Mare più caldo del Mediterraneo: il caso Sardegna
Il mare sardo è il più caldo del Mediterraneo: ecco quali sono i rischi ambientali per spiagge, biodiversità e turismo secondo gli esperti.
17 Luglio 2025, 09:27

Sommario
Negli ultimi anni, la Sardegna è diventata un simbolo di quello che sta accadendo in tutto il Mediterraneo: mari sempre più caldi, con temperature superficiali che in alcuni casi toccano anche i 30 gradi in piena estate.
Un dato allarmante se pensiamo che, storicamente, le acque sarde hanno sempre goduto di un equilibrio termico che garantiva la straordinaria biodiversità marina che conosciamo.
Secondo i dati raccolti da ISPRA e CNR, le temperature medie del Mediterraneo sono aumentate di circa 1,5°C negli ultimi decenni, ma alcune zone – come il Mar di Sardegna – registrano punte ancora più alte, diventando vere e proprie hotspot del riscaldamento marino.
Perché il mare sardo è più caldo?
Tra i fattori principali ci sono:
- Il cambiamento climatico globale, che alza la temperatura dell’atmosfera e, di conseguenza, anche quella del mare.
- La morfologia del Mediterraneo, che essendo un mare chiuso si riscalda più velocemente degli oceani.
- Eventi meteo estremi, come ondate di calore prolungate, che rendono più difficile il raffreddamento delle acque superficiali.
Studi recenti, come quelli pubblicati su Nature Climate Change e Marine Pollution Bulletin, evidenziano come l’area tirrenica e quella sarda siano tra le più sensibili in termini di variazioni termiche e impatti sugli ecosistemi.
Quali rischi per spiagge e ambiente?
Il mare più caldo non è solo un dato meteorologico: porta conseguenze reali, che si riflettono su ambiente, economia e comunità locali. Ecco i principali rischi:
- Perdita di biodiversità
- Specie tipiche del Mediterraneo, come la Posidonia oceanica (fondamentale per mantenere pulite le acque e stabilizzare i fondali), soffrono lo stress termico.
- Alcune specie di pesci si spostano verso nord o verso acque più profonde, alterando gli equilibri ecologici e mettendo in difficoltà la pesca locale.
- Arrivo di specie aliene
- Le acque più calde favoriscono l’ingresso e la proliferazione di specie tropicali invasive, come il pesce palla maculato o il granchio blu, che possono danneggiare le risorse ittiche locali.
- Erosione costiera
- Il riscaldamento del mare è collegato all’innalzamento del livello del mare. Secondo uno studio del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), le coste sarde rischiano un’erosione crescente, che mette a rischio spiagge iconiche come La Pelosa o Cala Luna.
- Impatti economici e turistici
- Un ambiente marino in sofferenza vuol dire meno bellezza, meno biodiversità e potenzialmente meno attrattiva per il turismo balneare, colonna portante dell’economia isolana.
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Quali rimedi possiamo mettere in pratica?
La lotta al riscaldamento marino non è semplice, ma non è neppure una battaglia persa. Servono interventi a diversi livelli: globale, locale e individuale.
Ridurre le emissioni
- La strada principale resta quella di ridurre le emissioni di gas serra. È un impegno globale, ma passa anche dalle scelte quotidiane: meno uso di auto inquinanti, più energia da fonti rinnovabili, maggiore efficienza energetica.
Tutelare gli ecosistemi costieri
- Proteggere le praterie di Posidonia, le dune e le spiagge. Le Aree Marine Protette sarde (come Tavolara, Capo Carbonara, Sinis) sono un esempio concreto di come la tutela ambientale aiuti a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Adattarsi con interventi mirati
- Ripristinare dune e barriere naturali per ridurre l’erosione.
- Controllare l’introduzione di specie invasive e sostenere la pesca locale nella diversificazione delle catture.
- Promuovere un turismo più responsabile e meno impattante.
Educare e informare
- È fondamentale coinvolgere cittadini, turisti e operatori economici, spiegando cosa sta succedendo e come ciascuno può fare la propria parte.
La Sardegna, con il suo mare cristallino che tutti conosciamo, è anche la cartina tornasole di un Mediterraneo che cambia in fretta.
Temperature sempre più alte richiedono risposte concrete e tempestive: dalla scienza alla politica, fino a scelte più consapevoli da parte di chi il mare lo vive ogni giorno.
Preservare questo patrimonio è possibile, ma dobbiamo farlo insieme, ora.