dell’esistenza di un contratto, dal quale si evince che vi è un soggetto debitore derivante dall’obbligazione contrattuale su cui corre l’obbligo di risarcire i danni cagionati al creditore, in virtù del rapporto obbligatorio sorto tra i due. 

È disciplinata dall’art. 1218 c.c. e segue i criteri guida stabiliti ex art. 1176 c.c., secondo cui il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, dove la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura esercitata. 

Qualora, dunque, un paziente avanzi la pretesa risarcitoria per aver subito un danno, è necessario che presenti soltanto la prova dell’esistenza di un contratto, indicando l’inadempimento dell’obbligazione e l’entità del danno derivato. Spetterà poi all’infermiere escludere la propria responsabilità e che egli ha agito secondo diligenza, motivo per cui il danno si è verificato per cause a lui non imputabili. Si attua così la c.d. inversione dell’onere della prova. 

Il codice civile contempla, inoltre, il caso di speciale difficoltà dovuto a problemi tecnici, per cui l’art. 2226 c.c. pone una limitazione di responsabilità del prestatore d’opera professionale, circoscrivendola ai soli casi di dolo o colpa grave. 

La responsabilità extracontrattuale o aquiliana prevede, invece, la violazione di diritti assoluti ed è disciplinata dall’art. 2043 c.c.. In tal caso, il paziente che intende agire contro l’infermiere dovrà rigorosamente dimostrare gli errori del professionista sanitario e il nesso causale con i danni subiti. 

A tal riguardo, va sottolineato che per diverso tempo la giurisprudenza è stata dell'avviso di ritenere che, nell’ambito della sanità pubblica, la responsabilità degli operatori sanitari nei confronti del paziente fosse di natura extracontrattuale, in quanto il sanitario agisce in regime di dipendenza della struttura pubblica senza essere vincolato da alcun contratto od accordo diretto con il paziente. Più di recente invece, anche l’obbligazione del sanitario dipendente dalla struttura pubblica, pur non fondata su di un contratto tipico, è considerata dalla giurisprudenza di natura contrattuale.

La responsabilità professionale, inoltre, è ravvisabile in specifiche attività: 

  • In sala operatoria, 
  • In casi di emergenza, 
  • Nella somministrazione di farmaci,
  • Nella redazione della cartella clinica e nel completamento della documentazione infermieristica,
  • Nell’acquisizione del consenso informato, 
  • In caso di rifiuto di cure.

Con l’introduzione della Legge Gelli, tutte queste condotte sono state regolamentate secondo tre obiettivi da perseguire, quali: la tutela degli esercenti la professione sanitaria; la tutela del danneggiato; il risparmio della spesa pubblica tramite il contenimento della medicina difensiva. 

Per questo motivo, l’infermiere dovrà tenere a mente alcuni importanti principi sanciti dalla l. 24/2017 e in particolare:

Art. 1. (Sicurezza delle cure in sanità) 

 “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività”.

Il diritto alla salute è inteso anche come diritto alle cure che, seppur condizionato dalla limitatezza delle disponibilità finanziarie, non può negarsi a nessuno e - come accennato - la qualità e la sicurezza delle cure sono ora componenti imprescindibili nell’erogazione del servizio sanitario. 

Art. 2. (Difensore civico regionale o provinciale e Centri regionali per la gestione del rischio) 

Secondo questo articolo, ogni disfunzione del sistema sanitario può così essere oggetto di un ricorso gratuito al difensore civico che acquisisce gli atti e, qualora il ricorso sia fondato, agisce a tutela del diritto leso.

Art. 4. (Trasparenza dei dati) 

Le prestazioni sanitarie devono essere erogate nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 196/2003. 

La disposizione prevede che la direzione sanitaria della struttura entro sette giorni dalla presentazione della richiesta deve fornire la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente.

Art. 5. (Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida) 

Gli esercenti le professioni sanitarie nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle LINEE GUIDA pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in un apposito elenco istituto e regolamentato con decreto del Ministero della salute da emanare entro novanta giorni. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.

Da tenere bene a mente anche l’art. 6 e 7 di questa legge recanti: “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria” e “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”.

Tra gli altri, poi è importante seguire quanto regolamentato dall’art. 10 “Obbligo di assicurazione”. 

Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e di ricerca clinica. 

Tale obbligo concerne anche le strutture sociosanitarie e le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramoenia ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, nonché attraverso la telemedicina

Le medesime strutture devono stipulare altresì una polizza assicurativa per la copertura della responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie. Si tratta di un articolo che conferma, inoltre, l’obbligo di copertura assicurativa ( già previsto dall’art. 3 comma 5 lett. E del D.L 138/2011) per il sanitario che eserciti al di fuori di una delle strutture sopra indicate o che presti la propria opera all’interno della stessa struttura in regime libero-professionale o si avvalga della stessa struttura nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta direttamente con il paziente.

Conclusioni

Insomma, per l’infermiere è importante agire secondo quanto stabilito da leggi e regolamenti e intrattenere rapporti lavorativi con chi segue la normativa, comprese anche altre previsioni di legge oltre a quelle annoverate all’intero di questa guida. 

Tra queste rientrano:

  • l’obbligo di predisporre adeguata copertura assicurativa per ogni professionista per gli eventuali risarcimenti derivanti da colpa grave;
  • l’obbligo assicurativo per le strutture dettandone i requisiti;
  • l’obbligo di conciliazione;
  • la procedura per la nomina peritale;
  • la procedura giudiziale;
  • l’eventuale azione di rivalsa verso il professionista, da parte della struttura sanitaria.

Di maggior interesse per questa sede risultano tuttavia:

  • la previsione della possibilità, in capo alle Regioni e alle province autonome, di attribuire al Difensore Civico la funzione di garante per la tutela del diritto alla sicurezza delle cure, attivabile gratuitamente su istanza diretta del soggetto leso o di un suo delegato;
  • l’istituzione in ogni Regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, ufficio incaricato di raccogliere dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, i dati relativi a rischi ed eventi avversi, nonché ai contenziosi sostenuti, per poi trasmetterli con cadenza annuale tramite modalità telematica unificata all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità;
  • la previsione dell’obbligo per ogni struttura di pubblicare annualmente sul proprio sito internet una relazione consuntiva sugli eventi avversi, sulle cause che li hanno provocati e sulle eventuali iniziative legali conseguenti;
  • l’istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità, che acquisisce dai Centri regionali i dati sopracitati, predispone linee di indirizzo e idonee misure per la prevenzione del rischio sanitario, il monitoraggio sulle buone pratiche per la sicurezza, l’aggiornamento permanente;
  • la previsione dell’obbligo di trasparenza a carico delle strutture sanitarie, a norma del Codice sul trattamento dei dati personali, le quali sono obbligate ad ottemperare alle richieste dei soggetti interessati alla documentazione sanitaria entro sette giorni, con eventuale integrazione entro un massimo di trenta giorni (i termini si calcolano dalla presentazione della richiesta); ancora, le strutture devono pubblicare sul proprio sito internet i dati relativi ai risarcimenti erogati nel precedente lustro.

Gli obblighi da ricordare possono essere davvero tanti e molti di essi possono essere non compresi a pieno da chi quotidianamente non ha a che fare con leggi, ma con pazienti. È per questo che ogniqualvolta sorge un dubbio, anche solo nella comprensione si un testo normativo, risulta fondamentale consultare un esperto. 

Gli avvocati, i consulenti esperti in materia non sono professionisti da consultare soltanto a evento accaduto. La prevenzione – se così si può chiamare – si attua anche di fronte alla legge che non ammette ignoranza. Un vero professionista, insomma, sa prima di svolgere la sua attività professionale quali sono i suoi doveri e i suoi diritti, conosce bene i rischi del mestiere e impara ad evitare le peggiori conseguenze. 

Di: Cristina Saja, avvocato e giornalista

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