Consumo di suolo in Italia: il 2025 si conferma anno nero secondo il Rapporto ISPRA

Il Rapporto ISPRA 2025 segnala un anno nero per il consumo di suolo in Italia: dati, cause e impatti ambientali secondo Legambiente.

19 Novembre 2025, 12:09

Consumo di suolo in Italia: il 2025 si conferma anno nero secondo il Rapporto ISPRA

Secondo l’ultimo Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) e di ISPRA, il 2024 ha segnato un nuovo record negativo per il consumo di suolo in Italia. I dati, diffusi nell’edizione 2025 del rapporto, rappresentano un campanello d’allarme per la sostenibilità ambientale del Paese.

Dati e numeri allarmanti: quanto suolo stiamo perdendo davvero

  • Nel 2024 sono stati coperti da nuove superfici artificiali circa 83,7 km² di territorio.
  • Il consumo netto, ossia la sottrazione di terreno naturale non compensata da ripristini, si attesta intorno a 78,5 km², il valore più alto registrato nell’ultimo decennio.
  • Dal punto di vista della frequenza, il rapporto ipotizza che ogni ora spariscano quasi 10.000 metri quadrati di suolo, come se un tassello del mosaico territoriale venisse distaccato costantemente.
  • Il ripristino al naturale è minimo: solo poco più di 5 km² sono stati restituiti alla natura nel 2024.

Il bilancio territoriale: le regioni più a rischio

Dal Rapporto emergono nette disparità regionali:

  • Le regioni con la percentuale più alta di suolo consumato sono Lombardia (12,22 %), Veneto (11,86 %) e Campania (10,61 %).
  • In termini di nuovo consumo (2023-2024), spiccano l’Emilia-Romagna con oltre 1.013 ettari consumati, seguita da Lombardia (+834 ha), Puglia (+818 ha), Sicilia (+799 ha) e Lazio (+785 ha).
  • Secondo i dati ANSA, l’Emilia-Romagna è la regione con il maggior consumo annuale: oltre 1.000 ettari nei dati più recenti, con un consumo pro capite che supera la media nazionale.

Le cause del consumo: logistica, fotovoltaico, urbanizzazione

Il rapporto sottolinea le principali spinte dietro la cementificazione:

  1. Logistica e data center: una quota crescente di suolo artificiale deriva da infrastrutture legate alla logistica e all’e-commerce.
  2. Impianti fotovoltaici a terra: un fenomeno in forte crescita. Nel 2024, ben 1.702 ettari sono stati destinati a pannelli fotovoltaici, e il 80% di questi suolo era precedentemente agricolo.
  3. Pressione su aree fragili: l’urbanizzazione avviene anche in zone a rischio idrogeologico e in aree protette, aggravando il rischio idraulico e la perdita di biodiversità.

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Conseguenze ambientali e sociali

Il consumo di suolo non è solo una cifra su una mappa: ha impatti profondi sull’ambiente, sulla qualità della vita e sui servizi ecosistemici. Tra le principali conseguenze:

  • Perdita di biodiversità: la trasformazione di aree naturali distrugge habitat fondamentali per molte specie.
  • Incremento delle isole di calore urbano: le superfici impermeabili (cemento, asfalto) assorbono calore, aumentando la temperatura nelle città.
  • Rischio idrogeologico: impermeabilizzare il terreno significa ridurre la capacità di assorbimento dell’acqua, aggravando il rischio di alluvioni e frane.
  • Costi ambientali ed economici: la perdita di suolo comporta una stima di costi che oscillano tra 8,6 e 10,5 miliardi di euro all’anno per l’Italia, secondo le analisi riportate nel dossier.

Buone pratiche: rigenerazione e rinaturalizzazione

Non tutto è perduto. Il rapporto ISPRA-SNPA evidenzia esperienze virtuose di rinaturalizzazione, ossia di recupero di aree trasformate per restituirle almeno in parte alla natura. Si parla di rigenerazione urbana, recupero di suolo impermeabilizzato e progetti di riforestazione o “rimozione” del cemento. L’EcoAtlante di ISPRA, mappa interattiva e scaricabile, consente di visualizzare queste aree e monitorare il cambiamento territoriale comune per comune.

Perché il 2025 è “anno nero” – e quali sono le sfide per il futuro

  • La velocità del consumo di suolo ha raggiunto livelli insostenibili.
  • Il bilancio tra suolo artificializzato e suolo restituito è fortemente sbilanciato a favore del cemento.
  • I fenomeni che guidano questo consumo (logistica, fotovoltaico, infrastrutture) sono destinati a crescere, se non regolamentati con politiche efficaci.
  • Senza interventi seri, il deterioramento dei servizi ecosistemici (aria, acqua, biodiversità) rischia di compromettere il benessere e la resilienza climatica del Paese.

Raccomandazioni per contrastare il consumo di suolo

Alla luce dei dati del Rapporto ISPRA 2025, dal punto di vista di una strategia di green compliance, è urgente:

  1. Promuovere una legge nazionale sul consumo di suolo che stabilisca limiti chiari e obiettivi di contenimento e rigenerazione.
  2. Incentivare la rinaturalizzazione delle aree già consumate, attraverso finanziamenti pubblici e progetti di rigenerazione urbana.
  3. Limitare il consumo per grandi infrastrutture logistiche, favorendo lo sviluppo su aree già artificializzate o dismesse.
  4. Regolamentare la diffusione del fotovoltaico a terra, privilegiando l’impiego su tetti o su aree industriali esistenti.
  5. Rafforzare il monitoraggio ambientale, tramite strumenti come l’EcoAtlante, e aumentare la partecipazione delle comunità locali nelle decisioni territoriali.

Il 2025 segna un nuovo punto critico per il consumo di suolo in Italia. Secondo il Rapporto ISPRA-SNPA, il Paese continua a sacrificare territorio naturale a un ritmo che appare insostenibile. Tuttavia, esistono anche segnali di speranza: progetti di rinaturalizzazione, dati trasparenti e strumenti monitoranti sono fondamentali per invertire la rotta. Il tema non è solo ambientale, ma politico e sociale: la difesa del suolo è la difesa della qualità della vita, del paesaggio e della sostenibilità delle generazioni future. È il momento di trasformare il monito di ISPRA in azioni concrete.