Inquinamento luminoso e Alzheimer: il collegamento
Uno studio condotto negli Usa ha scoperto una correlazione tra l’inquinamento luminoso e il rischio di sviluppare l’Alzheimer, soprattutto tra gli under 65. Non è la prima volta che questo legame viene ipotizzato: l’esposizione alla luce durante la notte, infatti, altera i ritmi circadiani e potrebbe interferire con i meccanismi di pulizia del cervello e aumentare il rischio di demenze
3 Ottobre 2024, 08:19

Sommario
L’inquinamento luminoso, già noto per i suoi effetti sul sonno e sull’ecosistema, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer, in particolare nelle persone sotto i 65 anni. A rivelarlo è uno studio finanziato dai National Institutes of Health degli Stati Uniti, appena pubblicato su Frontiers in Neuroscience, che ha evidenziato una correlazione tra l’esposizione alla luce artificiale notturna e l’incidenza di questa forma di demenza.
Il legame tra inquinamento luminoso ed Alzheimer: la ricerca
I ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago hanno analizzato i dati del programma federale Medicare, raccolti tra il 2012 e il 2018, per esaminare la prevalenza del morbo di Alzheimer tra la popolazione statunitense. I risultati sono stati confrontati con le immagini satellitari della NASA, che mostrano le aree maggiormente colpite dall’inquinamento luminoso. Lo studio ha considerato anche una serie di fattori di rischio ben noti per il morbo, come l’abuso di alcol, l’obesità, la depressione, l’insufficienza cardiaca e la malattia renale cronica.
Le suddette condizioni, come previsto, si sono rivelate strettamente correlate alla malattia. Ma il dato più sorprendente emerso riguarda proprio l’inquinamento luminoso: questo fattore è risultato più fortemente associato alla prevalenza dell’Alzheimer rispetto agli altri fattori di rischio.
Alzheimer e under 65: il caso
Le persone di età inferiore ai 65 anni, soggette all’Alzheimer a esordio precoce, sembrano essere le più vulnerabili all’inquinamento luminoso. I dati indicano che l’esposizione alla luce notturna in questa fascia d’età costituisce un rischio ancora più significativo rispetto a condizioni tradizionali come l’obesità o l’abuso di alcol.
La coautrice dello studio, Robin Voigt-Zuwala, ha suggerito che alcune varianti genetiche associate all’Alzheimer precoce potrebbero rendere questi individui particolarmente sensibili agli stress ambientali tra cui, appunto, l’inquinamento luminoso. Inoltre, le persone più giovani tendono a vivere in ambienti urbani dove la luce artificiale è più intensa e spesso adottano stili di vita che ne aumentano l’esposizione, come l’uso di smartphone e dispositivi elettronici durante le ore notturne.
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I limiti dello studio
Nonostante i risultati dello studio siano significativi, ci sono alcune limitazioni da considerare. Ad esempio, la ricerca non ha valutato l’impatto della luce artificiale all’interno degli edifici, così come quella emessa dai dispositivi elettronici. Inoltre, i dati raccolti si riferiscono esclusivamente agli Stati Uniti e non considerano fattori come l’inquinamento atmosferico. Si sa infatti che le aree con alti livelli di luce artificiale tendono a presentare anche un’elevata concentrazione di polveri sottili un fattore già collegato all’aumentato rischio di sviluppare forme di demenza. Un altro aspetto critico è rappresentato dalla natura della misurazione: lo studio si è concentrato sulla prevalenza dell’Alzheimer, ossia sul numero totale di persone affette dalla malattia in un dato periodo, ma non sull’incidenza, che riguarda i nuovi casi. Mancano, infine, valutazioni sugli aspetti socioeconomici delle aree studiate, che potrebbero avere ulteriore impatto sul rischio di sviluppare la malattia.
Alterazione dei ritmi circadiani e salute cerebrale
Non è la prima volta che viene ipotizzato un legame tra l’inquinamento luminoso e le malattie neurodegenerative. L’ipotesi principale di precedenti studi è che la luce artificiale notturna interferisca con i ritmi circadiani, che regolano l’alternanza tra sonno e veglia e altri processi vitali dell’organismo. L’interruzione di questi ritmi può generare uno stato di infiammazione cronica nel corpo, aumentando la suscettibilità a malattie croniche, tra cui le demenze. Durante il riposo notturno, infatti, il sistema glinfatico attiva un processo di “pulizia”, eliminando proteine tossiche che tendono ad accumularsi nei pazienti affetti da malattie come Alzheimer.