Inquinamento atmosferico, il killer silenzioso che fa strage in Europa

Nel 2020 l’inquinamento dell’aria ha provocato 311 mila morti premature nell’Unione Europea. I tre gas più letali sono il particolato fine, il biossido di azoto e l’ozono

2 Marzo 2023, 09:59

Inquinamento atmosferico, il killer silenzioso che fa strage in Europa

Non c’è secondo di ogni giorno in cui la vita della stragrande maggioranza degli abitanti di questo Pianeta non venga attentata dalla stessa aria che respira. Continuamente, infatti, inaliamo particelle tossiche che si depositano nel rivestimento dei polmoni o filtrano nel flusso sanguigno dove provocano difficoltà respiratorie e scatenano o aggravano le malattie cardiache, potenzialmente letali. La letteratura scientifica ha più volte dimostrato che l’esposizione ripetuta per mesi e anni spesso alla fine può causare o peggiorare patologie come demenza, diabete, ipertensione, cancro ai polmoni e polmonite.

Non stupiscono, quindi, le conclusioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) secondo la quale oggi il carico di malattie attribuibili all’inquinamento atmosferico a livello globale sia pari a quello del fumo di tabacco. L’ultimo report aggiornato dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) stima che, solo nel 2020, siano state almeno 311mila le persone morte prematuramente nell’Unione Europea a causa dell’inquinamento atmosferico. Di queste, 52.300 sono decedute in Italia.

I tre gas più letali: particolato fine, biossido di azoto e ozono 

Nonostante le emissioni di sostanze inquinanti siano diminuite in modo significativo negli ultimi due decenni, la qualità dell’aria rimane scarsa in molte aree d’Europa. E, tra queste, la Pianura Padana si conferma la peggiore. Secondo il rapporto dell’Eea, il 96% della popolazione urbana residente nell’Unione Europea è esposto a livelli di particolato fine superiori ai livelli di riferimento fissati dall’OMS. Dati che, seppur in miglioramento, continuano a preoccupare. Al punto da spingere l’ente europeo a definire l’inquinamento atmosferico come “il più grande rischio ambientale per la salute in Europa”. Oltre alla morte prematura, infatti, una cattiva qualità dell’aria porta con sé anche un aumento dei casi di malattie respiratorie. Soltanto nel 2019, 12.253 persone sono state ricoverate in ospedale con infezioni delle vie respiratorie causate dall’esposizione acuta all’ozono.

Secondo le stime dell’EEA, sono tre i gas più letali. Si tratta del PM2.5 (spesso chiamato semplicemente “particolato fine”), del biossido di azoto (NO2) e dell’ozono (O3). Nel 2020, precisa il rapporto dell’EEA, sarebbero almeno 238mila le persone morte prematuramente nell’Ue a causa dell’esposizione a livelli troppo elevati di PM2.5. A questi si aggiungono i 49mila morti da esposizione a biossido di azoto e i 24mila per l’ozono. Numeri che, sommati tra loro, portano a un bilancio di circa 311mila decessi.

Dai sistemi di riscaldamento all’agricoltura, le principali fonti d’inquinamento 

A determinare la quota più consistente di emissioni di particolato sono i sistemi di riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e istituzionali. Nel 2020, questo settore è stato responsabile del 44% delle emissioni di PM10 e del 58% di quelle di PM2.5. L’agricoltura, invece, ha generato il 94% delle emissioni europee di ammoniaca e il 56% delle emissioni di metano, dovute principalmente al processo digestivo di alcuni animali. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto, le fonti principali di inquinamento sono state il trasporto su strada (37%), l’agricoltura (19%) e l’industria (15%). Infine, le emissioni di metalli pesanti – come nichel e arsenico – si deve soprattutto all’attività delle industrie estrattive e manifatturiere.

Nel 2021 l’OMS ha pubblicato le nuove linee guida sulla qualità dell’aria, riducendo notevolmente i limiti per l’esposizione a lungo termine agli inquinanti più dannosi per la salute, in particolare il particolato fine e il biossido di azoto. Si tratta del primo aggiornamento dal 2005, in cui l’OMS ha indicato come concentrazione media annuale di riferimento per le particelle di diametro inferiore a 2,5 micrometri (PM 2.5), il valore di 5 microgrammi per metro cubo, la metà rispetto a prima. Per il biossido di azoto il taglio è stato ancora più netto, passando da 40 a 10 microgrammi al metro cubo in media all’anno. La concentrazione media annuale delle particelle con diametro inferiore a 10 micrometri (PM 10), non dovrebbe superare i 15 microgrammi al metro cubo (nel 2005 erano 20).

 

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I rischi ci sono anche con livelli di inquinamento sotto i limiti

Le nuove linee guida sono state pubblicate pochi giorni dopo la diffusione di uno studio condotto nell’ambito dal progetto europeo ELAPSE, pubblicato sul British Medical Journal, secondo il quale anche i livelli di inquinamento dell’aria al di sotto dei limiti fino ad allora consentiti aumenterebbero nel lungo termine il rischio di morire e di sviluppare una serie di malattie respiratorie e cardiovascolari. Lo studio è stato condotto analizzando i dati relativi a 28 milioni di cittadini residenti in sette paesi europei per circa 20 anni, dal 1990 al 2010. I risultati mostrano che anche a concentrazioni di PM 2.5 inferiori a 25 microgrammi al metro cubo, un aumento della concentrazione di 5 microgrammi al metro cubo comporta un aumento del rischio di morte del 13%.

Considerando concentrazioni inferiori allo standard dell’EPA, cioè 12 microgrammi al metro cubo, l’aumento del rischio di morte crescerebbe del 30%. Lo stesso vale per il biossido di azoto: a concentrazioni inferiori ai 40 microgrammi al metro cubo, un aumento della concentrazione di 10 microgrammi al metro cubo comporta un incremento del rischio di morte del 10%. A concentrazioni inferiori a 30 microgrammi al metro cubo, un aumento di 10 microgrammi al metro cubo comporta un incremento del 12% del rischio di morte.

I ricercatori hanno poi studiato l’associazione tra l’esposizione prolungata agli inquinanti e la mortalità per patologie respiratorie e cardiovascolari, trovando che per concentrazioni di PM2.5 inferiori a 25 microgrammi al metro cubo, un aumento di 5 microgrammi comporta un aumento del 13% nel rischio di morire per patologie respiratorie e 5% di patologie cardiovascolari. Per il biossido di azoto, sotto i 40 microgrammi al metro cubo il rischio di morte per queste due categorie di malattie cresce del 10% quando la concentrazione aumenta di 10 microgrammi al metro cubo.

L’Unione Europea verso le emissioni zero

Di recente l’Unione Europea ha adottato il “Piano d’azione per l’inquinamento zero”, che fissa l’obiettivo di ridurre ulteriormente le morti premature, fino a raggiungere nel 2030 un calo del 55% rispetto ai livelli del 2005. Finora la riduzione delle emissioni – soprattutto quelle di NO2, il biossido di azoto – è andata di pari passo soprattutto con la riduzione del trasporto su strada. Durante il primo lockdown dell’aprile 2020, come si evince dal report dell’Eea: “le concentrazioni di NO2 in Francia, Italia e Spagna sono diminuite fino al 70% in pochi giorni”. Parallelamente, la Commissione Europea sta pensando introdurre requisiti più stringenti per affrontare l’inquinamento atmosferico alla fonte, in particolare nei settori dell’agricoltura, dell’industria, dei trasporti e dell’approvvigionamento energetico.

Lo scorso ottobre è stato presentato a Bruxelles un progetto per aggiornare gli standard della qualità dell’aria con limiti più severi per gli inquinanti e diritto al risarcimento per cittadini e Ong in caso di violazione delle regole. Secondo il piano, il valore limite annuale del particolato sottile PM2.5, il più nocivo, deve essere abbassato dagli attuali 25 a 10 microgrammi per metro cubo, con l’obiettivo di ridurre del 75% la mortalità ad esso legata entro il 2030.

L’ambizione della Commissione Ue è arrivare all’inquinamento zero al più tardi nel 2050. Nei piani sono previste anche disposizioni che consentono ai cittadini che subiscono danni alla salute a causa dell’inquinamento atmosferico di essere risarciti in caso di violazione delle norme Ue, e di essere rappresentati da organizzazioni non governative in azioni collettive per il risarcimento dei danni.