Il fiume più inquinato d’Europa è nel Lazio
Scopri perché il fiume Sacco, nel Lazio, è considerato il più inquinato d’Europa. Analisi delle cause e delle conseguenze ambientali.
28 Maggio 2025, 13:17

Sommario
Nel cuore del Lazio scorre un fiume che, invece di rappresentare una risorsa naturale, è diventato il simbolo del degrado ambientale italiano: il fiume Sacco. Questo corso d’acqua, lungo circa 87 chilometri e affluente del Liri, attraversa una valle ad alta densità abitativa e industriale. La sua fama, tuttavia, non è legata alla ricchezza del territorio, bensì all’inquinamento estremo che lo affligge da decenni, tanto da essere definito uno dei fiumi più inquinati d’Europa.
Le radici del disastro ambientale
L’origine del problema risale al secondo dopoguerra, quando la Valle del Sacco fu teatro di una rapida e intensa industrializzazione. Le numerose aziende chimiche, farmaceutiche e metallurgiche sorte nella zona hanno riversato per anni nel fiume e nei terreni circostanti sostanze tossiche e metalli pesanti, spesso in modo incontrollato. Tra i contaminanti più pericolosi vi è il beta-esaclorocicloesano (β-HCH), un residuo della produzione del pesticida lindano, vietato solo nel 2001, ma largamente utilizzato fino a quel momento.
A rendere ancora più critico lo scenario è la geografia stessa della valle, che, essendo chiusa tra rilievi collinari, ostacola il ricambio dell’aria e favorisce l’accumulo di inquinanti sia nei terreni che nelle acque.
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Ecosistema devastato
L’impatto sull’ambiente è stato devastante. Il fiume Sacco ha perso buona parte della sua biodiversità acquatica e molte specie animali e vegetali che popolavano le sue rive sono scomparse. I pesci sono ormai rari, gli uccelli acquatici quasi assenti. I campi che un tempo costituivano una delle principali fonti di reddito agricolo per la popolazione locale sono oggi in gran parte contaminati: i residui tossici si sono infiltrati nel suolo, raggiungendo le falde acquifere e compromettendo anche la sicurezza alimentare.
Effetti sulla salute pubblica
L’inquinamento del fiume Sacco non è solo un problema ecologico, ma anche un’emergenza sanitaria. Studi epidemiologici condotti sulla popolazione residente hanno evidenziato incidenze superiori alla media nazionale di alcune patologie, tra cui tumori, malformazioni neonatali e malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson. La presenza persistente di sostanze come diossine, metalli pesanti e inquinanti organici persistenti ha causato un’esposizione cronica, soprattutto tra bambini e anziani.
Uno degli aspetti più preoccupanti è l’interazione tra inquinanti atmosferici e quelli idrici e del suolo: questa combinazione moltiplica gli effetti tossici e rende il controllo dell’impatto ancora più complesso.
Bonifiche a rilento e responsabilità istituzionali
Nonostante la gravità della situazione, gli interventi di bonifica sono stati lenti, frammentati e spesso ostacolati da lungaggini burocratiche. L’inserimento della Valle del Sacco tra i Siti di Interesse Nazionale per la bonifica è avvenuto solo dopo anni di mobilitazione da parte di cittadini e comitati locali. Le risorse economiche stanziate, seppur consistenti, non sempre sono state spese in maniera efficace, e i piani di risanamento si sono spesso arenati nella complessità delle competenze istituzionali. Nel frattempo, molte delle popolazioni che vivono nella valle continuano a essere esposte ai contaminanti e la fiducia nei confronti delle istituzioni si è progressivamente deteriorata.
Una questione di giustizia ambientale
Il caso del fiume Sacco è emblematico di un modello di sviluppo industriale che ha ignorato sistematicamente i vincoli ambientali e le esigenze sanitarie delle comunità locali. Oggi si impone una riflessione seria sul concetto di giustizia ambientale: non si tratta solo di ripristinare un equilibrio ecologico, ma di tutelare il diritto alla salute e alla qualità della vita delle persone che vivono in territori compromessi da scelte industriali e politiche irresponsabili.
Serve un cambio di paradigma: da una gestione emergenziale e reattiva a un approccio preventivo, integrato e sostenibile, che metta al centro la tutela dei beni comuni, la trasparenza nelle azioni e la partecipazione attiva delle comunità.