Beach Litter 2025: un mare di rifiuti sulle spiagge italiane
Beach Litter 2025: Legambiente denuncia un mare di plastica sulle spiagge italiane. Scopri i dati, le cause dell’inquinamento e le soluzioni per proteggere l’ambiente marino.
3 Luglio 2025, 13:53

Sommario
Con l’arrivo dell’estate, milioni di italiani si preparano a godersi il mare e le spiagge. Ma sotto il sole e la sabbia si nasconde un problema sempre più grave e visibile: i rifiuti marini. Il nuovo report Beach Litter 2025 di Legambiente restituisce una fotografia allarmante dello stato dei nostri litorali, rivelando che il problema dell’inquinamento da plastica e altri materiali non solo persiste, ma sta addirittura peggiorando.
Spiagge sommerse di rifiuti: i numeri del 2025
Secondo i monitoraggi effettuati da Legambiente in 13 regioni italiane, su 63 spiagge, sono stati trovati in media 892 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. Si tratta di oltre 56.000 oggetti censiti complessivamente, raccolti su circa 199.800 m² di arenile. Una quantità che non solo è impressionante, ma che segna un peggioramento rispetto al 2024, quando la media era di circa 850 rifiuti ogni 100 metri.
A peggiorare è anche la classificazione delle spiagge secondo il Clean Coast Index: aumenta la percentuale di spiagge definite “sporche” o “molto sporche”, che passa dal 6,6% dello scorso anno al 28% nel 2025. Diminuiscono invece le spiagge classificate come “pulite” o “molto pulite”.
Plastica: la regina dell’inquinamento costiero
Il dato forse più preoccupante riguarda la tipologia dei rifiuti. A dominare è, ancora una volta, la plastica, che rappresenta quasi l’80% del totale. Si tratta in gran parte di:
- Frammenti di plastica (tra 2,5 e 50 cm)
- Tappi e coperchi
- Contenitori alimentari
- Bottiglie
- Cotton fioc
- Imballaggi monouso
Nonostante l’entrata in vigore della direttiva europea SUP (Single Use Plastics) che vieta molti prodotti monouso in plastica, la loro presenza resta altissima: circa 4 rifiuti su 10 rientrano tra quelli che dovrebbero già essere banditi. Questo dimostra quanto ancora sia scarsa la consapevolezza dei cittadini e quanto poco efficaci siano, al momento, i controlli e le sanzioni.
Il ruolo dei cittadini: volontariato e citizen science
Il monitoraggio di Legambiente non si basa solo sull’osservazione scientifica, ma coinvolge attivamente anche i cittadini. Circa 600 volontari hanno preso parte alla raccolta dati, contribuendo a uno dei più estesi esempi di citizen science ambientale in Italia.
La partecipazione civica è fondamentale: raccogliere rifiuti, catalogarli secondo un protocollo standardizzato (basato sulle linee guida di Marine Litter Watch dell’AEA) e restituire i dati ai decisori pubblici consente di creare pressione sociale e costruire consapevolezza.
Gli effetti sull’ambiente marino: non solo un problema estetico
Il problema dei rifiuti marini non è solo una questione di decoro. È un serissimo rischio ecologico. Secondo il progetto MedBioLitter, sostenuto dalla Commissione europea, almeno 22 specie di megafauna marina, tra cui cetacei, tartarughe, squali e tonni, sono esposte a ingestione o intrappolamento nei rifiuti. Le microplastiche, derivate dalla frammentazione dei rifiuti più grandi, sono state trovate anche nei pesci destinati al consumo umano.
Un recente studio pubblicato su Environmental Science & Technology ha rilevato che una persona può ingerire fino a 5 grammi di microplastiche a settimana, l’equivalente di una carta di credito. L’inquinamento da plastica ha quindi impatti concreti anche sulla salute umana.
Perché i numeri sono in aumento?
Nonostante le politiche ambientali introdotte negli ultimi anni, i rifiuti sulle spiagge non stanno diminuendo. Questo per diversi motivi:
- Abbandono consapevole: ancora oggi molti rifiuti vengono lasciati direttamente sulla sabbia da turisti e bagnanti.
- Inadeguata gestione dei rifiuti: in alcune località manca la raccolta differenziata o le spiagge non sono sufficientemente pulite.
- Rifiuti trasportati dai fiumi: i corsi d’acqua sono spesso carichi di rifiuti che finiscono in mare.
- Carente applicazione delle normative: i divieti non sempre vengono fatti rispettare.
Cosa possiamo fare concretamente?
La situazione è grave, ma non irreversibile. Legambiente e le principali organizzazioni scientifiche internazionali concordano su alcune azioni chiave per invertire la rotta:
- Ridurre l’uso di plastica monouso, preferendo materiali riutilizzabili.
- Sensibilizzare le nuove generazioni attraverso programmi scolastici ed educazione ambientale.
- Incentivare la raccolta differenziata e il riciclo, anche nei luoghi di vacanza.
- Promuovere campagne di pulizia collettive, coinvolgendo cittadini, scuole, associazioni e amministrazioni.
- Rafforzare la normativa e i controlli, con sanzioni efficaci per chi abbandona rifiuti.
I dati di Beach Litter 2025 parlano chiaro: stiamo lasciando che le nostre coste si trasformino in discariche a cielo aperto. Ma la buona notizia è che possiamo ancora fare molto, se agiamo insieme. Serve una presa di coscienza collettiva, un impegno concreto da parte di cittadini, istituzioni e imprese. Perché ogni rifiuto raccolto, ogni comportamento corretto, ogni spiaggia ripulita è un piccolo passo verso un futuro più sostenibile. E un mare più pulito, per noi e per le generazioni che verranno.